Ferrovie europee a binario unico: più soldi ai grandi progetti che a manutenzione e integrazione della rete

Lug 31, 2025 - 03:00
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Ferrovie europee a binario unico: più soldi ai grandi progetti che a manutenzione e integrazione della rete
treni pendolari

Secondo Transport & Environment, l’attuale ripartizione dei fondi Cef – Connecting Europe Facility (Meccanismo per collegare l’Europa) – privilegia i grandi progetti ferroviari a scapito di interventi urgenti per l’integrazione della rete ferroviaria europea e la decarbonizzazione del trasporto passeggeri

L’Unione europea non dispone, a oggi, di una strategia coerente e sistemica per finanziare il settore ferroviario in modo efficace, con l’obiettivo di rendere i viaggi transfrontalieri una concreta alternativa sostenibile per milioni di cittadini europei.

È quanto emerge da un recente studio pubblicato da Transport & Environment (T&E), organizzazione indipendente europea impegnata nella decarbonizzazione dei trasporti.

Lo studio evidenzia una distorsione significativa nella distribuzione delle risorse stanziate attraverso il Connecting Europe Facility (Cef), il principale meccanismo comunitario di finanziamento per le infrastrutture di trasporto.

Tra il 2021 e il 2023, sette grandi progetti ferroviari hanno assorbito il 31% dei fondi Cef destinati al comparto, mentre 84 progetti di ammodernamento ritenuti strategici ne hanno ricevuto appena il 27%.

L’allocazione squilibrata dei fondi e i limiti dei grandi progetti

I sette megaprogetti destinatari di 6,6 miliardi di euro nel triennio analizzato – tra cui Rail Baltica, la Galleria di base del Brennero, il collegamento Lione-Torino e la linea Av Porto–Lisbona – sono, in linea di principio, opere chiave per il completamento della rete centrale Ten-T (Trans-European Transport Network).

Tuttavia, secondo T&E, queste infrastrutture sono frequentemente soggette a ritardi strutturali e incrementi di costo che ne compromettono l’efficienza in termini di ritorno sull’investimento pubblico.

A titolo esemplificativo, la galleria del Fehmarnbelt tra Germania e Danimarca, avviata nel 2008, non entrerà in funzione prima del 2029, mentre l’Y Vasca nei Paesi Baschi ha già registrato slittamenti significativi rispetto al cronoprogramma originario.

Questi grandi progetti monopolizzano le risorse, sottraendole a interventi di più immediato impatto sulla connettività ferroviaria, in particolare sul piano transfrontaliero e dell’interoperabilità dei sistemi nazionali.

European Rail Traffic Management System, un nodo strategico trascurato

Tra gli strumenti fondamentali per realizzare una rete ferroviaria europea realmente integrata figura l’European Rail Traffic Management System (Ertms), il sistema unificato per il controllo e la gestione del traffico ferroviario. La sua funzione è duplice: aumentare la capacità delle linee esistenti e facilitare la circolazione dei convogli tra i diversi Paesi membri.

Nonostante la sua centralità, l’Ertms ha ricevuto soltanto lo 0,7% dei fondi Cef nel triennio 2021-2023, pari a 0,7 miliardi di euro. Si tratta di una cifra marginale rispetto alle esigenze attuali, tanto più se si considera l’obbligo normativo di integrare il sistema in tutta la rete Ten-T entro il 2030.

Paesi ad alta intensità ferroviaria come Germania, Francia e Polonia mostrano ritardi strutturali nell’implementazione del sistema, a testimonianza di un disallineamento tra obiettivi dichiarati e politiche di finanziamento effettive.

I dati preliminari indicano un possibile incremento delle risorse per l’Ertms nel 2024, ma T&E avverte che, senza una decisa inversione di rotta, l’Europa rischia di compromettere uno dei pilastri tecnologici per la transizione ecologica del trasporto ferroviario.

Per l’organizzazione, la chiave di volta risiede in un riequilibrio strategico del Cef, a favore di progetti medio-piccoli e diffusi, capaci di produrre risultati misurabili in tempi brevi.

Gli interventi di ammodernamento – che spaziano dall’elettrificazione delle tratte regionali al raddoppio dei binari, fino all’adeguamento delle stazioni e dei nodi logistici – risultano infatti determinanti per aumentare il numero di passeggeri sui treni e ridurre la dipendenza dal trasporto stradale e aereo, entrambi più impattanti sotto il profilo delle emissioni.

T&E sottolinea inoltre la necessità di orientare i fondi per la military mobility verso progetti a doppio uso (dual-use), in grado di rispondere tanto a esigenze di sicurezza e resilienza quanto a obiettivi di servizio pubblico per la mobilità civile.

In tale contesto, l’Ertms risponde appieno a criteri di sicurezza informatica, motivo per cui dovrebbe essere incluso nei prossimi bandi relativi alla difesa delle infrastrutture strategiche dell’Unione.

La sfida del prossimo bilancio Ue

Alla vigilia dei negoziati sul prossimo Quadro Finanziario Pluriennale (Qfp) 2028-2035, T&E propone un incremento del 25% dei fondi Cef destinati alle ferrovie, che consentirebbe di raddoppiare le risorse per gli interventi più urgenti senza pregiudicare la continuità dei grandi progetti in corso.

Ma sarà anche necessario evitare che i nuovi megaprogetti vadano a rimpiazzare quelli esistenti senza apportare reali benefici in termini di connettività e integrazione della rete europea.

È il caso, per esempio, del progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, che ha ricevuto fondi Cef per studi preliminari nonostante le perplessità circa la sua rilevanza strategica per la rete Ten-T.

Secondo T&E, i benefici del ponte sarebbero circoscritti al contesto nazionale e non contribuirebbero in modo sostanziale al rafforzamento della mobilità ferroviaria a livello continentale, in contrasto con i criteri di ammissibilità previsti per l’assegnazione dei fondi comunitari.

Anche se, spiega Esther Marchetti, Clean Transport Advocacy Manager di T&E Italia, “In Sicilia, l’85% delle linee ferroviarie è a binario unico e solo la metà è elettrificata. Dare priorità a un’opera come il Ponte sullo Stretto non ridurrebbe significativamente i tempi di percorrenza tra Roma e Palermo, così come non produrrebbe benefici apprezzabili tanto a livello locale e nazionale che per la mobilità transfrontaliera“.

In definitiva, se l’Unione europea intende fare del trasporto ferroviario uno dei pilastri della propria strategia climatica e industriale, sarà necessario superare l’approccio centrato sui grandi simboli infrastrutturali, per privilegiare una visione sistemica, interconnessa e tecnologicamente avanzata.

Solo così il treno potrà tornare a essere ciò che storicamente è sempre stato: la spina dorsale dell’integrazione europea.

Crediti immagine: Depositphotos

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