Ho smesso di allenarmi in vacanza per 2 settimane: ecco cosa è successo e perché non lo rifarei più

Sembrava la scelta più logica: relax totale, zero impegni. Ma dopo due settimane senza allenamento, il mio corpo (e la mia mente) mi hanno dato una lezione inaspettata.
Ho deciso di staccare davvero. Non solo dal lavoro, dagli orari e dalle notifiche, ma anche dall’allenamento. Niente workout, niente camminate, neanche lo yoga del mattino. Per due settimane in vacanza ho scelto di non muovermi. Non per pigrizia, ma per una sorta di curiosità: volevo capire come sarebbe cambiato il mio corpo senza quella routine costante. I primi giorni sono stati esaltanti. Più tempo, più lentezza, più sonno. Ma poi ho iniziato a sentire piccoli segnali che, messi insieme, hanno composto un quadro diverso. E non proprio piacevole.
Il gonfiore, la pelle più spenta, la fatica nel digerire sono arrivati quasi in silenzio. Ma quello che mi ha colpita di più è stato un certo tipo di stanchezza strana, come se il mio corpo avesse perso l’abitudine a caricarsi. Il sonno peggiorato, il nervosismo che non sapevo spiegare, quella sensazione latente di essere più pesante nonostante le giornate leggere. Niente di grave, certo. Ma sufficiente per farmi dire che no, non lo rifarei più.
Perché smettere di allenarsi in vacanza sembra una buona idea (ma non lo è)
Dopo una settimana senza nessuna attività, la perdita di tono muscolare si nota anche solo scendendo le scale. I muscoli non rispondono più con la stessa reattività, anche se il corpo esternamente non cambia poi tanto. Le ricerche dicono che bastano sette giorni per iniziare a perdere forza e massa magra, soprattutto se si era costanti prima.
Il metabolismo si assesta subito su una modalità più lenta. Non ti accorgi subito, ma lo senti. Mangi come sempre, ma non hai la stessa energia. Il corpo brucia meno e si accumulano piccole tossine, che normalmente elimineresti muovendoti. Risultato: ci si sente più gonfi, più pesanti, meno lucidi.
Quello che non si vede subito è forse ancora più impattante. La mente inizia a perdere ritmo. E non tanto per il riposo, ma per la mancanza di quell’appuntamento quotidiano con se stessi che l’allenamento rappresenta. Si scivola in una specie di torpore che non è relax. Una sorta di apatia mascherata da riposo. Più passano i giorni, più si fa fatica a ritrovare la motivazione. L’effetto “riparto da zero” diventa reale, perché si spezza un’abitudine costruita con fatica. E il senso di colpa, che magari i primi giorni non c’è, arriva poi a raffica, soprattutto al ritorno.
Oggi so che non serve rinunciare completamente per ricaricarsi. Che tenere un minimo di movimento attivo è un atto di cura, non una costrizione. Se tornassi indietro, mi ritaglierei dieci minuti al giorno per qualcosa di leggero: una camminata, uno stretching, qualche esercizio a corpo libero. Nulla di impegnativo, solo per non perdere il contatto con il mio corpo. In vacanza si ha più tempo, e quel tempo può essere usato anche per sperimentare cose nuove.
Con gli anni ho imparato che mantenere la continuità è più importante dell’intensità. Una routine leggera è sostenibile anche in viaggio. Esistono app con workout brevi, video gratuiti ovunque, esercizi da fare sul terrazzo o in camera. Gli elastici da allenamento stanno in valigia, pesano pochissimo. Camminare, ballare, nuotare: tutto conta. Anche scrivere un piano prima di partire può aiutare.
L’importante è non mettere l’attività fisica in pausa, ma solo cambiarle ritmo. E non aspettare di tornare per ricominciare, perché il corpo non dimentica, ma nemmeno aspetta.
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