Millepiani: “L’estate libera la fantasia” | Intervista

Bisogna avere coraggio per dare possibilità al destino per lasciarsi, finalmente, trascinare senza rimanere troppo legati alla ragione e a tutti i suoi dubbi. Con l’estate questo processo sembra essere, non solo più istintivo, ma anche naturale e la curiosità può portare anche a incontrare un amore da condividere.
Se non avessi trovato te, la mia vita sarebbe vuota come una tazzina di caffè, così Millepiani descrive questa sensazione dentro al suo nuovo brano “Macramé”, canzone che trasforma lo straordinario in ordinario, il tutto come una consapevolezza che cresce di lunedì in lunedì.
Giocando con immagini poetiche e visionarie l’artista riesce raccontare una relazione che trasforma la routine in avventura, una fuga verso una dimensione alternativa che convive con la realtà, portandola in una dimensione magnifica e romantica. Una splendida confusione pronta a riordinare tutto.
INTERVISTANDO MILLEPIANI
L’estate può essere uno di quei momenti dove la vita prende il sopravvento?
Per me l’estate è la stagione in cui la fantasia si libera.
È come un universo parallelo che si apre nel multiverso, un varco tra le dimensioni dove ogni scelta, ogni idea, ogni sogno, può generare una nuova realtà, dove tutto può essere riscritto.
Ti viene voglia di partire, di cambiare, di inventare storie, anche solo con la mente. Ogni situazione può diventare l’inizio di una strofa, ogni volto incrociato il personaggio di una canzone.
È il tempo in cui tutto sembra possibile. Innamorarsi, anche tornare bambini, anche reinventarsi da capo. E a me piace raccontarla così: come un momento in cui puoi riscrivere la tua vita con colori nuovi.
Le dinamiche di coppia creano sempre un mondo nuovo?
Credo che ogni relazione sia una sorta di “nuova geografia emotiva”. Quando stai con qualcuno, non sei più solo un io, ma diventi un noi, un “co-individuo” che ha le sue mappe, i suoi confini, soprattutto i suoi spazi sconosciuti e irraggiungibili.
Perché l’altro è sempre un mondo nuovo. Non lo conosci mai davvero, puoi solo avvicinarti, esplorarlo, sapendo che ciò che vedi è sempre una versione parziale, filtrata da te. E proprio questo lo rende straordinario: è un territorio che non si finisce mai di scoprire.
Che colori ha questo tuo Macramè?
Macramè ha i colori vividi e saturi dell’estate. Ha il colore giallo della sabbia e dei container del porto, il blu del cielo terso nei pomeriggi d’agosto. C’è dentro il tessuto rosso acceso di un vestito da mare, il color legno fiammato di una chitarra acustica, il verde acceso delle montagne d’estate, che guardano il golfo dal lontano. Il color oro dei campi di grano maturo e del fieno tagliato. E infine il bianco e il nero: una tazzina di caffè sul tavolino di un bar.
Realtà distorta e fantasia sfrenata sono le due facce dell’amore?
Assolutamente sì. L’amore ti altera la percezione del mondo: a volte lo rende surreale, altre volte ti riporta violentemente coi piedi per terra. È un po’ come vivere in un sogno lucido. Ti muovi tra simboli e visioni, ma senti tutto come se fosse reale. In fondo, come ci insegna Spike Jonze, l’amore è l’unica follia socialmente accettata.
Stare insieme un lunedì è una metafora per indicare la quotidianità di un rapporto?
Il lunedì è sempre il giorno più duro, più difficile, sembra sempre di dover ricominciare tutto daccapo. Quando incontri qualcuno di così speciale da non vedere l’ora che sia lunedì vuol dire che hai raggiunto il culmine della felicità, che non hai più bisogno di nient’altro, che non ti manca niente!
Recentemente hai scoperto qualche canzone che ti ha fatto innamorare?
Più che scoprirle, direi che le ho ritrovate mentre mi stavo innamorando. È strano come alcune canzoni, anche se le conosci da tempo, cambino volto all’improvviso. È come se, in certi momenti della vita, il loro significato si amplificasse, ti parlasse più da vicino, toccasse qualcosa di profondo dentro di te.
La prima è “Fake Plastic Trees” dei Radiohead. Un brano che conoscevo, certo, ma che ho ascoltato in un momento preciso e che mi ha colpito con una forza nuova. Il testo è una vertigine: parla di alienazione, ma anche del desiderio disperato di qualcosa di vero. E dentro quella malinconia ho sentito tutto il bisogno di autenticità che si prova quando ci si innamora davvero.
Poi c’è “Love Song” dei The Cure, che è un pezzo che porto anche nei miei live acustici. Mi emoziona ogni volta, per quella dichiarazione limpida e assoluta di amore, ma anche per il senso di libertà e ribellione che trasmette. La mia versione preferita è quella delle Jack Off Jill: più viscerale, più diretta, con un’intensità più ruvida e potente.
Credi nel destino o la vita è una somma d’imprevisti?
Io credo nella capacità creatrice e nell’apertura all’infinito dell’Io, che interpreta e incontra gli eventi. Che poi questi eventi siano scritti nel destino o siano frutto del caos poco mi interessa. Credo che ci siano delle curve spazio-temporali in cui tutto di te può cambiare. A volte ci arrivi per caso, a volte ci sei portato da qualcosa che non sai spiegare. La cosa importante è ringraziare l’Universo per essere qui ed ora, e per il fatto che puoi “contribuire con un verso a questo potente spettacolo” come diceva Walt Whitman.
E anche imparare a stare nell’impermanenza, nel flusso del divenire, accettando il transitare delle cose; con la consapevolezza però, che la nostra essenza più profonda è intoccabile e incorruttibile, e rimane a guardare di lato, come un testimone silenzioso.
Cosa vorresti ritrovare nell’universo delle cose perdute?
Tutto quello che abbiamo perduto e che ci è stato caro, tutto quello che avrebbe potuto essere e non è stato, tutto ciò che potenzialmente può esistere. Le cose sono perdute quando diventano reali, nel loro potenziale ancora non realizzato invece possono essere eterne e infinite.
Nell’Universo delle cose perdute c’è tutto e il contrario di tutto, è un po’ il mio Iperuranio personale.
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