In Italia e nell’Eurozona la manifattura torna a crescere, ma è solo la domanda interna a trainare

Settembre 2, 2025 - 16:30
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In Italia e nell’Eurozona la manifattura torna a crescere, ma è solo la domanda interna a trainare

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In Italia e nell’Eurozona la manifattura torna a crescere, ma è solo la domanda interna a trainare



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L’indice PMI sul manifatturiero italiano torna in zona positiva per la prima volta dopo quasi 18 mesi, trainato dalla crescita della produzione e dall’aumento della domanda interna, a fronte di un calo dell’export. Simile l’andamento anche nel resto dell’Eurozona…

Pubblicato il 1 set 2025



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Il settore manifatturiero italiano torna in territorio positivo per la prima volta da quasi un anno e mezzo. L’indice HCOB PMI (Purchasing Managers’ Index), elaborato da S&P Global, si è attestato a quota 50.4, superando i 49.8 di luglio e, soprattutto, il valore di 50 che rappresenta il confine tra aspettative positive e negative. Un segnale incoraggiante, dunque, seppur fragile, che riflette una dinamica simile a livello europeo: l’indice composito dell’Eurozona ha infatti segnato 50.7, il valore massimo da 38 mesi a questa parte. A sostenere questa ripresa è però quasi esclusivamente la domanda interna, mentre il fronte dell’export continua a mostrare segnali di debolezza.

La performance italiana è stata sostenuta principalmente da un aumento significativo dei volumi di produzione, il più marcato registrato negli ultimi due anni e mezzo. L’espansione totale dei nuovi ordini è stata invece solo lieve, frenata da un netto calo delle vendite sui mercati internazionali. Come sottolineato dagli analisti di Hamburg Commercial Bank, la tendenza di contrazione dei nuovi ordini esteri si estende così a quasi due anni e mezzo: le tensioni commerciali e geopolitiche sono, a giudizio delle aziende, i principali ostacoli.

Come è fatto e che cosa dice l’indice PMI

Per comprendere a fondo il significato di questi dati, è utile capire come viene costruito l’indice PMI. Il Purchasing Managers’ Index è un indicatore composito che mira a fornire una fotografia tempestiva dello stato di salute di un settore economico. Si basa su indagini mensili condotte presso un campione di responsabili degli acquisti di aziende private. A questi manager viene chiesto di valutare l’andamento di alcuni parametri chiave rispetto al mese precedente: nuovi ordini, produzione, occupazione, tempi di consegna dei fornitori e scorte degli acquisti.

A ciascuno di questi cinque indicatori viene assegnato un peso specifico per calcolare l’indice finale: nuovi ordini (30%), produzione (25%), occupazione (20%), tempi di consegna (15%) e giacenze di magazzino (10%). Il risultato è un numero su una scala da 0 a 100. Un valore superiore a 50 indica un’espansione dell’attività manifatturiera, mentre un valore inferiore a 50 segnala una contrazione. La sua tempestività lo rende uno degli indicatori più seguiti da analisti, banche centrali e decisori politici per anticipare i cicli economici.

Le implicazioni per l’industria italiana

Nonostante il ritorno in zona di espansione, il quadro per l’industria italiana presenta ancora diverse ombre. La crescita della produzione, superiore a quella dei nuovi ordini, ha portato a una rapida diminuzione del lavoro inevaso. Di conseguenza, le aziende hanno ridotto, seppur marginalmente, i livelli occupazionali. Questo scenario, unito a una fiducia delle imprese scesa al minimo da quattro mesi, dipinge un quadro di cautela. “Sebbene la riduzione dell’organico sia stata lieve, ha coinciso con un notevole calo della fiducia delle imprese – ha commentato Nils Müller, Junior Economist presso Hamburg Commercial Bank (HCOB) – evidenziando quindi un debole ottimismo tra le aziende manifatturiere”.

Le imprese rimangono prudenti anche nella gestione delle scorte, riducendo gli acquisti di materie prime e semilavorati al ritmo più rapido del 2025. Un altro dato che suggerisce criticità persistenti nelle catene di approvvigionamento è l’allungamento dei tempi di consegna dei fornitori, nonostante una domanda di fattori produttivi contenuta. Sul fronte dei prezzi, si registra un lieve calo sia dei costi di acquisto, grazie alla discesa dei prezzi energetici, sia dei prezzi di vendita, indicando pressioni inflazionistiche contenute.

Uno sguardo all’Eurozona

Allargando l’analisi all’intera Eurozona, la ripresa appare diffusa, anche se caratterizzata da velocità diverse. L’indice HCOB PMI manifatturiero dell’area euro è salito a 50.7, spinto dal più forte aumento della produzione da marzo 2022. La crescita è trainata in particolare da Grecia (54.5) e Spagna (54.3), che mostrano riprese robuste. Anche Francia, Paesi Bassi e Irlanda segnano modesti miglioramenti. La Germania, la più grande economia del blocco, pur rimanendo sotto la soglia di espansione con un valore di 49.8, registra il suo miglior risultato da 38 mesi e si avvicina alla stabilità.

Come per l’Italia, anche a livello europeo la ripresa è sostenuta dalla domanda interna, che compensa il calo delle esportazioni. “Il miglior antidoto contro i dazi statunitensi potrebbe essere in realtà quello di rafforzare la domanda interna, che include i mercati intra UE”, ha affermato Dr. Cyrus de la Rubia, Chief Economist presso Hamburg Commercial Bank. Questa dinamica pone una sfida strategica per le politiche industriali europee: in un contesto globale incerto, il mercato unico diventa un asset ancora più fondamentale per garantire la resilienza e la competitività delle imprese. La resilienza dimostrata dal settore, che aumenta produzione e ordini nonostante le tensioni globali, è un segnale di forza, ma la ripresa rimane fragile e fortemente dipendente dalla capacità dell’Europa di stimolare la propria domanda interna.

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Redazione Redazione Eventi e News