Raccolta rifiuti urbani: il Rapporto ISPRA 2025 racconta un Paese che cambia
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Il nuovo Rapporto ISPRA sui rifiuti urbani, elaborato dal Centro Nazionale dei rifiuti e dell’economia circolare, offre anche quest’anno una panoramica dettagliata sulla gestione del ciclo dei materiali nel nostro Paese.
Un documento che, come sottolineano i tecnici dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, vuole mettere a disposizione di tutti un patrimonio informativo completo e aggiornato su un settore cruciale per la transizione ecologica.
L’edizione 2025 raccoglie e analizza i dati relativi al 2024 in modo capillare: dall’intero territorio nazionale fino al dettaglio comunale, passando per regioni, province, aree metropolitane e grandi città. Un monitoraggio capace di restituire non solo la quantità di rifiuti prodotti, ma anche l’efficienza della raccolta differenziata e l’evoluzione delle pratiche di gestione. La serie storica completa – dal 2010 al 2024 – è inoltre consultabile online sul portale del Catasto nazionale dei rifiuti, che rappresenta la fonte ufficiale e costantemente aggiornata.
Una metodologia aggiornata e differenze normative
Dal 2016 la quantificazione dei rifiuti urbani segue le regole introdotte dal decreto del Ministero della Transizione Ecologica del 26 maggio di quell’anno, che ha ridefinito criteri e modalità di contabilizzazione. Un cambio non marginale, perché tali indicazioni non coincidono perfettamente con la definizione di “rifiuto urbano” stabilita dalla direttiva europea 2008/98 e dalle successive modifiche. In particolare, il decreto nazionale inserisce alcune tipologie di materiali inerti provenienti da demolizioni leggere all’interno della raccolta differenziata, ampliando la platea dei rifiuti contabilizzati in questa categoria.
Anche nel 2024 l’Istituto ha dovuto applicare procedure di stima nei pochi casi in cui mancavano dati comunali completi: solo due le municipalità per cui è stato necessario ricorrere a calcoli basati sulla media pro capite provinciale. Un’incidenza minima, pari allo 0,03% del totale nazionale, che conferma un livello di copertura informativa ormai molto elevato. Leggermente più numerosi i casi in cui si è dovuto integrare la raccolta differenziata con i dati dell’anno precedente: appena quattro comuni in tutta Italia, un valore comunque del tutto trascurabile sul piano dei volumi complessivi.
Le fonti: una rete capillare di enti e istituzioni
Per costruire il quadro nazionale ISPRA raccoglie informazioni da una vasta rete di soggetti: Regioni, Agenzie regionali per la protezione ambientale, Comuni, Province e il sistema MUD (Modello Unico di Dichiarazione ambientale). Ogni territorio contribuisce secondo le proprie competenze a comporre un mosaico di dati che, una volta verificati e armonizzati, consente di comprendere in modo trasparente come si muovono i flussi dei rifiuti.
Il lavoro di verifica svolto dall’Istituto prevede inoltre un controllo delle serie storiche comunali, così da individuare eventuali incoerenze. Quando emergono discrepanze, si procede a confrontare le informazioni disponibili con quelle dichiarate attraverso il MUD, scegliendo sempre i dati più affidabili.
Produzione dei rifiuti: nel 2024 torna a crescere
La produzione di rifiuti urbani nel 2024 ha superato i 29,9 milioni di tonnellate, segnando un incremento del 2,3% rispetto all’anno precedente. Un aumento che riporta l’Italia vicino alla soglia dei 30 milioni di tonnellate già superata più volte in passato, prima della contrazione registrata durante il periodo pandemico.
L’andamento degli ultimi quindici anni mostra un mercato fortemente legato alle dinamiche economiche e sociali: il calo tra il 2011 e il 2012 era stato conseguenza della crisi economica, mentre la riduzione del 2020 rifletteva lo stop imposto dal Covid-19 ai consumi e alla mobilità. Diversamente, il biennio 2023-2024 restituisce un quadro di ripresa, coerente con l’aumento – seppur moderato – del PIL e della spesa delle famiglie.
Nel dettaglio territoriale, il Nord rimane l’area con i quantitativi più elevati, mentre il Centro e il Mezzogiorno registrano variazioni più contenute ma significative. Alcune regioni, come Veneto ed Emilia-Romagna, confermano una crescita accentuata, mentre altre – tra cui Puglia e Basilicata – mostrano una sostanziale stabilità.
Utenze non domestiche e nuove pratiche gestionali
Una delle novità più rilevanti riguarda l’aumento dei rifiuti urbani prodotti dalle utenze non domestiche ma gestiti al di fuori del servizio pubblico. Questi flussi, destinati comunque al recupero, concorrono agli obiettivi di riciclaggio ma non rientrano nella tariffazione. Nel 2024 il numero di Comuni che ha fornito dati specifici su tali quantitativi è aumentato di oltre cinque volte rispetto all’anno precedente. Questo elemento, osserva ISPRA, potrebbe contribuire a spiegare parte dell’incremento della produzione totale registrato.
Tra cultura e impianti: le sfide evidenziate da ANCI
Durante la presentazione del Rapporto, ospitata a Roma, Stefano Locatelli – vicepresidente ANCI – ha sottolineato come il documento rappresenti un riferimento imprescindibile per i Comuni nella pianificazione dei servizi ambientali. Locatelli ha ricordato che l’Italia, pur percepita talvolta come in ritardo, ha compiuto progressi importanti: la raccolta differenziata cresce da vent’anni in modo costante e il ricorso agli inceneritori è diminuito sensibilmente, portando il Paese a risultati migliori di diverse realtà europee.
Secondo il rappresentante ANCI, però, la qualità dei dati non basta: serve un lavoro culturale profondo. La presenza di cittadini provenienti da contesti diversi richiede una comunicazione più accessibile e multilingue, e la scuola continua a essere un pilastro per far crescere consapevolezza e buone pratiche.
Un nodo cruciale resta la carenza di impianti, aggravata da timori e opposizioni locali. “Occorre superare la logica del ‘non nel mio giardino’ – ha spiegato Locatelli – perché gli impianti moderni non hanno nulla a che vedere con quelli del passato”. Per i Comuni più piccoli la collaborazione pubblico–privato rappresenta inoltre un elemento strategico, utile a compensare l’assenza di risorse e personale dedicato.
Il ruolo del PNRR e le prospettive future
Locatelli ha richiamato infine l’importanza dei fondi del PNRR, che hanno permesso a numerosi Comuni di realizzare strutture e infrastrutture che altrimenti sarebbero rimaste sulla carta. La sfida dei prossimi anni sarà assicurare la gestione ordinaria di quanto costruito: manutenzione, personale, costi di esercizio.
“Servono impianti, servono sinergie e serve cultura” ha concluso. “Se i cittadini non comprendono alcune scelte, significa che non siamo stati capaci di spiegarle”.
Raccolta rifiuti urbani: il Rapporto ISPRA 2025
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