Gaza. L’ONU denuncia la morte di oltre 650 palestinesi ai punti di distribuzione aiuti

di Giuseppe Gagliano –
Nella Striscia di Gaza la crisi umanitaria ha raggiunto un nuovo livello di brutalità. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) ha denunciato la morte di almeno 613 palestinesi, uccisi nei pressi dei punti di distribuzione degli aiuti gestiti dalla Gaza Humanitarian Foundation (GHF), una rete sostenuta da Israele e Stati Uniti. Un bilancio già tragico, che secondo il Ministero della Salute di Gaza potrebbe essere ancora più alto: oltre 650 morti e più di 4mila feriti.
Dietro questi numeri si cela una strategia spietata: quella di trasformare la fame e la disperazione in strumenti di guerra. La GHF, pur presentata come un’iniziativa umanitaria, è accusata dalle organizzazioni per i diritti umani di essere tutt’altro che neutrale. Amnesty International ha parlato apertamente di “uso sistematico della fame come arma di guerra” e di una campagna di sterminio lenta, che la stessa ONG ha definito “genocidio a Gaza”.
Le testimonianze provenienti da Khan Younis e da altre aree della Striscia raccontano di civili colpiti deliberatamente: cecchini israeliani che sparano su folle in attesa di cibo, droni che bombardano famiglie accampate sotto tende di fortuna, raid aerei su zone classificate come “umanitarie”. La cosiddetta area sicura di al-Mawasi, designata da Israele, si è trasformata in una trappola mortale.
Il portavoce della difesa civile di Gaza, Mahmoud Basal, ha descritto la situazione come un “macello di esseri umani”. L’OHCHR, da parte sua, ha lanciato un’allerta sui rischi di carestia e di diffusione di epidemie, aggravati dal blocco totale delle forniture di carburante che ha paralizzato servizi essenziali come acqua e elettricità.
L’ex capo della diplomazia europea Josep Borrell non ha usato mezzi termini: in un messaggio pubblicato su X ha accusato Israele di “pulizia etnica” e denunciato la “complicità silenziosa” dell’Unione Europea. Ha parlato di “mercenari statunitensi” impiegati nei punti di soccorso della GHF e di crimini che richiederebbero una risposta immediata da parte della comunità internazionale.
Tuttavia, a Bruxelles come a Washington prevale l’immobilismo. I negoziati per un cessate il fuoco proposti dagli Stati Uniti avanzano lentamente, mentre sul terreno la violenza prosegue senza tregua. La fame, il colera e gli sfollamenti forzati stanno ridisegnando la demografia di Gaza, secondo un modello che ricorda le pagine più oscure della storia contemporanea.
La vicenda dei punti di distribuzione degli aiuti rivela la nuova dimensione delle guerre moderne: non più solo missili e carri armati, ma il controllo totale su risorse vitali come cibo, acqua e assistenza sanitaria. In questo quadro, le ONG stesse diventano attori geopolitici, strumenti di influenza e, talvolta, armi non convenzionali.
Gaza, ormai ridotta a un’enclave di macerie, è lo specchio di un mondo in cui le regole del diritto internazionale vengono sistematicamente ignorate. E la domanda che si impone, ancora una volta, è se l’inerzia dell’Occidente non rappresenti una forma di complicità morale.
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