Sud penalizzato nella gestione finanziaria degli enti locali: Sicilia e Calabria restano indietro

Agosto 7, 2025 - 00:00
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Sud penalizzato nella gestione finanziaria degli enti locali: Sicilia e Calabria restano indietro

lentepubblica.it

La relazione della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria degli enti locali svela una geografia a due velocità tra Nord e Sud: in Sicilia e Calabria, crescono i ritardi nell’attuazione dei progetti, le difficoltà di riscossione e le fragilità di bilancio.


Nonostante i segnali di miglioramento nel quadro economico nazionale, il Mezzogiorno – e in particolare la Sicilia e la Calabria – continua a vivere una situazione di persistente affanno nella gestione finanziaria dei propri enti locali. È quanto emerge dalla Relazione della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria di Comuni, Province e Città metropolitane per il triennio 2022-2024, che fotografa un’Italia divisa, dove l’efficienza amministrativa del Centro-Nord convive con le croniche difficoltà del Sud.

Disavanzi, riscossioni al palo e scarsa capacità di spesa

In Calabria e Sicilia, la situazione appare critica su più fronti. Il peso dei crediti non riscossi resta elevatissimo, soprattutto nelle entrate extratributarie, come multe, affitti, concessioni e servizi a domanda individuale: in queste Regioni, la quota incassata dai Comuni è spesso inferiore al 50% di quanto previsto. Una fragilità che, di fatto, svuota i bilanci locali e impone il ricorso ad accantonamenti crescenti, limitando la capacità di programmare nuovi interventi.

Il cosiddetto “tax gap” – cioè la differenza tra quanto i Comuni dovrebbero incassare e quanto effettivamente entra nelle casse – tocca punte del 30% per la Tari e del 20% per l’Imu. Si tratta di cifre che mettono in seria difficoltà i bilanci locali, soprattutto quando i servizi, come lo smaltimento dei rifiuti, devono essere garantiti indipendentemente dalle entrate effettive.

I fondi ci sono, ma il Sud non riesce a spenderli

La relazione evidenzia che, sebbene le Regioni meridionali abbiano ricevuto una quota significativa delle risorse del PNRR – il 40%, come previsto dalla normativa – l’attuazione concreta dei progetti arranca. In Sicilia e Calabria, solo il 60% dei fondi assegnati risulta impegnato, contro percentuali che superano l’85% in territori come Friuli-Venezia Giulia e Toscana.

Il risultato è un blocco degli investimenti, con progetti che restano sulla carta e infrastrutture che non si realizzano. A farne le spese sono soprattutto i cittadini, che continuano a convivere con servizi insufficienti, scuole non ristrutturate, trasporti carenti e reti sociali inadeguate.

Non è un caso che, nel 2023, la spesa sociale pro capite nel Sud sia stata di 162 euro, nettamente inferiore rispetto ai 189 euro del Centro e ai 187 del Nord. Una disparità che si traduce in meno asili nido, meno interventi per la disabilità e minori risorse per contrastare l’esclusione sociale.

Liquidità in crescita, ma equilibri fragili

Paradossalmente, i Comuni del Sud registrano un aumento della liquidità di cassa nel triennio, dovuto in gran parte alla spinta degli anticipi legati ai fondi PNRR. Ma questa liquidità è spesso vincolata e non utilizzabile liberamente. Inoltre, il meccanismo di finanziamento legato al PNRR – che prevede spese anticipate da parte degli enti e successivi rimborsi – espone i Comuni meridionali a tensioni di cassa significative, soprattutto in assenza di strutture amministrative solide e personale qualificato.

Disavanzi persistenti e incapacità strutturali

Il Mezzogiorno è anche l’area con il maggior numero di Comuni in disavanzo. Il report evidenzia che su quasi 1.000 enti locali con saldo negativo, molti si concentrano proprio nelle Regioni meridionali. Le cause sono note: un mix di scarsa capacità di riscossione, fragilità organizzativa e ritardi nell’attuazione delle riforme finanziarie, cui si aggiungono difficoltà croniche come la gestione delle anticipazioni di liquidità o il riaccertamento dei residui.

In particolare, la Sicilia presenta ritardi diffusi nell’esecuzione dei progetti e una gestione contabile spesso poco trasparente. La Calabria, invece, si distingue per un tasso di riscossione tra i più bassi d’Italia, con un accumulo crescente di crediti difficili da incassare.

Nord efficiente, Sud rallentato: la frattura territoriale si allarga

Se nel Nord la capacità di progettare, attuare e rendicontare gli investimenti è ormai consolidata, nel Sud la macchina amministrativa resta lenta e spesso impreparata a fronteggiare le sfide imposte dalle nuove regole europee. Le norme più stringenti introdotte con la legge di bilancio 2025 – come il nuovo equilibrio di bilancio e i vincoli alla spesa – rischiano di colpire proprio gli enti più fragili, ampliando ulteriormente il divario territoriale.

La stessa Corte dei Conti sottolinea la necessità di rafforzare l’assistenza tecnica e il supporto organizzativo, soprattutto nei Comuni con strutture deboli e personale ridotto all’osso. Senza un intervento strutturale, il rischio è che il Sud resti ancora una volta indietro, vanificando gli sforzi di riequilibrio territoriale previsti dai fondi europei.

L’Italia dei Comuni è ancora spezzata

La fotografia scattata dalla Corte dei Conti conferma che, nonostante i progressi registrati a livello macroeconomico, l’Italia dei territori resta profondamente diseguale. Mentre alcuni Comuni si avviano verso una gestione virtuosa, altri – soprattutto nel Sud – combattono con limiti strutturali che rallentano ogni tentativo di rilancio.

Per Sicilia e Calabria, la strada verso una finanza pubblica solida appare ancora lunga. Servono investimenti non solo in opere, ma anche in competenze, strumenti digitali, risorse umane. Perché senza una pubblica amministrazione locale efficiente, nessun piano di sviluppo potrà davvero colmare il divario tra Nord e Sud.

La relazione della Corte dei Conti: Sicilia e Calabria restano indietro nella gestione finanziaria degli enti locali

Qui il documento completo.

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