Scontro sui centri migranti in Albania. Cosa succede dopo la sentenza della Corte Europea?

Agosto 13, 2025 - 08:30
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Scontro sui centri migranti in Albania. Cosa succede dopo la sentenza della Corte Europea?

lentepubblica.it

Analisi sulle conseguenze del pronunciamento della Corte di Giustizia dell’Unione europea in merito al centro per migranti in Albania e al protocollo Italia-Albania.


In un articolo pubblicato la settimana scorsa ho svolto una prima analisi della sentenza con cui la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è espressa sulla definizione di Paese d’origine sicuro e, di conseguenza, sull’applicazione del protocollo Italia-Albania.

È opportuno un approfondimento, poiché la decisione ha risvolti immediati sul tema dei rimpatri, ma tra qualche mese potrebbe essere superata.

La data da cerchiare in rosso sul calendario è 12 giugno 2026, quando entrerà in vigore il nuovo Regolamento UE perle procedure di asilo, che introduce un ampliamento della nozione giuridica di Paese terzo sicuro.

Secondo quanto disposto all’art. 61, infatti, gli Stati membri possono introdurre eccezioni riguardo parti specifiche del territorio o categorie di persone chiaramente identificabili, superando l’attuale requisito di sicurezza generale.

Gli attacchi del Governo alla decisione della Corte di Giustizia UE

La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha subito dichiarato:

Ancora una volta la giurisdizione, questa volta europea, rivendica spazi che non le competono, a fronte di responsabilità che sono politiche. […] La decisione della Corte indebolisce le politiche di contrasto all’immigrazione illegale di massa e di difesa dei confini nazionali. È singolare che ciò avvenga pochi mesi prima della entrata in vigore del Patto Ue su immigrazione e asilo, contenente regole più stringenti, anche quanto ai criteri di individuazione di quei Paesi.

Sulla stessa lunghezza d’onda, il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani si dice per nulla convinto di unasentenza che avrà «effetti molto brevi perché presto, con l’entrata in vigore delle nuove norme comunitariesull’immigrazione, cesserà di avere il suo effetto».

Le opposizioni contro il Governo Meloni

La segretaria del PD Elly Schlein ha commentato:

La Corte europea ha dato torto al Governo italiano […]. Si prendano la responsabilità di non aver letto le leggi italiane ed europee e di aver fatto una scelta illegale con centri inumani in Albania che calpestano i diritti fondamentali di migranti e richiedenti asilo, per cui hanno sperperato più di 800 milioni degli italiani.

Il leader dei 5S Giuseppe Conte invita Meloni a smetterla con «la vuota propaganda e i falsi vittimismi».

Nicola Fratoianni per AVS: «La sentenza della Corte Europea di giustizia è un vero e proprio macigno sulle velleità del governo Meloni e della destra italiana di calpestare il diritto internazionale e il buonsenso».

Soddisfatti i magistrati: confermate le decisioni dei giudici italiani

Poche, ma significative, le parole del presidente dell’Associazione nazionale magistrati (ANM) Cesare Parodi, memore delle pesanti polemiche nei mesi passati:

Nessuno remava contro il Governo. Era stata proposta una interpretazione dai giudici italiani che oggi la Corte di giustizia dell’Unione europea dice essere corretta. È giusto saperlo, senza polemiche ma per amore di chiarezza.

E così la giudice Silvia Albano, fatta oggetto degli attacchi più pesanti all’indomani della decisione del Tribunale di Roma: «Ci hanno dato degli eversivi, ma stavamo facendo solo il nostro lavoro di giudici: applicavamo la legge».

Quale futuro per i centri di permanenza in Albania?

Al di là delle speculazioni politiche, l’interesse per la sentenza è soprattutto per le conseguenze sull’operatività dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) realizzati in Albania, posti alla base della politica sui trattenimenti volutadal Governo italiano.

La linea dell’Esecutivo è chiara: nessun passo indietro! Nell’immediato continueranno a funzionare come CPR poi, dopo le nuove norme UE, potranno riacquisire la funzione originaria di Centri per le procedure accelerate alla frontiera, propedeutiche ai rimpatri.

Ma da più parti, al contrario, si è fatto notare come il problema rimarrà anche dopo l’entrata in vigore del nuovo Regolamento UE, che venga anticipata come auspicato dal Governo o che resti programmata al 12 giugno 2026.

Nel testo, infatti, pur cambiando la definizione di Paese sicuro, resta confermato che le zone di frontiera in cui possono essere applicate le procedure accelerate per il rimpatrio debbono essere all’interno del territorio UE, o almassimo in quelli limitrofi. Ed è evidente come l’Albania non abbia questo requisito.

Inoltre, la stessa sentenza del 1° agosto ha ribadito che, seppure un Paese sia inserito nella lista dei sicuri, spetta comunque al giudice nazionale operare un esame appropriato sul singolo caso di asilo.

Intanto spiccano i numeri imbarazzanti dei CPR

A causa delle problematiche giuridiche, il protocollo Italia-Albania non ha mai funzionato per il solo trattenimento dei richiedenti asilo intercettati in mare e sottoposti alla cosiddetta procedura di frontiera accelerata.

Da qui la reazione del Governo. Nel tentativo di uscire dall’impasse, con il decreto-legge n. 37 del 28 marzo 2025 la struttura di Shëngjin è stata riconvertita a CPR, mentre quella di Gjadër come hotspot per l’identificazione. Però i risultati sono ben lontani dalle aspettative.

A fronte dei 400 posti disponibili, nel primo sono ospitate attualmente appena 27 persone. Delle 140 complessivamente arrivate ben 113 sono uscite da tempo (40 per mancata proroga del trattenimento, 37 perché rimpatriati, 15 per inidoneità sanitaria al trattenimento, 7 per riconoscimento della protezione internazionale, ecc.).

Cifre molto modeste a fronte delle spese sostenute per la costruzione (680 milioni di euro in 5 anni) e per il funzionamento (5 giorni di effettiva attività sono già costati 114 mila euro a persona).

Ulteriori dubbi giuridici sul protocollo Italia-Albania

Inoltre, continuano ad aleggiare diverse perplessità giuridiche anche sull’utilizzo delle strutture tramutate in CPR.

L’Ufficio massimario della Corte di Cassazione, con una relazione di 48 pagine diffusa lo scorso 18 giugno, ha sollevato molteplici rilievi sul protocollo. In particolare, sono stati evidenziate possibili violazioni dei princìpi sanciti

dalla nostra Costituzione, nonché dalle normative internazionali e dell’Unione Europea (come su salute, difesa, diritto di asilo, libertà personale).

Pochi giorni dopo, la prima sezione penale della Cassazione ha disposto anche un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, in cui si sollevano dubbi di compatibilità con la Direttiva rimpatri 2008/115/CE (per il trasferimento in Albania di migranti detenuti in un CPR italiano) e con quella procedure 2013/32/UE (per il trattenimento di chi abbia già presentato una domanda d’asilo).

La sentenza è prevista per il prossimo anno. Ma nell’attesa è prevedibile che il tema rimarrà molto caldo.

 

Leggi anche: Migranti, la Corte di Giustizia Ue boccia l’Italia: sui «Paesi sicuri» l’ultima parola spetta ai giudici

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