A Pavia, l’orto botanico è un erbario vivo e un museo in continuo mutamento


Dopo aver dedicato le puntate precedenti ai fiori e degli alberi secolari di Brera e Pisa, GreenPlanner arriva in un nuovo orto botanico universitario, quello di Pavia. Oggi parliamo con gli esperti di viti americane, colonie di gechi e di un imponente albero-habitat
“Gli orti botanici sono dei musei, ma da sempre i musei non fanno semplicemente ostensione delle loro collezioni. Portano anche avanti la ricerca“. Lo spiega a GreenPlanner Nicola Ardenghi, curatore dell’orto botanico universitario di Pavia.
Qui, infatti, sono molti gli studi scientifici condotti sia dal personale dell’orto stesso, sia dai vicini dipartimenti universitari.
Questo spazio verde nasce dall’evoluzione di un orto dei semplici, dove venivano coltivate piante officinali utilizzate sia per la preparazione di composti sia per l’insegnamento della scienza medica.
Oggi, rimane un laboratorio in cui verificare ipotesi e osservare il mondo vegetale da vicino.
Scoperte tra le foglie
Ardenghi, in particolare, si occupa soprattutto di studi sulla flora spontanea: “gli orti botanici possono offrire un importante supporto a questo tipo di ricerche – dichiara a GreenPlanner – perché, da una parte, si possono portare all’interno dell’orto piante che nascono spontaneamente in natura e seguirne nel dettaglio tutte le fasi di accrescimento; dall’altra, si può anche verificare molto bene cosa avviene agli esemplari di specie normalmente piantate dall’uomo che per così dire scappano alla coltivazione“.
Lo scopo di queste ricerche è comprendere a pieno l’identità e le caratteristiche delle piante che interessano agli studiosi, monitorando con attenzione tutta la loro crescita e fioritura.
Per esempio, nell’orto di Pavia è contenuta una piccola collezione di viti americane, quasi tutte ibride: “la collezione funziona come un erbario vivo – dice Ardenghi – se nell’erbario troviamo piante secche che fotografano solamente un certo stadio dello sviluppo, negli orti botanici possiamo avere una visione davvero completa e in continua evoluzione“.
L’orto botanico di Pavia è anche il punto d’osservazione ideale per intercettare e studiare i cambiamenti generati sulla flora dalla crisi climatica.
“In ambiente urbano si stanno affermando molte piante infestanti provenienti dall’area mediterranea o comunque da zone più calde – nota ancora Ardenghi – per esempio, qui a Pavia è in corso un’invasione di una pianta grassa chiamata Ombelico di Venere, che fino a una decina di anni fa viveva solo sulla costa, mentre nelle nostre zone si trovava al massimo su qualche tetto.
Ora invece è presente su quasi tutti i tetti in grandi popolazioni, oltre che nelle serre dell’orto botanico, dove di recente è addirittura arrivata a bloccare il normale flusso dell’acqua“.
Altri segnali del rialzo delle temperature riguardano le specie che possono essere coltivate dentro i confini dell’orto – come per esempio la canna da zucchero, che oggi prospera in piena terra – e gli animali che si nascondono tra sentieri e aiuole.
Da qualche anno, a Pavia è presente per esempio una colonia di geco (Tarentola mauritanica), un’altra specie tipicamente mediterranea, che si riproduce con successo e popola le serre. Le fioriture stesse stanno cambiando.
“Ormai i mutamenti nelle stagioni ci costringono a rivedere la programmazione di alcuni degli eventi dell’orto botanico – aggiunge la direttrice Silvia Assini – perché le fioriture sono anticipate anche di quindici o venti giorni rispetto a dieci anni fa. Quindi gli appuntamenti pensati appositamente per far ammirare i colori dell’orto al pubblico devono essere spostati“.
Meraviglie da non perdere
Una volta controllato il calendario e pianificata la visita per arrivare in concomitanza con le fioriture più belle, ecco i consigli di chi lavora nell’orto sulle tappe indispensabili.
“Innanzitutto, non ci si può perdere il platano di Scopoli, riconosciuto come albero monumentale – spiega Ardenghi – che è un po’ il simbolo del nostro orto botanico. È l’unica testimonianza di questo spazio verde per com’era alla fine del 1700“.
Alto 45 metri, è un vero albero-habitat: tra le sue chiome vivono indisturbati numerosi insetti, uccelli e piante. C’è poi il roseto, che Ardenghi definisce la collezione più pop, avviata negli anni 50.
Qui si possono osservare 320 esemplari di rosa, con fiori molto colorati e di forme differenti. Un’altra collezione caratteristica è quella del tè pavese, una cultivar selezionata negli anni 20-30 del 1900 proprio nell’orto botanico di Pavia, pensata per resistere al freddo.
Come elemento architettonico, sono interessanti invece le serre di Scopoli, rinnovate di recente grazie a uno stanziamento di fondi Pnrr. Sempre grazie ai fondi Pnrr, come già raccontato qui su GreenPlanner, da poco l’orto si è arricchito di nuove proposte per i visitatori, dalle visite serali alle attività di citizen science, con un occhio di riguardo per bambini e persone con disabilità.
Molte di queste attività, elencate sul sito web dell’orto, sono organizzate in collaborazione con la Rete degli Orti Botanici della Lombardia, che negli ultimi anni si sta concentrando proprio sulle modalità per includere nuovi tipi di pubblico e migliorare l’accessibilità di tutte le strutture.
L'articolo A Pavia, l’orto botanico è un erbario vivo e un museo in continuo mutamento è stato pubblicato su GreenPlanner Magazine.
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