Skincare alla frutta? Sì, è possibile. E si fa con la buccia…

Ormai da tempo, la sostenibilità nel beauty ha smesso di essere un optional. È diventata una necessità, un imperativo che non si esaurisce con un packaging in plastica riciclata o una promessa di compensazione delle emissioni, ma che coinvolge ogni aspetto della filiera, dalla produzione all’uso quotidiano dei prodotti. Ma, spoiler, la sostenibilità può essere anche bella. La sostenibilità è creatività: ogni residuo può trasformarsi in una risorsa. Ed è qui che entra in gioco la buccia della frutta: non più scarti, ma ingredienti attivi che possono fare davvero la differenza per la cura della nostra pelle.

Vitamine, enzimi, acidi naturali – brutto da dire, ma è così: tutto ciò che una volta finiva in pattumiera, oggi torna in vita sottoforma di maschere viso, esfolianti delicati e impacchi lenitivi.
Un cambiamento silenzioso ma potente, che parla di circolarità, di upcycle beauty e rispetto.
Frutta e skincare: cos’è il fruit peel e da dove arriva questa tendenza
Il concetto di fruit peel – tradotto dall’inglese buccia di frutta – è semplice e visionario: recuperare le parti esterne dei frutti (la loro buccia) per sfruttarne i principi attivi. Una tendenza che entra a far parte della cornice più ampia dell’upcycled beauty, che prende gli scarti alimentari e li trasforma in ottimi nutrienti per la cura della pelle.

Foto IPA Agency
A fare da apripista, come spesso accade, sono stati i brand di nicchia più attenti all’innovazione sostenibile. Ma è indubbio che anche TikTok e i metodi fai-da-te abbiano riscosso successo, iniziando realmente a capire il potenziale del fruit peel.
Quali frutti funzionano meglio (e perché)
Le bucce non sono tutte uguali. Alcune contengono tanti principi attivi che possono davvero far bene alla nostra pelle, altre meno. Ad esempio, gli agrumi – come arancia, limone e pompelmo – sono tra i più comuni, perché contengono vitamina C e acidi naturali. Principi attivi che illuminano, purificano e aiutano a uniformare il tono della pelle.
La buccia di mela è ottima per gli alfa-idrossiacidi, famosi per la levigazione della pelle, ma la vera star è la buccia di banana: idratante, rimpolpante, ma anche discussa. E come mai? Perché se da un lato offre un effetto wow sulla pelle (temporaneo), dall’altro va usata con cautela per via dei pesticidi presenti sulla superficie.
Ecco come funziona esattamente
Arrivati a questo punto, dopo aver spiegato cosa intendiamo e quali sono i frutti contenenti più principi attivi, la domanda sorge spontanea: come funziona esattamente? In termini di praticità? Bisogna scegliere la modalità più adatta alla propria pelle.
Per le più coraggiose, si può optare per l’uso diretto: si può strofinare delicatamente la parte interna della buccia del frutto scelto su guance, zigomi, fronte o mento, lasciando agire per cinque o dieci minuti massimo, sciacquando poi con acqua tiepida. Un’altra soluzione fai-da-te è l’essicazione delle bucce della frutta in forno: a bassa temperatura, finché non diventano fragili. Poi si possono frullare insieme a yogurth, miele o aloe per ottenere un composto denso da applicare sulla pelle.
Per chi non desidera un’applicazione diretta sul viso, si può procedere con prodotti sostenibili che contengono i principi attivi della frutta. O semplicemente preparare un frullato – in grado di nutrile la pelle dall’interno.
Siamo nell’era della skincare fai-da-te?
Trasparenza e consapevolezza: è questo che oggi si chiede – e si pretende – dall’industria beauty. E forse, dove i brand non soddisfano le aspettative, arriva l’intuizione e i metodi fai-da-te. Preparare una maschera a base di buccia di banana o strofinare delicatamente l’interno della buccia d’arancia sul vis non è solo un rimedio casalingo, ma un piccolo atto di sostenibilità.
In questo senso, l’upcycle beauty non è una tendenza, ma una filosofia. Utilizzare ciò che normalmente si scarterebbe, vuol dire abbattere sprechi e riscoprire una creatività connessa alla voglia di prendersi cura di noi. Ovviamente, con tutte le precauzioni possibili: non tutto ciò che è naturale è automaticamente sicuro.
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