Giovani, vincitori in speranza



Non manca la speranza tra i giovani. Ma certamente ha bisogno di essere portata alla luce, di essere letta tra le pieghe della vita interiore, o di essere riconosciuta nei gesti e nelle storie degli altri. Perché diventi, almeno un po’, un sentimento condiviso.
È, in fondo, il compito degli artisti. Ed è la sfida che hanno raccolto una cinquantina di giovani e giovanissimi della diocesi ambrosiana, partecipando con i propri lavori (canzoni, testi, dipinti o animazioni) al concorso «Hope», indetto dalla Pastorale Giovanile, e presentati con successo nella serata di sabato 21 giugno a Lecco, nonostante la tromba d’aria che si è abbattuta sulla città. A fare la parte del leone, tra i vincitori sono stati gli studenti del liceo artistico di Cesano Maderno. Con opere, però, tutt’altro che accademiche, ma mosse anzi dall’urgenza interiore alla speranza (le opere vincitrici si possono vedere a questo link).
Una luce nel buio
Per Martina Bassani, che in una tavola a olio ha dipinto una mano che allo stesso tempo anela ed è attraversata dalla luce, il punto di partenza è stato una considerazione di carattere collettivo: «Nel contesto in cui stiamo vivendo, e in cui certamente non regna la pace, il tema della speranza tocca tutti noi giovani», riflette, aggiungendo che per lei, ispiratasi soprattutto a quella luce divina che attraversa i dipinti di Caravaggio, la speranza è «qualcosa di intimo, di molto personale, una luce che è dentro di noi e che cerchiamo come un appiglio sicuro quando vediamo un po’ tutto buio». Allo stesso tempo, Martina nota che si possono trovare motivi di speranza in chi compie gesti semplici, gentili: «In un mondo in cui tutti siamo un po’ offuscati dall’egoismo, vedere che queste persone non sono scomparse mi fa dire che “ce la possiamo fare”».
La pace in un petalo
Racconta una storia collettiva anche Artem Kyshlar, diciottenne ucraino arrivato in Italia controvoglia pochi mesi dopo l’inizio della guerra. Aveva già vissuto nel nostro Paese fino agli otto anni, ma, una volta tornato in Ucraina, non avrebbe voluto lasciare le amicizie e la vita che ormai si stava costruendo. In un’animazione in bianco e nero intitolata «Ultimo petalo», con schizzi dal tratto dolce, ma allo stesso tempo deciso, Artem fa intrecciare la vita di un fiore con quella di una coppia la cui vita felice è spezzata dalla guerra. «Avevo già dei bozzetti pronti, e quando ci è stato presentato il concorso ho subito pensato all’Ucraina – racconta -. «Leggo notizie e storie dal mio Paese, e anche gli amici che ho ancora là mi hanno incoraggiato a creare questo video, perché così avrei raccontato a tutti quello che sta succedendo. Aver visto la guerra, anche solo nei suoi primi mesi, mi ha fatto riflettere su quali sono i veri valori della vita», testimonia Artem. L’ultimo petalo rappresenta, naturalmente, la speranza che la guerra finisca, così come Artem spera di poter tornare in Ucraina. Anche se, rassicura, «ormai mi sono abituato a stare in Italia».
Scrivere di un dolore
È un’esperienza davvero privata e personale, invece, quella messa in parole da Sofia De Iaco. Tanto che, al momento della premiazione, sabato sera, non se l’è sentita di presentare personalmente la sua poesia. «Ma è stato commovente – testimonia la diciassettenne – sentirla leggere davanti a tante persone: ho visto che stavano ascoltando realmente quanto avevo scritto, stavano mettendosi nei miei panni, e questo un po’ mi ha tranquillizzato». «Tre anni fa mio papà è volato in cielo. Il tema della speranza mi è dunque molto caro per questo», confida Sofia, che nel suo testo intitolato Ritrovarti scrive del padre: «È stato davvero duro, ma ho imparato a cercarti nella mia vita […]. Quindi sì, speranza». «Mi sono stati accanto la mia famiglia, i miei amici, il don dell’oratorio – ricorda Sofia -. Ascoltare le esperienze degli altri, anche se magari erano solamente simili alle mie, mi ha aiutato a capire come affrontare il mio dolore, e a scriverne. Spero quindi che anche altri, leggendo questo testo, possano non perdere la speranza, perché non sono soli».
Un cammino di fede
Tra i venti e i trent’anni di età, sabato sera sono stati i vincitori più anziani i ragazzi dei Diorama, che con il loro gruppo musicale, nato da esperienze comuni al Pime, raccontano la propria vita e il cammino di fede. Loro non lo sanno, cantano nel brano, perché – spiega Raffaella Montani, autrice del testo – spesso la speranza «resta un po’ nascosta: te ne accorgi dopo, quando guardi indietro al cammino fatto». Intanto, però, i Diorama hanno colto la speranza nelle vite di tanti ragazzi che conoscono di persona: da Momo (che «zero lingua, ma tira su palazzi da maragià») a Sara, che è «da due anni in quinta e non si dispera», inseguendo comunque il sogno di diventare una hostess. «Ci sono momenti di sconforto anche quando si scrive il brano, che in quel momento è solo tuo – fa notare Raffaella -. Momenti in cui pensi “chissà…”. Poi, quando lo presenti e hai un ritorno positivo, tutto viene ripagato».
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