Scoperta una cavità nascosta sotto i Campi Flegrei, una svolta nello studio della caldera napoletana

Una nuova ricerca pubblicata su Nature Communications Earth and Environment getta luce sui complessi meccanismi sotterranei che animano i Campi Flegrei, una delle caldere vulcaniche più pericolose e monitorate al mondo. Lo studio, frutto di una collaborazione tra l’Università di Pisa, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e il GFZ Helmholtz Centre for Geosciences di Potsdam (Germania), ha portato alla scoperta di una cavità nascosta nel sottosuolo napoletano, a circa 3,6 chilometri di profondità.
La particolarità di questa struttura sta nella sua risonanza sismica costante, individuata a partire dall’analisi di segnali sismici di lunghissimo periodo (VLP). Secondo il team di ricerca, la cavità risuona sempre alla stessa frequenza (0,114 Hz) dal 2018, indicando che le sue dimensioni e la sua composizione sono rimaste stabili nel tempo. Una scoperta che apre nuove prospettive per la comprensione dell’evoluzione del sistema vulcanico flegreo e per il miglioramento delle strategie di mitigazione del rischio vulcanico.
«Abbiamo individuato la cavità grazie all’analisi di segnali sismici di lunghissimo periodo (VLP) - spiega Giacomo Rapagnani, dottorando dell’Università di Pisa e primo autore dello studio – Questa struttura risuona sempre alla stessa frequenza (0,114 Hz) da almeno sette anni, segno che le sue dimensioni e la sua composizione sono rimaste stabili nel tempo, si tratta di un indizio prezioso per comprendere come si evolvono i flussi di fluidi nel sottosuolo e individuare eventuali segnali di variazione strutturale che potrebbero indicare un aumento del rischio vulcanico».
La cavità mette in collegamento diretto il serbatoio magmatico profondo, responsabile del sollevamento del suolo registrato negli ultimi anni, con le fumarole attive di Solfatara e Pisciarelli, due delle aree più calde e instabili della caldera. La sua conformazione è impressionante: lunga circa un chilometro, larga 650 metri e con uno spessore medio di 35 centimetri, per un volume complessivo di circa 220.000 metri cubi.
Nonostante l'accuratezza delle misurazioni, non è stato ancora possibile determinare con certezza il contenuto della cavità, che potrebbe essere occupata da gas ad alta pressione o fluidi magmatici, entrambi potenzialmente pericolosi in caso di variazioni di pressione o rottura strutturale.
«Abbiamo analizzato oltre cento terremoti avvenuti dal 2018 a oggi – continua Rapagnani – è così emerso che in coincidenza con i terremoti più intensi si attiva una ‘risonanza’ a bassa frequenza che ha rilevato appunto l’esistenza della frattura. È un comportamento simile a quello osservato in altri vulcani attivi, ma mai documentato prima nei Campi Flegrei».
Un risultato che segna un punto di svolta nello studio dei segnali premonitori delle eruzioni vulcaniche, offrendo nuove chiavi di lettura sui processi dinamici che avvengono nel sottosuolo.
«Questo studio evidenzia come lo sviluppo e l’applicazione di tecniche sofisticate per l’analisi dei dati sismologici siano fondamentali per comprendere a fondo processi geofisici complessi, come i terremoti e le eruzioni vulcaniche - aggiunge Francesco Grigoli, coautore dell’articolo e professore di Geofisica dell’Università di Pisa - Solo spingendo al limite le nostre capacità di analizzare grandi quantità di dati eterogenei possiamo migliorare la comprensione di questi fenomeni e mitigare con maggiore efficacia i rischi a essi associati».
La ricerca rappresenta un esempio virtuoso di cooperazione scientifica internazionale, con la partecipazione attiva di ricercatori italiani e tedeschi: oltre a Rapagnani e Grigoli, firmano lo studio anche Simone Cesca, Gilberto Saccorotti, Gesa Petersen, Torsten Dahm e Francesca Bianco.
In un’area come quella dei Campi Flegrei, dove vivono oltre 500.000 persone in prossimità di un sistema vulcanico attivo, queste informazioni rappresentano strumenti cruciali non solo per la comprensione scientifica, ma anche per la pianificazione territoriale e la protezione civile.
Qual è la tua reazione?






