Incendi in Sicilia, quando la pianificazione esiste, ma non basta


Gli incendi estivi in Sicilia sono attesi con la stessa puntualità delle ondate di calore portate dallo scirocco: l’assuefazione a questi fenomeni non va bene e serve un piano di governance e di azione più efficiente
Anche quest’anno la Sicilia brucia e lo fa con numeri che ne fanno la regione più colpita d’Italia. secondo l’ultimo rapporto di Legambiente L’Italia in fumo, solo nei primi sette mesi del 2025 sono andati in fumo quasi 17.000 ettari di territorio regionale in 248 roghi, un triste primato nazionale.
L’ultimo grave incendio è durato nei giorni scorsi più di 12 ore: il dispositivo messo in campo dalla Prefettura ha attivato il Centro Coordinamento Soccorsi, mobilitando circa 60 volontari da 15 organizzazioni.
Inoltre, sono stati impiegati due Canadair, elicotteri regionali, un mezzo dell’Aeronautica Militare, oltre 180 operatori sul campo e una flotta di mezzi terrestri per contenere un evento che, per estensione e velocità, ha travolto un’area ad alto valore ambientale ed ecoturistico.
Il sindaco di Castellammare del Golfo, Giuseppe Fausto, ha parlato di “ferite profonde e incalcolabili danni ambientali ed economici“, ricordando che l’incendio ha lambito diverse abitazioni nella notte e che l’emergenza è rientrata solo nella mattinata del 26 luglio.
La Fenice Verde e lo strano caso siciliano
Secondo il report 15 anni di incendi in Italia e lo strano caso Sicilia, pubblicato da Fenice Verde il 23 luglio 2024 e basato sui dati del sistema europeo Effis-Copernicus, la Sicilia si conferma la regione italiana più colpita dagli incendi boschivi.
Solo nel 2023 si sono registrati 653 incendi, con una superficie bruciata tra le più estese d’Europa. Le aree più colpite sono state le province di Palermo, Trapani e Messina, con numerosi episodi in riserve naturali e siti protetti della Rete Natura 2000, come Monte Pellegrino, i Nebrodi, i Peloritani e la stessa Riserva dello Zingaro.
In modo preoccupante, il report evidenzia un’anomalia crescente di incendi notturni e una forte incidenza su ecosistemi vulnerabili, suggerendo una gestione territoriale inadeguata.
In questa dinamica che si ripete con inquietante regolarità, la popolazione appare sempre più abituata, stizzita e fatalista. Gli incendi estivi sono attesi con la stessa puntualità delle ondate di calore portate dallo scirocco, che con i suoi venti caldi e secchi contribuisce ogni anno a trasformare le montagne in focolai naturali.
La vera novità, però, non è l’emergenza in sé, ma l’assenza di una risposta strutturale, visibile, che restituisca fiducia e dia il senso di una reale volontà politica di affrontare le cause profonde di questi eventi.
Un apparato imponente: il Piano Aib 2023-2025 della Regione Sicilia
Negli ultimi anni, la Regione Sicilia ha messo in campo uno sforzo notevole per dotarsi di un piano di prevenzione e contrasto degli incendi boschivi all’altezza delle sfide climatiche e territoriali.
Il Piano Aib 2023-2025, redatto in collaborazione con istituzioni scientifiche e operative, rappresenta uno strumento articolato e tecnicamente avanzato. Include mappe dettagliate delle aree a rischio, una suddivisione precisa delle competenze tra Regione, Comuni, Corpo Forestale e Protezione Civile, e prevede l’impiego massiccio di tecnologia per il monitoraggio e l’intervento tempestivo.
Parliamo di investimenti pubblici significativi, ogni anno, vengono stanziati oltre 76 milioni di euro per il funzionamento del sistema antincendio, provenienti da fondi regionali, statali e comunitari.
Una parte di questi fondi è stata destinata all’acquisto di droni di sorveglianza, telecamere fisse per il monitoraggio dei parchi naturali, mezzi antincendio all’avanguardia e interventi aerei tramite elicotteri e Canadair.
Sulla carta, dunque, il piano disegna un sistema di sorveglianza capillare, tempestivo e coordinato. Ma gli eventi di questi giorni ci impongono una riflessione più profonda sull’effettiva efficacia di questo apparato imponente.
Sebbene il Piano Aib sia un documento di grande valore tecnico-scientifico, la sua applicazione pratica appare inefficace, discontinua o scarsamente monitorata.
In un quadro in cui ogni estate brucia un pezzo di patrimonio naturale, è legittimo sospettare che vi sia un problema di gestione, di responsabilità politica e forse anche di spreco delle risorse pubbliche.
Non bastano piani ben scritti, dotazioni tecnologiche costose o conferenze stampa. La comunità siciliana chiede coerenza, continuità e competenza nell’azione politica e amministrativa.
Finché questa non si manifesterà in modo tangibile, ogni nuovo incendio non sarà solo una ferita ambientale ma sarà il segno di un sistema che si sta arrendendo a sé stesso.
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