Delpini: «Uomini che si fanno avanti per aggiustare il mondo»



«Un segno che la Chiesa c’è e vive di una grazia invincibile anche tra le ostilità e le indifferenze». Un segno di gioia e di speranza, perché «mentre imperversa la retorica del declino a proposito della Chiesa, dell’occidente, dell’umanità, loro si fanno avanti e dicono: “fatevi avanti anche voi”».
Loro sono gli 11 candidati al sacerdozio, ai quali si aggiunge un appartenente all’Istituto dei Figli di Maria Immacolata (Pavoniani), che l’Arcivescovo ordina presbiteri, nella stessa giornata in cui lui stesso festeggia i suoi 50 anni esatti di Messa.
Accanto a monsignor Delpini, in altare maggiore, 7 vescovi – il vicario generale, gli ausiliari, i monsignori Pace e Sangalli, giunti da Roma, Torriani, arcivescovo di Crotone-Santa Severina –, e 35 sacerdoti, tra cui i superiori del Seminario, con il rettore don Castagna, il superiore provinciale dei Pavoniani, padre Dall’Era, i vicari episcopali, i canonici del Capitolo metropolitano. E, poi, moltissimi altri sacerdoti, i parenti dei giovani, i fedeli delle loro comunità di origine, gli amici in un Duomo gremito di tanti giovani. Tutti riuniti per vivere l’emozione di un momento unico, per importanza ecclesiale, umana e suggestione, stringendosi intorno a coloro che hanno scelto di dire il loro “Eccomi”, facendosi, appunto, avanti.
«Mentre si percepisce l’imminenza del fallimento della missione, delle iniziative di pace, di fraternità, di restituzione alla vita buona della convivenza, loro si fanno avanti per rendersi disponibili ad annunciare la vocazione di tutti ad essere fratelli e sorelle», scandisce il vescovo Delpini nell’omelia, dopo la presentazione e l’elezione dei candidati.
Uomini che si fanno avanti
«Nel clima pervasivo di scetticismo e depressione che insidia tutte le generazioni e smentisce che la vita sia desiderabile, loro si fanno avanti per dire: “ci mettiamo in cammino per essere testimoni della gioia di vivere, di dare vita, di mettere mano all’impresa di aggiustare il mondo”. Mentre èdiffusa l’idea di tirarsi indietro, di chiudersi nel proprio nido rassicurante, loro si fanno avanti per le necessità della Chiesa». Così come hanno fatto Gesù e Paolo che, «alla vigilia di quelle che appaiono come la sconfitta e la condanna, hanno detto che vale la pena fare della propria vita un dono per la Chiesa e per il mondo».
Persone, certamente, consapevoli e non degli eroi solitari. «Sono forse uomini superiori, dotati di straordinario coraggio e di doti e competenze sovrabbondanti? No, piuttosto dichiarano la loro fragilità e la sproporzione che avvertono rispetto alla missione da compiere».
«Sono un gruppo modesto» – non si nasconde l’Arcivescovo – ma «non sono ingenui che si fanno avanti in un momento di entusiasmo: sono uomini che si sono messi in dialogo con la Chiesa che li ha generati e che si sono consegnati con fiducia, nel cammino di discernimento, agli educatori li hanno accompagnati».
Uomini liberi uniti nel presbiterio diocesano
Proprio per questo i candidati si fanno avanti. «Vediamo una Chiesa imperfetta, ma viva; amiamo la Chiesa ferita, ma fecondata dal sangue di martiri innumerevoli; vorremmo far parte di un presbiterio, di un clero segnato anche da fragilità e inadeguatezza, ma dedicato, senza presunzione, miracoloso, senza ostentazione. Di questo presbiterio, di questa Chiesa sentiamo il fascino. Questi candidati hanno la modestia di riconoscere che solo il Padre li può consacrare, rendere totalmente liberi, renderli suoi, renderli veramente e per sempre figli nel Figlio».
Da qui la conclusione. «Questi nostri fratelli si fanno avanti, dunque, perché vengono da una Chiesa viva, perché sanno della preghiera di Gesù che li consacra nella verità, dell’opera dello Spirito che li raduna nell’unità. Si fanno avanti, ma non come eroi solitari. Piuttosto desiderano, pregano che lo Spirito li renda fratelli e uniti nel presbiterio diocesano, dentro la Chiesa, perché sanno che c’è una sola via convincente per la missione: la comunione che si fa servizio. Si fanno avanti e dicono a tutti noi: “fatevi avanti anche voi”».
Poi, gli impegni degli eletti e la promessa di obbedienza con il “Sì, lo voglio” e il “Sì, lo prometto”, scanditi all’unisono dagli ordinandi che si prostrano, subito dopo, ai piedi dell’altare maggiore per le Litanie dei Santi, l’Imposizione delle mani nel silenzio della Cattedrale e la Preghiera di Ordinazione, la Vestizione degli abiti sacerdotali, l’Unzione delle mani con il sacro crisma da parte dell’Arcivescovo, la consegna del calice e della patena e lo scambio della pace anche con i familiari commossi.
E, prima dell’applauso che accompagna la processione finale, c’è ancora tempo per sottolineare i 50 anni di Messa del vescovo Delpini – a lungo anche lui applaudito – che, come dice il vicario generale, monsignor Franco Agnesi, verrà festeggiato dall’intera Diocesi nella solennità del Corpus Domini con una processione dalla basilica di Santo Stefano Maggiore alla Cattedrale. Peraltro nella stessa giornata, il 19 giugno, nella quale verranno anche comunicate le destinazioni pastorali dei preti novelli.
Infine, arriva ancora un grazie dall’Arcivescovo che si fa anche voce del cardinale Angelo Scola, resosi presente, con un messaggio «di vicinanza e preghiera», agli ormai sacerdoti novelli «per la grande importanza della loro scelta».
Non manca un pensiero alla prossima convocazione dei Vescovi italiani da parte del Papa, il giorno 17 giugno. «Io avrò, così, l’occasione per dirgli “Sappia Santità che, a Milano, 12 uomini si sono fatti avanti per il servizio presbiterale e lui ci sentirà vicini», spiega il vescovo Delpini, rivolto a quei sacerdoti da pochi momenti che, emozionati, salgono per un saluto informale in episcopio, per poi, ridiscendere tra la massa della gente che li accoglie con un tifo quasi da stadio, striscioni coloratissimi, cori, e il classico lancio in aria.
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