Arrestati tre latitanti italiani a Ibiza: l’organizzazione ‘ndranghetista a Roma, la cocaina dal Sudamerica, il narcotraffico con il clan albanese

Arrestati tre latitanti italiani a Ibizia, l’isola delle Baleari destinazione di turismo internazionale sia per la movida notturna che per le sue spiagge. Erano colpiti da mandato di arresto europeo: sono gravemente indiziati di essere elementi di spicco di un’organizzazione criminale di matrice ‘ndranghetista dedita al narcotraffico. Uno dei tre, bloccato durante la fuga, era anche ricercato per un ulteriore provvedimento per traffico di stupefacenti, lesioni personali e resistenza a pubblico ufficiale. Il provvedimento restrittivo è stato disposto nell’ambito dell’indagine del ROS denominata ANEMONE in cui, lo scorso 8 luglio, sono stati arrestati 24 indagati tra Italia e Albania.
Le operazioni di ricerca e cattura, coordinate dalla Procura della Repubblica – DDA di Roma in collaborazione con EUROJUST, sono state condotte dai Carabinieri del ROS con la Polizia Nacional spagnola grazie anche al supporto, per gli aspetti inerenti la cooperazione internazionale, del Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia (SCIP) – progetto I CAN (Interpol cooperation against ‘ndrangheta). Gli arresti sono stati condotti il 15 agosto 2025 dai Carabinieri del ROS unitamente a personale della Comisarìa General de Informacion Policia Nacional, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Roma.
I latitanti rintracciati in Spagna sono accusati di associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti aggravata dal metodo mafioso. L’organizzazione avrebbe sede a Roma e sarebbe operante sia in Italia che all’estero. A capo un 57enne calabrese, arrestato lo scorso luglio, già condannato per essere considerato esponente apicale della locale di Volpiano, in provincia di Torino, una promanazione della locale di Platì, in provincia di Reggio Calabria.
Secondo le indagini l’uomo si sarebbe trasferito a Roma agli inizi degli anni 2000 e avrebbe assunto il controllo dell’area di San Basilio, promosso la nascita di un’associazione condotta e composta anche dai figli. L’organizzazione avrebbe stretto relazioni con una struttura criminale albanese definita “paritetica” dagli inquirenti. Quest’ultima sarebbe stata utilizzata per gli aspetti logistici, come l’estrazione dei carichi dai porti spagnoli e olandesi e il successivo trasferimento, e per lo smercio delle sostanze in altre zone della Capitale. La cocaina in arrivo dal Sud America era importata tramite container nei porti di Spagna, Olanda e Italia, in particolare in quello di Gioia Tauro. Sul mercato romano veniva smerciata al dettaglio.
L’organizzazione si serviva di altri broker calabresi. La Procura di Roma ha contestato anche un episodio di tortura nei confronti di uno spacciatore, responsabile di non aver ottemperato al pagamento di un “debito di droga”. Le perquisizioni hanno scovato presso le unità abitative in uso agli arrestati, site ad Ibiza e Barcellona, appunti manoscritti con la rendicontazione dell’attività di narcotraffico, documenti falsi utilizzati dai latitanti per celare la loro identità e denaro contante per un importo di circa 35.000,00, euro, nonché modiche quantità di cocaina.
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