Delpini all’Istituto dei Ciechi: «Il bisogno dell’altro chiede la risposta di tutti»
L'Arcivescovo con Rodolfo Masto (Agenzia Fotogramma)Una festa della generosità, dell’amicizia civica e della civiltà che costruisce il bene e la solidarietà. Per i 185 anni dell’Istituto dei Ciechi di Milano, la grande e storica Sala Barozzi non riesce a contenere tutti coloro che non hanno voluto mancare all’appuntamento con questo importante “compleanno”. Sottolineato dalla presenza, in prima fila, dell’Arcivescovo, del sindaco Giuseppe Sala, del presidente della Regione Attilio Fontana, del presidente dell’Istituto Rodolfo Masto, che ha animato l’evento, del prefetto Claudio Sgaraglia, del presidente nazionale dell’Unione Italiana Ciechi Mario Barbuto, di autorità militari e civili. Tanti i volti noti (riuniti anche in un vicino spazio videocollegato) e la gente comune, i benefattori, gli utenti e chi quotidianamente opera all’interno dell’Istituto.

Una serata, insomma, all’altezza della vicenda gloriosa dell’ente, vissuta tra riflessione, musica – particolarmente apprezzata la Fanfara dei Carabinieri che ha eseguito diversi brani – e anche un bel video che ha ricostruito la storia dell’Istituto fin dalla sua fondazione. Così come farà, secondo quanto ha annunciato Masto, il volume edito l’anno prossimo con il titolo Dalla parte del bene. I benefattori dell’Istituto dei Ciechi di Milano. Realtà che oggi, con il riallestimento dei percorsi museali, tra cui quello del primo museo del Braille, e iniziative di grande successo come «Dialogo nel buio» con i suoi 5 milioni di visitatori, o la «Cena e l’Aperitivo al buio», il teatro e le attività per famiglie e bambini, si pone come un vero e proprio polo culturale nella città.
Preziosissimo anche l’archivio storico, che conserva i nomi dei benefattori – «dal grande patriziato lombardo a chi viveva nelle case a ringhiera», come ha detto ancora il Presidente – dal quale emergono anche figure difficili da immaginare, come la principessa Sissi che, per le sue nozze con l’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe, donò una cospicua somma di denaro, rimanendo sempre in contatto con l’Istituto, o il figlio di Mozart, Carlo, che come impiegato contabile viveva a Milano e che lasciò tutto all’ente, suo erede universale.

Il legame profondo con la Chiesa ambrosiana
Dalla pagina del Vangelo del cieco nato, per cui i discepoli chiedono a Gesù di chi sia il peccato che ne ha causato la disabilità, si avvia l’intervento dell’Arcivescovo che ricorda anche le sue molte visite all’Istituto.
«La domanda sbagliata dei discepoli ottusi è che una disabilità sia frutto di una qualche colpa. Le altre nostre domande sbagliate sono: “Perché Dio mi ha fatto questo, mi ha mandato questa disgrazia, questo incidente?”. Il Signore contesta duramente l’idea che Dio possa essere all’origine di un male. Per quanto la mentalità pagana continui ostinatamente a porsi tali interrogativi, bisogna avere un’altra prospettiva». In primis, «che il bisogno dell’altro diventa una chiamata per ciascuno di noi e chiede una risposta, così come ha fatto e fa l’Istituto. Il bisogno dell’altro è un’invocazione. I primi direttori qui sono stati dei preti e questo testimonia dell’attaccamento e interesse per questa realtà. Ma se questa è stata una fase della sua storia, oggi non si tratta di fare beneficenza, ma di dire che la società è costituita dal fatto che ciascuno offre il suo contributo. Tutti abbiamo la responsabilità di costruire questa città e questa società. In tale contesto, penso che le esperienze al buio siano particolarmente educative per i giovani e gli adolescenti perché la diffusione della sensibilità può rendere migliori le persone. Incoraggio perché cresca questa cultura, che mi pare la condizione perché la città non sia un agglomerato di persone che hanno solo pretese, ma una comunità in cui aiutarsi a vicenda».

Il Sindaco e il Presidente della Regione
«Nell’Istituto, il lavoro è teso a dare un’opportunità a tante persone, ma anche a convincere tutti noi che è inutile un atteggiamento paternalistico. Serve, invece, far sentire anche i più fragili cittadini di serie A: per questo è fondamentale l’inserimento professionale», osserva, da parte sua, il sindaco Sala che richiama la presenza in Expo del «Mercato al buio»: «Quando iniziammo Expo decidemmo di puntare la comunicazione su un passaparola virtuoso e ha funzionato. Anche oggi c’è bisogno ovunque di un passaparola che si faccia portatore di un messaggio di speranza, per raccontare il tanto bene che si fa. Porto qui il ringraziamento di tutti i milanesi»
Dopo la lettura del messaggio inviato dalla ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli, è la volta di Fontana che, come sindaco di Varese, inaugurò uno dei primi musei tattili: «È un grande onore, un piacere e un orgoglio per la nostra Regione avere l’Istituto, perché avete saputo accogliere e innovare per far sì che molte persone possano sentirsi, a tutti gli effetti, membri attivi della comunità. Regione Lombardia ha contatti costanti con questo Istituto attraverso la realizzazione di progetti che ci danno gioia ed entusiasmo. Auguro una vita piena di successo come è stato in questi suoi primi 185 anni».

Una “Casa della luce” a Milano
Infine, Barbuto articola la vicenda dell’Istituto in tre fasi. «La prima – dalla fondazione alla grande guerra quando nasce l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti -, che è quella della pietà nel senso più nobile della parola, ossia dell’attenzione a chi viveva la disabilità nell’indigenza. Poi, la strutturazione dell’azione filantropica che diventa strategia sistematica e nella quale l’ente assume un ruolo di guida per l’istruzione dei non vedenti. Terzo, il supporto in un percorso che è stato ed è tutt’ora è difficile». Arriva anche un annuncio. «Tra 6 città d’Italia, Milano è stata scelta per ospitare, dal 2026, una grande azione di sostegno all’autonomia dei non vedenti con una “Casa della luce” che l’Unione realizzerà in collaborazione con il Ministero della Disabilità per la promozione della vita indipendente. I nostri occhi sono aperti sul futuro e questo Istituto ci aiuterà a tenere aperti quegli occhi».
I brevi interventi dei benefattori di oggi – da Pirelli a Pellegrini, passando per l’attore Gianfelice Facchetti (figlio dell’indimenticabile Giacinto), che all’Istituto anima «Teatro al buio» – suggellano la serata.
In ultimo, Masto lancia un appello, dopo aver donato dei piccoli pannelli che ricostruiscono in maniera tattile la facciata di Palazzo Marino a Sala, dell’Arco della Pace a Fontana e del Duomo all’Arcivescovo: «Oggi le opere d’arte nei Musei non si possono più toccare, ma nulla può sostituire la percezione tattile. Aiutateci in questa battaglia».
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