Dl sicurezza: la svolta autoritaria del governo Meloni tra repressione, paura e potere

Maggio 30, 2025 - 10:00
 0
Dl sicurezza: la svolta autoritaria del governo Meloni tra repressione, paura e potere

Oltre 500 adesioni in tutta Italia alla catena di digiuno contro il decreto sicurezza, quasi due anni complessivi di astensione dal cibo. Un piccolo ma tenace movimento di resistenza civile nonviolenta contro la svolta autoritaria del Governo Meloni. Una mobilitazione che ha saputo portare la riflessione e la contestazione del decreto sicurezza al di fuori dei palazzi, ma anche delle forme tradizionali di contestazione (che siano piazze reali o virtuali). Una campagna capace di diffondersi sul territorio: all’interno delle famiglie e delle case come negli spazi della città, con momenti di condivisione pubblica delle staffette fra i partecipanti all’iniziativa di digiuno.

Tanto è stato scritto e detto su questo provvedimento: risulta evidente che ci troviamo di fronte a un insieme disorganico di norme repressive e illiberali, che puniscono comportamenti inoffensivi o di relativo allarme sociale, ma che nel loro complesso non fanno altro che finire di colpire in modo sproporzionato le persone più fragili. Dove la paura già esiste, la destra cerca ovviamente di cavalcarla. Così introduce norme razziste, come quella sulle detenute madri, esplicitamente riferita alle (nella realtà pochissime) donne di etnia rom che eviterebbero il carcere rimanendo incinte. Grazia Zuffa, nella sua ultima conferenza stampa, riferendosi al decreto sicurezza e alla norma che permette incarcerare le madri con i loro bambini provava “sgomento di fronte alla grande spregiudicatezza nell’inventare norme, un’inventiva che sconfina nell’illegalità”. Una illegalità costituzionale, che vorrebbe addirittura far nascere bambine e bambini in carcere. Una drammatica e vergognosa violazione dei principi del diritto e delle convenzioni internazionali sull’infanzia.

Checché ne dica la Presidente Meloni, che rivendica due recenti casi occasionali, la norma sugli “sgomberi lampo” non difende certamente i più deboli. Così i senzatetto sfollati da sistemazioni di fortuna sono le vere vittime di norme costruite non certo per proprietari del singolo appartamento, ma piuttosto per le grandi proprietà private. L’intero provvedimento, del resto, affonda le radici in una visione populista e ideologica del diritto penale. Una visione improntata alla difesa del potere, che questo governo ha deciso di abbracciare e rendere l’unica reale cifra della propria azione di governo. Un processo che certamente si trascina da anni ma al quale questa maggioranza ha deciso di affiancare una svolta autoritaria. Una svolta concreta, come abbiamo visto già nel primo fine settimana di applicazione del decreto. I manganelli nelle piazze per la Palestina o l’odore acre dei lacrimogeni durante gli sgomberi violenti dei rave – ovvero di pacifiche, pur non autorizzate, feste musicali non commerciali – a Torino e Trento

Quando poi la paura non esiste, viene costruita ad arte. È il caso della cannabis light, un vero e proprio cortocircuito normativo, che pretende di classificare come stupefacenti prodotti che non lo sono. L’art. 18 rende illegali piante escluse espressamente dai trattati internazionali e dallo stesso Testo Unico sulle droghe italiano. Per farlo è stata presa a pretesto la sentenza del 2019 delle Sezioni Unite della Cassazione, travisandola e omettendone chirurgicamente il passaggio cruciale, quello in cui la Corte precisa che il divieto di vendita delle infiorescenze di canapa industriale vale “salvo che le infiorescenze siano prive di efficacia drogante”. Saremmo anche curiosi di andare a vedere come va a finire, fra violazioni del diritto comunitario sul libero commercio dei prodotti e paradossi di una norma che, per vietare un fiore non psicoattivo, rimanda a leggi e giurisprudenza che ne escludono la punibilità. Non fosse che, ignorando le evidenze scientifiche, il decreto finisce per mettere sul lastrico un intero comparto legale, con oltre 22.000 posti di lavoro e un indotto di circa 2 miliardi di euro. Cominciano le chiusure dei negozi e i licenziamenti degli operai nei campi: così si spazzano via realtà imprenditoriali nate grazie all’iniziativa di tanti giovani, proprio in un settore — quello agricolo — che avrebbe tanto bisogno di nuova linfa.

La destra adora la paura: quella che fa uscire poco la sera, quella che fa mettere i “sacchi di sabbia vicino alla finestra”, come Lucio Dalla cantava l’anno che sta passando. La insegue, la coltiva: cerca quel facile ed immediato consenso che distrae dalle reali cause del disagio sociale e dell’insicurezza. Ma la fine del mese è sempre più lontana, il lavoro sempre più precario, l’affitto sempre più caro. Le piogge e le alluvioni invece ci ricordano sempre più frequentemente che il problema non sono certo gli attivisti climatici che bloccano le strade, come vorrebbe farci credere il Governo con le norme penali contro i blocchi stradali.

Se non basta infilare la parola “sicurezza” in un decreto per garantirla ai cittadini, la sfida è costruire un’alternativa credibile fatta di salvaguardia dei diritti, di giustizia sociale e climatica. Per questo, oltre al digiuno che continuerà sino a giugno al giorno della conversione definitiva del decreto (si può aderire su Fuoriluogo.it), è importante scendere tutte e tutti in piazza a Roma sabato 31 maggio (ore 14, Piazza Vittorio). E poi c’è un gesto ancora più semplice e alla portata di tutti: il voto, il prossimo 8 e 9 giugno, ai referendum sui diritti sul lavoro e per la cittadinanza. Il voto per i diritti è anche un voto per la democrazia, per costruire un’alterativa basata sui diritti e contro questa deriva repressiva.

Qual è la tua reazione?

Mi piace Mi piace 0
Antipatico Antipatico 0
Lo amo Lo amo 0
Comico Comico 0
Furioso Furioso 0
Triste Triste 0
Wow Wow 0
Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia