Gonur Tepe, la misteriosa città sacra perduta

Agosto 13, 2025 - 05:00
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Gonur Tepe, la misteriosa città sacra perduta

Nel cuore arido del deserto del Karakum, dove il vento scolpisce le dune e la luce disegna ombre nette sulle rovine, si nasconde una delle testimonianze più affascinanti e meno conosciute dell’Asia centrale: Gonur Tepe (chiamato anche Gonur Depe).

Scoperto e studiato principalmente dall’archeologo sovietico Viktor Ivanovich Sarianidi, il sito ha restituito elementi che riconducono a una civiltà fiorita già nel III millennio a.C., capace di livelli amministrativi, artistici e rituali paragonabili a quelli delle grandi culture della Mezzaluna fertile.

Per il viaggiatore moderno Gonur Tepe è più di un complesso di rovine: è un’esperienza sensoriale e intellettuale. Camminare tra i resti del palazzo, attraversare l’area del temenos e soffermarsi sulle necropoli significa compiere un vero viaggio nel tempo – un’immersione nella quotidianità e nella sacralità di un popolo che dava grande importanza al rito, all’amministrazione e alla sepoltura.

L’assenza di una scrittura propria lascia parlare i reperti: sigilli provenienti da terre lontane, mazzi di ornamenti, oggetti in avorio e metalli preziosi e persino un carro a quattro ruote in bronzo trovano voce nel silenzio millenario del deserto.

Dal punto di vista turistico, Gonur Tepe offre anche uno spunto unico per chi desidera esplorare mete fuori dai circuiti convenzionali. Le scoperte effettuate hanno reso il sito un punto di riferimento imprescindibile per gli studiosi e per i viaggiatori culturali in cerca di emozioni autentiche.

Le origini di Gonur Tepe: un centro politico e religioso nel deserto

Gonur Tepe sorge nell’area del Murghab, un antico corso d’acqua che collega territori oggi corrispondenti al nord dell’Afghanistan e al Turkmenistan. In epoca antica questo territorio, conosciuto come Margiana durante l’era persiana achemenide, rappresentava un crocevia naturale per scambi e contatti culturali.

Le indagini archeologiche hanno dimostrato che Gonur non era un semplice villaggio: era parte di una rete più grande di insediamenti distribuiti lungo il delta del Murghab durante l’Età del Bronzo.

Sulla collina settentrionale del sito è emerso un maestoso complesso palaziale, con mura massicce e torri quadrate che difendevano un nucleo di edifici destinati all’amministrazione e alla residenza delle élite.

Cosa vedere a Gonur Depe
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Il sito archeologico di Gonur Depe

All’interno sono stati rinvenuti anche cortili, sale che richiamano a funzioni pubbliche come un possibile “salone del trono” e spazi riservati alle famiglie dominanti.

La presenza di sigilli provenienti dalla Mesopotamia e dalla Valle dell’Indo indica che Gonur era inserita in una fitta rete di relazioni interregionali: merci, idee e simboli viaggiavano lungo rotte che già allora univano civiltà distanti.

A sud del sito, invece, il temenos — uno spazio sacro, spesso recintato – rivela la dimensione religiosa e cerimoniale della città. Sarianidi avanzò l’ipotesi che in questo spazio si svolgessero riti connessi a un primitivo culto del fuoco, forse precursore o affine a pratiche poi legate allo zoroastrismo.

asaL’alternarsi di funzioni politiche e sacre in uno stesso contesto urbano racconta l’esistenza di una società in cui potere e religione erano strettamente intrecciati: i governanti amministravano, ma erano anche garanti dell’ordine sacro e le architetture riflettono infatti questa duplice responsabilità.

Le necropoli e i tesori sepolti: la ricchezza di un popolo

Tra i ritrovamenti più eclatanti di Gonur Tepe figurano le necropoli, fari archeologici che hanno restituito informazioni preziose sullo status sociale, sulle pratiche funerarie e sulle capacità artigianali della popolazione.

La cosiddetta necropoli reale, scoperta intorno al 2002, ha rivelato mausolei e tombe riccamente corredate: scettri in pietra, figure scolpite, preziosi vasi di ceramica, ornamenti in oro e avorio e soprattutto un raro e ben conservato carro a quattro ruote in bronzo.

Questo ritrovamento è significativo non solo per il suo valore materiale, ma perché indica tecnologie e pratiche rituali sofisticate, e suggerisce l’esistenza di una classe dirigente che pretendeva il massimo del prestigio anche nella morte.

Accanto alle tombe delle élite sono emerse sepolture con animali sacrificati – cammelli, cani – che evidenziano credenze legate alla continuità dell’esistenza ultraterrena e al ruolo simbolico degli accompagnatori nella vita postuma.

La seconda necropoli, meno monumentale ma non meno significativa, ha restituito corredi funerari di alto livello, prova che il benessere economico e il consumo di oggetti di prestigio erano più diffusi di quanto si pensasse: non un monopolio esclusivo delle élite, ma un indicatore di una società complessa con un’ampia stratificazione sociale.

Questi depositi funerari raccontano anche di produzioni artigianali di pregio e di scambi su scala continentale: l’arte della lavorazione dei metalli, la ceramica finemente decorata e l’uso di materiali esotici sono indizi di contatti e scambi che superavano i confini locali.

Rituali e segreti: la città sacra senza scrittura

Forse la componente più intrigante di Gonur Tepe è la sfera religiosa e rituale. Il contenuto di alcuni reperti ceramici ha permesso a Sarianidi di ipotizzare la pratica di un antico rito chiamato soma haoma, che prevedeva l’assunzione di una bevanda psicotropa preparata con ingredienti come efedrina e cannabis, mescolati ad altre piante.

Questo uso rituale di sostanze psicoattive suggerisce l’esistenza di pratiche iniziatiche da parte dei sacerdoti che svolgevano funzioni magari di mediazione tra il mondo umano e quello divino.

L’assenza di una scrittura autonoma a Gonur accentua il mistero: non avendo testi che narrino direttamente le loro storie, le informazioni ci giungono solo attraverso gli oggetti, gli spazi architettonici e le strutture sepolcrali.

È in questo silenzio documentale che la città sacra acquisisce ulteriore fascino: le pietre, i sigilli e i vasi diventano testimoni muti di credenze, pratiche e poteri che oggi gli archeologi e i visitatori tentano di ricostruire.

Per il turista culturalmente attento e curioso, Gonur Tepe offre dunque una doppia lettura: da un lato, il piacere dell’osservazione archeologica – compresi i segni di un’amministrazione sviluppata e di una rete di scambi internazionali – e dall’altro, l’attrazione del mistero rituale, dove pratiche religiose antiche rimandano a domande sulla nascita dei culti e sul rapporto tra potere e sacro.

Questo intreccio di storia, arte e mistero rende Gonur Tepe una meta imprescindibile per chi desideri esplorare i confini della civiltà antica, camminando sui sentieri di una città che per millenni è rimasta nascosta sotto le sabbie del Karakum in Turkmenistan.

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