Ci sono marchi che piacciono perché sono "segreti": non fare marketing è alla base della loro strategia
Opinion
Nessuna pubblicità, rarissimi comunicati stampa ed eventi ancor più occasionali e assolutamente vietati agli influencer, sfilate dove non si possono fare foto, nè riprese, loghi poco ingombranti ed etichette sconosciute, almeno alla massa: sono i marchi che scelgono il silenzio, quelli "ultra-confidenziali" che, però, "spaccano". Un po' evoluzione del quiet luxury, un po' reazione al marketing che permea la quotidianità di chiunque, antitesi di collaborazioni "esclusive", operazione commerciali, digital o retail strategy, queste etichette non imperversano sui social ma piacciono assai. Come fanno? Sono segrete, o quasi.
La filosofia che muove il loro marketing? Non fare marketing. E' eccitante indossare qualcosa che non tutti indossano
"Il semplice fatto di avere qualcosa che non tutti indossano eccita la gente. Quello che compri non è necessariamente un capo di qualità estremamente superiore, anzi. Spesso è molto caro per quel che è, ma tu compri il fatto che nessuno riconosce il tuo vestito, tranne le persone che contano per te. Questi marchi hanno capito che non essere da nessuna parte è potente quanto essere ovunque", tuona l'esperta di brand e digital strategy Marie Dardayrol, fondatrice di The Culture Therapist, in un reel. Si tratta di marchi come Kate Spade, Phoebe Philo, The Row, spiega l'esperta.
Ed è stato proprio The Row, nella sfilata del febbraio 2024, a Parigi, presentando la sua collezione autunno inverno 2024 2025, che chiese agli ospiti di astenersi dallo scattare foto o girare video durante il fashion show. "Vi chiediamo gentilmente di astenervi dal fotografare, riprendere e condividere qualsiasi contenuto durante la vostra esperienza", recitava l'invito.
Un cambiamento di rotta, una tendenza in atto
Insomma, un cambiamento di rotta bisognava aspettarselo visti i tempi che corrono e la sovraesposizione di tantissimi marchi.
A confermarlo, qualche settimana fa, anche Claudia D’Arpizio, partner Bain & Company, durante l'Osservatorio Altagamma.
"Dopo l’era dello shopping sfrenato, sono le esperienze e le emozioni a rappresentare oggi il vero motore di crescita del lusso. Il mercato continua a dimostrarsi resiliente, ma non è immune dalle sfide macroeconomiche e si trova a navigare in un equilibrio globale delicato. Per continuare a crescere, i brand dovranno adottare una strategia fondata sulla qualità, sostenuta da disciplina, etica e innovazione. Dovranno puntare su un numero più ristretto di location ad alto impatto, segnando la transizione verso un modello più selettivo e incentrato sull’esperienza", raccontava D'Arpizio, illustrando l'Altagamma-Bain Worldwide luxury market monitor 2025.
I marchi sono chiamati a ristabilire un legame autentico con i consumatori, preservando coerenza e significato
"La prossima fase sarà guidata da qualità, etica e innovazione: meno espansione, più rilevanza. I brand stanno ridefinendo i propri confini, ampliandosi verso territori adiacenti, dal food al wellness, e sono chiamati a ristabilire un legame autentico con i consumatori aspirazionali, preservando coerenza e significato. Il futuro del lusso apparterrà a chi saprà evolvere dalla portata alla precisione, dal seguire le tendenze al dettarle", affermavano D’Arpizio e Federica Levato, senior partner di Bain & Company e autrici del report.
Questo vale sia per i marchi, sia per i multistore dove il criterio di selezione dei brand non è la fama della griffe del lusso ma la qualità e la coerenza tra prezzo di cartellino e qualità del capo.
Tra i multimarca che da molti anni hanno fatto questa scelta di campo figura il torinese San Carlo dal 1973.
Giorgina Siviero, l'imprenditrice che nel 1973 aprì il negozio San Carlo, offrendo il meglio di griffe come Chanel, Armani, Missoni, Gucci, Prada, Issey Miyake, Sonia Rykiel, Yves St Laurent, in anni più recenti si è resa conto che il mondo della moda stava cambiando in rappresentazioni non più compatibili con il suo gusto. Da lì la svolta e la decisione di dissociarsi dai grandi nomi. . Nel libro "Una passione smodata" (Società editrice Allemandi, 416 pagine, 126 illustrazioni, 28 euro) Siviero racconta che da quel momento decise di dedicarsi unicamente alla ricerca di nuovi stili, talenti e tendenze, prodotti inediti da ogni angolo del mondo. Scelte fuori dai soliti percorsi, tralasciando i marchi già conosciuti in favore di proposte che sappiano, non solo, catturare lo spirito del momento, ma durino nel tempo e non siano soggette ad alterazioni esagerate di proporzioni e di linguaggi che l'imprenditrice non accetta.
E' così che nacque il "nuovo" San Carlo, inaugurato nel 2019, situato nel cortile dello storico palazzo Villa a Torino.
A Milano, in via Santa Marta, da 15 anni, Uberta Zambeletti nel suo negozio Wait and See segue una filosofia che vede al centro la cliente, non il brand.
Con la volontà di offrire capi che abbiamo un prezzo medio sotto i 200 euro, mentre quelli più costosi non superano gli 800 euro, Zambeletti seleziona marchi innovativi, freschi, che propongono capi che vanno bene quest'anno ma anche l'anno prossimo e quello dopo ancora. "Moda è una parola che non uso mai, anzi, non faccio moda e non detto legge", ha detto in una recente intervista rilasciata a FashionUnited. Insomma, l'idea delle categorie, "delle etichette" non appartiene all'universo "Wait and See". L'idiosincrasia nei confronti delle "etichette" va di pari passo con quella per le strategie di marketing che coinvolgono le influencer, perchè porterebbero lo store a essere identificato con quella sola tipologia di persona.
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