Servizio civile, il 15 dicembre è la Giornata nazionale. Storia di una data che fece la storia

Dicembre 15, 2025 - 10:24
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Servizio civile, il 15 dicembre è la Giornata nazionale. Storia di una data che fece la storia

Ci sono giorni che fanno la storia. E vale la pena, allora, di conoscere la storia di quei giorni. Uno di questi è il 15 dicembre del 1972: da allora, ricorre in quella data, ogni anno, la Giornata nazionale del servizio civile.

Ma perché? Cosa è accaduto in quel giorno, perché la storia prendesse una nuova direzione? Da quel giorno l’obiezione di coscienza non è più un reato.

Dovranno passare molti anni ancora, prima che la leva militare smetta di essere obbligatoria: intanto, però, sottrarsi all’obbligo diventa possibile e lecito. O meglio, non sottrarsi, ma trasformare quell’obbligo in un impegno civile: perché fino alla sospensione della leva obbligatoria, nel 2005, gli obiettori di coscienza dovranno impegnare un anno nel servizio civile.

Quella dell’obiezione alla guerra e del servizio civile sono quindi due storie intrecciate e parallele al tempo stesso: intrecciate perché nascono l’uno dall’altra, parallele perché vanno nella stessa direzione, che poi è quella della pace. 

Pietro Pinna, il primo obiettore

Ma facciamo un passo ancora più indietro, fino al 1949. È in quell’anno che Pietro Pinna, ventiduenne ligure, primo nella storia, rifiuta il servizio militare obbligatorio per motivi morali e religiosi. Una decisione non facile, soprattutto per la consapevolezza delle conseguenze che dovrà subire.

Articolo di giornale su Pietro Pinna (fonte: www.azionenonviolenta.it)

Il giovane, lasciandosi alle spalle un passato da fascista cattolico, aveva preso servizio presso la Scuola Allievi Ufficiali Complemento di Lecce. Qui inizia a maturare il suo desiderio di compiere una scelta diversa: in altre parole, di fare obiezione di coscienza.

Sarebbe il maggior desiderio mio attuale di disertare la vita militare per obiezione di coscienza Pietro Pinna, lettera ad Aldo Capitini (1948)

Lo confida ad Aldo Capitini, in una lettera del 1948 in cui si trova il seme di quello che, 24 anni dopo, diventerà diritto e legge: «Sarebbe il maggior desiderio mio attuale di disertare la vita militare per obiezione di coscienza. Le sarei veramente grato se volesse dirmi qualche cosa in merito, specie per quanto riguarda le punizioni a cui verrei incontro, sia ora sia in caso di guerra», scrive.

È solo l’inizio di uno scambio epistolare con Capitini, che lo accompagnerà nel duro percorso che dovrà affrontare a causa della sua obiezione. «Sento come moralmente giusto e nobile soltanto dedicarmi a chi soffre, vivendo accanto all’umanità più bisognosa», si legge in una di queste lettere. 

A gennaio dell’anno successivo, la decisione è presa e viene messa nera su bianco: «Faccio noto a codesto Comando di essere venuto nella determinazione di disertare la vita militare per ragioni di coscienza». È la prima, ufficiale dichiarazione di obiezione al servizio militare.

L’obiezione di coscienza è un atto necessario per liberare la società dal peso della violenza e dell’autoritarismo Aldo Capitini

Capitini, da parte sua, non farà mancare il suo appoggio e la piena condivisione della scelta, che definisce in una lettera «un atto necessario per liberare la società dal peso della violenza e dell’autoritarismo», in un’altra «una testimonianza che apre una via nuova alla convivenza civile».

La scelta dell’obiezione, come previsto, non sarà priva di conseguenze: Pinna sarà arrestato e condannato più volte, divenendo così simbolo dei movimenti pacifisti e ricevendo il sostegno dei movimenti nonviolenti e, in particolare, di Aldo Capitini, che lo definirà «fratello maggiore sulla via della nonviolenza».

La Lettera ai cappellani militari

In questo contesto culturale e politico, in particolare nel passaggio dell’obiezione di coscienza da atto di disobbedienza a diritto riconosciuto giuridicamente, un ruolo importante è svolto dalla “Lettera ai cappellani militari”, scritta da don Milani e dai suoi allievi nel 1965.

Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto Don Lorenzo Milani

Il priore e maestro di Barbiana rispondeva, con quella, a un comunicato diffuso da un gruppo di cappellani militari in congedo, i quali criticavano l’obiezione di coscienza come «insulto alla Patria» e la definivano «estranea al comandamento cristiano dell’amore» ed «espressione di viltà». Giusto per citare un passaggio fondamentale della lettera: «Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto».

La lettera costò a don Milani la condanna per “apologia di reato”: non potendo presentarsi in tribunale per motivi di salute, scrisse una memoria difensiva, nota come “Lettera ai giudici”. Qui non fa altro che ribadire e rafforzare la sua difesa convinta dell’obiezione di coscienza e di chi, a proprio rischio, la pratica.

«In quanto alla loro vita di giovani di domani, non posso dire ai miei ragazzi che l’unico modo di amare la legge è obbedirla. Posso solo dir loro che essi dovranno tenere in tale onore le leggi degli uomini da osservarle quando sono giuste», si legge. In altre parole, «l’obbedienza non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni».

È in questo clima culturale e politico che le idee pacifiste e nonviolente si rafforzano, sostenute dall’esempio di figure come Pinna e don Milani, che le hanno manifestate con tanta coerenza e a proprie spese. Tra gli anni Sessanta e Settanta, quindi, queste idee germogliano e prendono forma nella richiesta di una legge che riconosca l’obiezione come diritto. Richiesta che viene accolta e diventa legge, appunto, il 15 dicembre del 1972.

L’obiezione diventa diritto

Con la legge 772/1972, quindi, l’Italia riconosce il diritto all’obiezione di coscienza: da quel giorno, rifiutare il servizio militare non è più reato. Come si legge nell’articolo 1, «gli obbligati alla leva che dichiarino di essere contrari in ogni circostanza all’uso personale delle armi per imprescindibili motivi di coscienza, possono essere ammessi a soddisfare l’obbligo del servizio militare nei modi previsti dalla presente legge. I motivi di coscienza addotti debbono essere attinenti ad una concezione generale della vita basata su profondi convincimenti religiosi o filosofici o morali professati dal soggetto». L’obiezione di coscienza, insomma, è tutt’altro che un disimpegno civile, ma una nuova forma di impegno sociale, morale e civile.

Fare obiezione di coscienza non significa infatti sottrarsi all’obbligo di “difendere” il paese: potranno però farlo in un’altra forma, quella del servizio civile, che nasce quindi insieme a questa legge. «I giovani ammessi ai benefici della presente legge devono prestare servizio militare non armato, o servizio sostitutivo civile, per un tempo superiore di otto mesi alla durata del servizio di leva cui sarebbero tenuti», si legge nell’articolo 5, che possiamo considerare quindi fondativo del servizio civile. 

Negli anni a seguire, arriveranno altre leggi, a rinforzare l’obiezione di coscienza da un lato, il servizio civile dall’altro. Per citare solo i passaggi principali, un importante passo avanti in questa direzione si compirà nel 1998, con la legge 230, che riconosce l’obiezione come espressione della libertà di coscienza, non più come eccezione; e il servizio civile come un vero percorso formativo, sociale, culturale. Spariscono le commissioni giudicanti, si allarga l’accesso alle donne (non per obiezione,  ma per volontariato civile) e il servizio civile inizia a consolidarsi come settore, con il coinvolgimento di enti, associazioni, terzo settore, protezione civile.

Seguirà, nel 2005, la sospensione della leva obbligatoria, che renderà pienamento attivo il Servizio civile nazionale, istituito dalla legge 64/2001. E poi la nascita del Servizio Civile Universale, con il decreto legislativo n. 40 del 2017.

Il servizio civileper una difesa senza armi

Fino ad oggi, quando il servizio civile viene nuovamente valorizzato e rivendicato come strumento di difesa civile senza armi, in un mondo attraversato da venti di guerra e corsa al riarmo, in cui la difesa del paese e dei paesi sembrano essere, di nuovo, solo appannaggio di armi ed eserciti. Fino alla proposta della Cei, negli ultimi giorni, di rendere obbligatorio il servizio civile universale, proprio come strumento di pace.

Il 15 dicembre si celebra, con la giornata nazionale, non solo la nascita dell’obiezione di coscienza e, con questa, del servizio civile, ma anche il primo passo di un’idea che è scritta nella Costituzione, ma che solo a partire dal 1972 iniziò a farsi strada concretamente nel nostro Paese: «La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino». Del cittadino, non del soldato. 

Foto apertura Aliaksei Lepik (Unsplash)

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