Stop agli studenti stranieri e controllo dei profili social, perché Trump vuole smantellare le università

Continua la crociata di Donald Trump contro le università americane e nello specifico contro Harvard, la più antica e la più autorevole degli Stati Uniti. Vediamo nello specifico cosa sta accadendo e perché il presidente Usa sembra essere intenzionato a smantellare i pilastri dell’istruzione universitaria americana.
L’amministrazione Trump sta ordinando alle ambasciate e ai consolati americani all’estero di sospendere i colloqui con gli studenti che richiedono il visto per iscriversi alle università a stelle e strisce. Il nuovo affondo è solo il preludio di una stretta più severa, con verifiche che potrebbero includere anche controlli sulle attività in rete dei richiedenti e la loro presenza su piattaforme come Facebook o Instagram. Se l’amministrazione andrà avanti con il suo piano, i tempi di concessione dei visti potrebbero essere seriamente rallentati, spiega Politico che ha diffuso la notizia.
Ma chi è finito nel mirino di Trump e della sua amministrazione? Oltre ai ragazzi che aspirano a studiare in un’ateneo americano, sono le università stesse che fanno affidamento ogni anno sul milione circa di studenti internazionali che si iscrivono, con forti ricadute economiche sui bilanci delle istituzioni. Un vero e proprio attacco senza precedenti, dunque, ad uno dei pilastri del Sogno americano che prevedeva che questo “sogno” venisse allargato a chi ha la possibilità di studiare nelle costosissime e prestigiosissime loro università. E una botta molto forte ad un altro pilastro, quello della ricerca da sempre fiore all’occhiello degli Stati Uniti.
“Con effetto immediato e in vista dell’espansione delle verifiche sui social media, i consolati non devono aggiungere ulteriori appuntamenti per studenti o per scambi culturali fino a nuove istruzioni”, si legge in un cablogramma firmato dal Segretario di Stato Marco Rubio e inviato in giro per il mondo. L’amministrazione aveva inserito controlli sui social, ma per lo più finora erano mirati a ragazzi già iscritti e che avevano partecipato l’anno scorso alle proteste pro-Gaza.
Il presidente dell’antico e celebre ateneo americano, Alan Garber, si è detto “perplesso” per le nuove decisioni dell’amministrazione e ha chiesto ad altre università di mostrare “fermezza nella difesa della loro missione al servizio del Paese”. Intervistato dalla National Public Radio, Garber si è chiesto il perché delle misure punitive che penalizzano la ricerca: “Tagliare i fondi fa male a Harvard, ma fa male anche all’intera nazione, perché i fondi alla ricerca non sono un dono, sono dollari assegnati per lavori ‘giudicati di alta priorità dal governo federale”. Ma Trump ha ordinato alle agenzie federali di porre fine a tutti i contratti con Harvard con un ulteriore taglio di fondi pubblici per 100 milioni di dollari: una decisione che di fatto recide i restanti legami dell’amministrazione con l’ateneo.
Perché Trump vuole colpire le università
L’amministrazione guidata dal tycoon ha da sempre visto di cattivo occhio l’istruzione universitaria per varie ragioni. Come ricorda Il Foglio in un articolo di febbraio, l’anti-intellettualismo è una degli elementi centrali della nuova amministrazione a cui si aggiunge il disprezzo per l’accademia che nasconde una certa diffidenza verso le élite culturali. Le università vengono attaccate in quanto centri di potere che hanno una certa autonomia nella ricerca scientifica anche questa non vista di buon occhio. Queste istituzioni vengono colpite anche perché sono impregnate di cultura liberal e attente a quella che viene chiamata “cultura woke”. Tutto fumo negli occhi per Trump che tra le sue missioni ha anche quella di cambiare la “narrazione culturale” degli Usa.
Le università appaiono quindi come un’istituzione da smantellare piuttosto che da riformare. A farlo capire senza troppi giri di parole è stato l’attuale vicepresidente JD Vance che in un discorso datato 2021 dichiarava che “le università non trasmettono conoscenza e verità, ma inganni e menzogne” e che occorreva “attaccarle onestamente e aggressivamente”. A questa dichiarazione se ne aggiunse un’altra ancora più esplicita: “I professori sono il nemico”.
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