Meloni prepara la propaganda militante con cui ci intratterrà fino alle elezioni

Una certa arietta, non diciamo di campagna elettorale ma insomma di insistita propaganda governativa, si avverte. La ripresa della stagione sembra avvenire sotto questo segno: qualche sconto qui, qualche promessa là, in più il governo prova a vendersi bene il calo della disoccupazione, sempre omettendo che il Prodotto interno lordo cala un pochino e che la ripresa non c’è. Le opposizioni lo notano. E hanno gioco facile, almeno in questo, perché sul resto, nel cosiddetto campo largo, non mancano le magagne. Ma sull’economia il Partito democratico, per esempio, rileva che «molti genitori vedono cifre che si avvicinano a milleduecento euro per studente, tra corredo e libri».
Il carrello della spesa è aumentato, insiste Italia viva. La gente i conti li fa. La propaganda governativa sull’Italia che va non funziona. All’esecutivo serve dunque qualcosa di più forte. Anche per questo Giorgia Meloni vuole rafforzare la sua presa sul sistema informativo, che già oggi è tutt’altro che banale.
«Telemeloni» è una formula propagandistica usata dalle opposizioni, ma obiettivamente coglie nel segno: i vertici della Rai sono saldamente in mano al giro meloniano e, di conseguenza, l’informazione dell’azienda pubblica. Mediaset non dà certo fastidio, anzi. Ma alla presidente del Consiglio evidentemente non basta.
Avverte che a Palazzo Chigi serve qualcuno che rafforzi la presa soprattutto sui giornali. «Ci si attende un diluvio comunicativo meloniano h24 che «non farà prigionieri» – ha scritto il massmediologo Massimiliano Panarari sulla “Stampa” – fra legacy media (giornali e tv) e social (da Facebook a TikTok)».
D’altronde siamo entrati nella scia più o meno lunga di una campagna elettorale che si concluderà verosimilmente nella primavera del 2027 con le elezioni politiche (perché la premier dovrebbe lasciare un anno prima?), e Meloni vuole dunque rafforzare le casematte del suo potere: per questo fa tanto rumore la notizia della chiamata a palazzo Chigi dell’attuale direttore del Tg1 Gian Marco Chiocci.
Questa mossa, secondo alcuni, sarebbe il sintomo della volontà della presidente del Consiglio di voler stringere i bulloni in vista di elezioni politiche anticipate alla primavera del 2026. Non ci sono elementi che suffraghino questa ipotesi, forse non lo sa nemmeno lei cosa farà. Ma in ogni caso Meloni, dopo la tornata delle Regionali, dovrà affrontare una campagna elettorale non facile, quella per il referendum confermativo sulla separazione delle carriere dei magistrati, che assumerà facilmente i caratteri di una consultazione sul governo: perderlo, per lei, sarebbe uno smacco gigantesco.
Dopodiché si entrerà di fatto nella lunghissima campagna elettorale per le politiche del 2027, davvero tra le più importanti degli ultimi decenni, perché potrebbero segnare l’egemonia non provvisoria della destra. Se questo sarà il verdetto delle urne, si darà vita a un Parlamento che nel 2029 eleggerà il successore di Sergio Mattarella: con Giorgia Meloni in pole position per il Quirinale.
Come si capisce, è una road map molto ma molto impegnativa. La presidente del Consiglio, perciò, si prepara ad allestire una armada che lei vorrebbe invincibile, e per questo la militarizzazione dell’informazione è fondamentale.
Non che la preoccupi la propaganda di un’opposizione che in questa fase sta litigando molto con sé stessa, e nemmeno tanto il protagonismo di Matteo Salvini, che alla fine dove può andare a parare. Piuttosto, Meloni sa che ha bisogno di fatti per bucare la coltre dell’indifferenza o lo scetticismo degli italiani che, dopo quasi tre anni di governo, hanno le tasche più vuote di prima.
Soprattutto, prima che si aprano i seggi per le Regionali, servono fatti e qualcuno che sappia ben rivenderli al mercato dei media. Ben venga Chiocci dunque, l’uomo che deve vendere Meloni al prezzo migliore. Tanto la Rai è comunque sotto controllo anche senza di lui.
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