Separazione delle carriere, c’è il via libera del Senato

Ieri mattina il via libera dell’Aula del Senato all’articolo 2 del ddl sulla riforma costituzionale della separazione delle carriere dei magistrati. Il testo modifica l’articolo 102 della Costituzione precisando che le norme riguardanti la magistratura “disciplinano altresì le distinte carriere dei magistrati giudicanti e requirenti”. Tutte respinte, in precedenza, le proposte emendative delle opposizioni. Il dibattito riprenderà martedì, dopo che una nuova capigruppo deciderà il calendario dei lavori e quindi, di conseguenza, se prevedere un contingentamento dei tempi, negli ultimi giorni scongiurato benché sia stato applicato il cosiddetto ‘canguro’. L’approvazione definitiva è comunque prevista entro le prime due settimane di luglio. Il testo poi verrà discusso alla Camera da settembre con l’inizio della seconda fase di deliberazione.
Il risultato di ieri è scontato, ma rappresenta comunque una tappa importante per i sostenitori della riforma. “Oggi (ieri, ndr) abbiamo mosso un altro, decisivo passo verso quel cambiamento epocale che renderà concreti, anche per l’Italia, i presupposti del giusto processo. Forza Italia persegue da sempre questo obiettivo e sente che questa è davvero la volta buona per raggiungerlo e realizzarlo”, ha dichiarato il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto. Ha ribadito il vicepremier Antonio Tajani: “Non è un segnale contro i magistrati, ma esalta il ruolo del giudice: vogliamo che i magistrati non siano divisi per categorie politiche, perché danno un servizio al cittadino e quindi è importante la non politicizzazione. Basta con le correnti”. Soddisfazione anche da parte di Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari, capigruppo della Lega al Senato e alla Camera: “Il via libera arrivato dal Senato alla separazione delle carriere dei magistrati rappresenta un importante passo in avanti per tutti. Un’imparzialità che la Lega chiede da tempo, e che restituirà all’intera categoria dei magistrati credibilità agli occhi dell’opinione pubblica. Solamente se i cittadini torneranno a credere alla terzietà dei giudici, torneranno a credere anche nella giustizia”. Addirittura di “alba di una nuova civiltà” ha parlato il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia.
Critiche ovviamente dalle opposizioni, che in queste settimane hanno fatto un pesante ostruzionismo: sono stati presentati infatti oltre 1300 emendamenti. Secondo il senatore dem Dario Parrini, vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali, “lo sdoppiamento delle carriere e dell’organo di autogoverno della magistratura, già ampiamente criticato, è a mio avviso la principale causa dei danni che questa riforma può arrecare. Dividere le funzioni tra magistrati requirenti e giudicanti, creando due organi distinti di autogoverno, rischia di minare gli equilibri fondamentali che garantiscono l’indipendenza della magistratura”. Mentre il senatore dell’Alleanza Verdi e Sinistra Tino Magni ha affermato: “Avremmo voluto discutere di come il nostro sistema giudiziario garantisce il diritto alla difesa, o della lunghezza dei processi. Ma niente, alla destra non interessa dei processi giusti, vuole solo colpire l’autonomia della magistratura e creare una casta di pubblici ministeri, con un proprio Csm. Il nostro Paese ha bisogno di giustizia, non del pubblico ministero poliziotto sottomesso alla politica”.
L’Aula di palazzo Madama è poi passata all’esame dell’articolo 3, senza però concluderlo. Si tratta della previsione del sorteggio per i membri togati e laici del Csm. Con questo meccanismo “per comporre il Csm ci si affida allo Spirito Santo”, ha criticato il senatore dem Graziano Delrio, che ha aggiunto: “Questo sorteggio vale non solo per i togati ma anche per i laici: non solo evochiamo lo Spirito Santo ma anche tutti i santi del paradiso per poterci proteggere da qualche inconveniente o da qualche inghippo”. Sull’approvazione dell’articolo 2 del ddl Nordio si è espresso anche Cesare Parodi, presidente dell’Anm: “Non ci aspettiamo assolutamente sorprese in questo senso. Fin dall’inizio, abbiamo capito che non c’era nessuna volontà o possibilità di modifica del progetto originario e a maggior ragione aspettiamo quello che sarà verosimilmente l’esito del referendum per capire se questo progetto, queste intenzioni, saranno avvallati dalla maggioranza dei cittadini”.
Ma quando ci sarà il referendum? Se è vero che ai fini della seconda deliberazione si passa direttamente alla votazione finale senza esaminare gli articoli (non sono ammessi emendamenti, questioni pregiudiziali e sospensive, né richieste di stralcio, né ordini del giorno), è altrettanto vero che se governo e maggioranza non vogliono allungare troppo i tempi, devono riuscire a chiudere l’iter parlamentare prima che inizi la discussione sulla legge di Bilancio. Altrimenti si rischia che il referendum non si tenga, come auspicato da Nordio, a inizio 2026, ma a primavera inoltrata.
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