Fontane del vino, miracoli di paese

Agosto 13, 2025 - 00:00
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Fontane del vino, miracoli di paese

In un mondo che misura ogni cosa, dove il vino spesso è racchiuso in cifre, punteggi, classifiche, c’è ancora chi sceglie di offrirlo. Senza chiedere nulla in cambio, se non un po’ di rispetto e meraviglia. Esistono davvero le fontane del vino: luoghi dove il rosso non si versa da una bottiglia, ma scorre libero, proprio come l’acqua.

La più celebre è quella di Estella, in Spagna, lungo il Cammino di Santiago. Un gesto che sembra una leggenda e invece è concreto, quotidiano. Due rubinetti incastonati in un muro antico: uno per l’acqua, uno per il vino. Il vino è quello della Bodega Irache, e non è pensato per dissetare, ma per onorare il cammino. Un sorso, non un bicchiere. Un dono, non un consumo.

Anche in Italia c’è chi ha pensato che il vino potesse essere un atto d’amore. A Caldari di Ortona, in Abruzzo, la cantina Dora Sarchese ha costruito una fontana di Montepulciano dentro un barile gigante. Funziona tutto l’anno, a patto di avvicinarsi con lo spirito giusto: anche qui non è per chi passa in macchina a riempire la tanica. È per chi cammina, per chi arriva da lontano, per chi ha voglia di sentire il vino come un segno di accoglienza.

In Francia, invece, il vino non sgorga tutti i giorni. Ma lo fa una volta l’anno, con la teatralità tipica delle feste di paese. A Wangen, piccolo borgo alsaziano, la prima settimana di luglio, la fontana del villaggio si colora di vino da 198 anni: una tradizione che trasforma per un pomeriggio la piazza in un rito collettivo. Le famiglie si ritrovano, si brinda, si ascoltano i racconti degli anziani. È il vino che celebra la memoria, non solo il palato.

Più a sud, a Châtillon-en-Diois, nella Drôme, va in scena ogni agosto il festival “Arts et Vigne”. Un attore vestito da mago annuncia il miracolo: la fontana del Reviron si trasforma in vino, davanti agli occhi di grandi e bambini. È un gioco, certo. Ma anche un modo per dire che il vino è cultura popolare, accessibile, viva. Non solo calici e parole difficili.

E poi c’è Digione, dove il vino prende simbolicamente il posto dell’acqua nella Fontaine du Bareuzai, durante le biennali Fêtes de la Vigne. Qui la celebrazione è internazionale, con danze e musiche da ogni parte del mondo. Ma il cuore resta lo stesso: un gesto di condivisione che nasce dalla terra e arriva al cuore.

Tutte queste fontane hanno qualcosa in comune, perché non servono a bere, ma a ricordare che il vino è relazione, e nasce per stare in mezzo alle persone, perché è  racconto, convivialità e metafora della generosità contadina.

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Redazione Redazione Eventi e News