Il Regno Unito investe nelle spin-out universitarie: £30 milioni per promuovere l’innovazione accademica

Il governo britannico ha annunciato un nuovo piano da £30 milioni per stimolare la nascita e la crescita di spin-out universitarie, ovvero startup fondate su tecnologie, scoperte e proprietà intellettuali sviluppate nelle università. L’obiettivo è chiaro: favorire la diffusione dell’innovazione al di fuori del tradizionale “Golden Triangle” (Londra, Oxford, Cambridge) e valorizzare il potenziale ancora inespresso della ricerca accademica nel resto del Regno Unito.
Un piano per riequilibrare la geografia dell’innovazione
Nel Regno Unito, la maggior parte delle spin-out di successo proviene da poche università altamente finanziate e prestigiose, come Oxford, Cambridge e Imperial College London. Tuttavia, molte altre istituzioni nel Paese producono ricerche scientifiche di alto livello che, per mancanza di risorse, consulenza o collegamenti con il mondo industriale, non riescono a trasformarsi in imprese.
Il nuovo fondo da £30 milioni si propone di colmare questo divario, fornendo supporto pratico, finanziario e strategico per convertire le idee accademiche in soluzioni commerciali. Il piano è parte di una visione più ampia del governo per trasformare il Regno Unito in una “scienza superpotenza”, capace non solo di produrre eccellenza scientifica, ma anche di tradurla in crescita economica e occupazione.
Spin-out: un ponte tra ricerca e impresa
Le spin-out universitarie sono una componente cruciale dell’ecosistema dell’innovazione. Nascono quando un team di ricercatori, spesso in collaborazione con l’università e investitori esterni, decide di fondare una società per sviluppare e commercializzare una scoperta scientifica, come una nuova terapia, un software avanzato o una tecnologia green.
Secondo i dati dell’Higher Education Statistics Agency (HESA), nel 2023 sono nate oltre 400 spin-out nel Regno Unito, ma la maggior parte è ancora altamente concentrata in poche università. La sfida ora è diffondere questo modello di trasferimento tecnologico anche in aree meno servite da capitale di rischio o infrastrutture di incubazione.
Come funzionerà il finanziamento
Il fondo da £30 milioni sarà gestito attraverso una rete di Innovation Accelerators regionali, i quali supporteranno le università nell’identificare le scoperte con potenziale commerciale e nel trasformarle in imprese.
Il finanziamento coprirà diverse fasi:
- Supporto legale per la gestione della proprietà intellettuale.
- Formazione manageriale per ricercatori con ambizioni imprenditoriali.
- Networking con investitori e aziende.
- Creazione di incubatori locali o potenziamento di quelli esistenti.
- Accesso a capitale seed o pre-seed per le fasi iniziali della startup.
Il governo ha anche annunciato che collaborerà con il British Business Bank per facilitare l’accesso a ulteriori fondi privati, in modo da creare un effetto moltiplicatore sul capitale disponibile per queste giovani imprese.
Un’occasione per rilanciare le università “di provincia”
Università come quelle di Manchester, Sheffield, Nottingham, Cardiff, Dundee o Belfast possiedono forti dipartimenti di ricerca in ambiti come biotecnologia, intelligenza artificiale, materiali avanzati o energie rinnovabili. Tuttavia, spesso non riescono a generare spin-out con lo stesso successo delle grandi del Golden Triangle.
Secondo molti esperti, il problema non risiede nella qualità della ricerca, ma nella mancanza di ecosistemi di supporto: team legali, business developer, investitori early-stage, incubatori tecnologici.
Questo piano governativo potrebbe quindi rappresentare un’occasione storica per democratizzare l’accesso all’innovazione e valorizzare il capitale intellettuale nascosto in molte aree del Paese.
Le reazioni del mondo accademico e industriale
La reazione delle università è stata ampiamente positiva. Il Russell Group, che rappresenta le principali università di ricerca del Regno Unito, ha dichiarato che “è essenziale mettere tutte le università in condizione di contribuire al sistema di innovazione del Paese”. Anche il Confederation of British Industry (CBI) ha lodato l’iniziativa, sottolineando come il trasferimento tecnologico sia uno dei pilastri per rilanciare la produttività nazionale.
Alcuni osservatori, tuttavia, hanno sollevato dubbi sulla scala dell’investimento, ritenendo che £30 milioni siano un buon inizio, ma non sufficienti per cambiare radicalmente la dinamica nazionale. In effetti, secondo uno studio della London School of Economics, per ogni spin-out servono in media almeno £500.000 – £1.000.000 solo per la fase iniziale.
Un passo nella direzione giusta
Il nuovo fondo da £30 milioni per le spin-out universitarie rappresenta un chiaro segnale della volontà del Regno Unito di investire nella propria economia della conoscenza. Se ben implementato, il programma potrebbe generare decine (o centinaia) di nuove imprese tecnologiche nei prossimi anni, creando posti di lavoro qualificati e stimolando l’innovazione anche fuori dai centri tradizionali.
Nel contesto globale in cui le economie avanzate competono sull’innovazione e sulla tecnologia, iniziative come questa sono fondamentali per la sovranità scientifica e tecnologica del Paese.
Il successo del piano dipenderà dalla capacità di coordinare attori pubblici e privati, dal supporto a lungo termine e dalla reale volontà di superare i confini geografici e istituzionali. Ma il primo passo è stato fatto — e con esso, forse, una nuova era per l’innovazione accademica britannica.
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