Il Washington Post pubblica i nomi dei bambini palestinesi uccisi a Gaza: un gesto di verità contro il silenzio globale

lentepubblica.it
In un’iniziativa giornalistica di straordinaria potenza emotiva, The Washington Post ha pubblicato l’elenco completo dei nomi di oltre 18500 bambini palestinesi uccisi a Gaza dai bombardamenti israeliani dal mese di ottobre 2023.
Un atto che rappresenta una presa di coscienza tanto necessaria quanto scomoda, in un contesto dove le immagini dei piccoli corpi emaciati che emergono dalle macerie a Gaza faticano a raggiungere l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale.
Questo gesto non si limita a denunciare la drammaticità delle perdite umane in una terra da tempo assediata, ma invita anche a riflettere sui racconti che negli anni hanno modellato, distorto o addirittura cancellato le origini di questa sofferenza. Secondo le stime, dall’inizio del conflitto nell’ottobre scorso sono stati uccisi oltre 60.000 palestinesi. Di questi, quasi un terzo erano bambini.
La narrazione internazionale apertamente pro-Israele
Numeri che avrebbero dovuto scuotere le coscienze del mondo. Eppure, per mesi, la loro eco è rimasta attutita dietro un muro mediatico di indignazione a intermittenza. In un mondo dove la narrazione dominante può decidere chi è vittima e chi no, restituire i nomi ai bambini di Gaza è, in fondo, un atto di giustizia. Un tentativo di restituire umanità dove troppi hanno preferito voltarsi altrove.
Gran parte della narrazione internazionale, infatti, ha ripetuto lo stesso schema: Israele agisce per autodifesa. Secondo questa prospettiva, tutto sarebbe cominciato il 7 ottobre 2023, con l’attacco lanciato da Hamas. Da quel momento, ogni azione successiva sarebbe stata una diretta conseguenza di quell’evento iniziale.
Ma questa lettura, spesso accettata senza contestazioni, ignora volutamente ciò che è accaduto prima.
C’è una storia totalmente ignorata/dimenticata prima del 7 ottobre 2023
Qui di seguito proviamo a tracciare, tentando di essere esaustivi, una possibile cronistoria delle vessazioni e dell’occupazione israeliana su Gaza negli ultimi 60 anni.
Occupazione militare e insediamenti (1967–1993)
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Dopo la Guerra dei Sei Giorni del giugno 1967, Israele prese il controllo della Striscia di Gaza, instaurando un’amministrazione militare governata secondo la Convenzione di Ginevra (1907)
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Tra la fine degli anni ’60 e i primi anni ’90, l’occupazione proseguì con insediamenti israeliani e restrizioni continue sul movimento dei palestinesi.
Blocco, chiusure e apartheid (dagli anni ’90 a oggi)
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Dal 1991, il permesso generale di uscita da Gaza fu revocato da Israele e dal 1993 al 1996 la “chiusura totale” durò complessivamente 342 giorni, causando un crollo del 40% del PIL di Gaza nel solo 1996
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In questo periodo le barriere hanno limitato severamente il traffico commerciale e umano tra Gaza, la Cisgiordania e Israele
Ritiro unilaterale e intensificazione del blocco (2005–2007)
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Israele si ritirò formalmente dalla Striscia nel 2005, ma mantenne il controllo aereo, marittimo e di frontiera tramite il blocco
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Nel giugno 2007, dopo l’ascesa al potere di Hamas, Israele ed Egitto imposero un blocco totale che ridusse Gaza a una prigione a cielo aperto, con limitazioni critiche su beni e persone
Guerre, indagini e crisi umanitaria (2008–2022)
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Le operazioni militari “Cast Lead” (2008‑09), “Pillar of Defense” (2012) e “Protective Edge” (2014) causarono migliaia di vittime civili e devastarono infrastrutture chiave.
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Il Rapporto Goldstone (2009) e altri rapporti ONU denunciarono gravi violazioni da parte di Israele: attacchi sproporzionati, cause di vittime civili e distruzione estesa di abitazioni e servizi essenziali
Crisi prolungata e pressioni economiche (2023–2025)
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Dall’ottobre 2023, dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre, Israele dichiarò un blocco totale su Gaza: divieto di ingresso di cibo, acqua, medicine, carburante ed elettricità
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Il Knesset ha approvato misure che vietano qualsiasi contatto con l’UNRWA, bloccando l’organizzazione principale per l’assistenza in loco
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Secondo organizzazioni come Amnesty, UN e Oxfam, queste restrizioni hanno creato condizioni di carestia sistematica, malnutrizione acuta e distruzione delle capacità sanitarie, configurando potenzialmente crimini di guerra o contro l’umanità
Un tentativo di contestualizzazione
Gaza pertanto non è stata occupata solo a partire dall’autunno 2023: è sotto controllo diretto israeliano dal 1967. L’area è stata progressivamente isolata attraverso muri, posti di blocco e la chiusura dei valichi, impedendo quasi completamente l’uscita delle persone e l’importazione di beni essenziali.
La pubblicazione dei nomi delle oltre 18.500 vittime infantili da parte del Washington Post rappresenta un atto di umanizzazione: non più cifre astratte, ma vite restituite all’identità. Questo gesto rompe l’omertà dell’indifferenza mediatica e riflette il dovere dell’informazione: offrire una visione storica chiara, senza distorsioni ideologiche, riconoscendo il dolore alla base delle statistiche.
Il Washington Post pubblica i nomi dei bambini palestinesi uccisi a Gaza
Qui l’articolo completo del Washington Post.
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