Acqua: un bene da 58.000 miliardi di dollari che dobbiamo difendere

Agosto 6, 2025 - 03:30
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Acqua: un bene da 58.000 miliardi di dollari che dobbiamo difendere

Sostiene la vita, muove le economie, alimenta gli ecosistemi. Eppure, l’acqua, risorsa che diamo troppo spesso per scontata, sta diventando uno dei principali fattori di rischio sistemico per il pianeta. Mentre il cambiamento climatico accelera e la domanda globale cresce in modo esponenziale, la disponibilità di acqua dolce si riduce, aprendo scenari sempre più critici per la sicurezza alimentare, la stabilità economica e la giustizia sociale.

Secondo il nuovo report del World Economic Forum realizzato con McKinsey & Company, pubblicato a marzo 2025, l’acqua ha un valore d’uso economico complessivo stimato in 58.000 miliardi di dollari l’anno, equivalente a circa il 60% del PIL globale. Una cifra enorme, che racchiude non solo il consumo diretto da parte di industrie, agricoltura e famiglie, ma anche il ruolo cruciale che l’acqua svolge nella regolazione climatica, nella salute degli ecosistemi e nella resilienza delle comunità.

Eppure, la fragilità dei sistemi idrici è ormai sotto gli occhi di tutti. Oggi 4 miliardi di persone sperimentano gravi carenze d’acqua per almeno una parte dell’anno. Altri 3 o 4 miliardi potrebbero trovarsi nella stessa condizione in uno scenario di riscaldamento globale tra i 2 e i 4 gradi. Le piogge sono diventate più estreme e imprevedibili: negli ultimi 75 anni, 709 milioni di persone hanno visto aumentare l’intensità delle precipitazioni nei propri territori, mentre altri milioni vivono in regioni più secche rispetto al passato. A farne le spese è anche la qualità dell’acqua, messa a rischio da inondazioni, frane, uso industriale intensivo e sostanze chimiche persistenti come i PFAS.

Il rapporto sottolinea che le catastrofi legate all’acqua — tra cui siccità, alluvioni, tempeste e scarsità — sono responsabili del 70% delle morti causate da disastri naturali. Dal 1970 al 2021, il costo economico delle catastrofi meteorologiche, climatiche e idriche, è stato di 4.300 miliardi di dollari. Le implicazioni si estendono ben oltre l’ambiente: settori industriali come quello farmaceutico o della moda, che tradizionalmente non includevano l’acqua tra i propri rischi strategici, stanno ora ripensando i propri modelli operativi in funzione della disponibilità idrica.

Sul fronte finanziario, le stime informano che serviranno oltre 1.040 miliardi di dollari l’anno fino al 2030 per assicurare una gestione sostenibile dell’acqua. Di questa cifra, oltre il 70% sarà destinato ad affrontare la scarsità idrica, soprattutto in Asia orientale, Pacifico e Nord America, mentre in Africa subsahariana l’emergenza resta l’accesso ai servizi igienici di base.

La vera sfida, sottolinea il report, sarà mobilitare capitale privato. Oggi circa il 78% dei fondi per la sicurezza idrica proviene da fonti pubbliche, ma si prevede che nei prossimi dieci anni la maggioranza degli investimenti – circa il 55% – dovrà arrivare da soggetti privati, incluse banche, fondi pensione, venture capital e investitori a impatto sociale.

La tecnologia giocherà un ruolo cruciale. Il mercato delle soluzioni digitali per la gestione idrica – che include sensori, intelligenza artificiale, reti idriche intelligenti, rilevamento perdite e monitoraggio in tempo reale – è destinato a passare da 37 a 50 miliardi di dollari entro il 2028. Le innovazioni più promettenti riguardano il riutilizzo delle acque reflue, i sistemi di irrigazione ad alta efficienza, la desalinizzazione e la gestione avanzata delle acque piovane in contesto urbano. In città sempre più dense e calde, concetti come le “Sponge Cities” – progettate per trattenere, filtrare e riutilizzare l’acqua piovana – stanno emergendo come modelli replicabili, soprattutto in Asia.

Nel contesto industriale, si registra un cambiamento radicale. Aziende dei settori più diversi – dall’energia alla chimica, dall’agroalimentare al tessile – stanno rivalutando il proprio impatto idrico e la vulnerabilità delle proprie supply chain. Un esempio emblematico è rappresentato dai data center: un impianto da 1 MW può consumare fino a 25,5 milioni di litri d’acqua all’anno solo per il raffreddamento, pari al fabbisogno quotidiano di circa 300.000 persone. Questo mette in evidenza la crescente competizione tra usi industriali, agricoli e civili, con implicazioni dirette sulla coesione sociale e la stabilità territoriale.

Anche la geopolitica si sta ridisegnando attorno all’acqua. Dal 2000 a oggi, i conflitti legati a questa risorsa sono aumentati di oltre il 250%, con episodi concentrati in Africa subsahariana, Asia occidentale e meridionale.

Davanti a questo scenario, il World Economic Forum propone un approccio sistemico che riporti stabilità nel ciclo idrologico globale. Si suggeriscono investimenti collettivi, collaborazioni a livello di bacino e una governance adattiva per affrontare incertezze. Infine, è fondamentale creare un ambiente normativo che favorisca l'innovazione e la collaborazione, garantendo una gestione sostenibile e resiliente delle risorse idriche.

Il ciclo dell’acqua non è più un ambito tecnico da gestire in silos, ma un bene comune globale che interseca ambiente, economia e diritti umani. La resilienza idrica diventa così un obiettivo strategico per il XXI secolo.
Riusciremo a trattare l’acqua come ciò che realmente è – una risorsa insostituibile, condivisa e limitata – oppure continueremo a darle valore solo quando inizia a mancare? Ogni goccia conta, e ogni ritardo rischia di essere fatale.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia