Gli «energumeni» spiegati dall’Accademia della Crusca

Tratto dall’Accademia della Crusca
Chi è un energumeno? Colui che è posseduto dal demonio, un invasato, un ossesso; un esagitato dominato da una qualche passione, o chi, in preda all’ira, si comporta con violenza e brutalità; un temerario, un matto; un fanatico intollerante, un prepotente; e anche una persona robusta e muscolosa, dotata di grande forza fisica e, talora, di cervello non particolarmente fino. Un ceffo inquietante, un tale che incute sospetto e timore solamente per la sua fisicità incombente; al contempo un tipo grossolano e inurbano.
Sono tutte accezioni documentate, più o meno distanti dal significato etimologico, diffuse e comuni oppure desuete, non sempre contemplate tuttavia nei vari dizionari. Approfondiamo la storia della parola, per comprenderne meglio i significati e gli usi, i percorsi semantici.
Il termine energumeno deriva, attraverso il suo adattamento latino, dal greco energoúmenos, participio presente passivo maschile di energéo ‘agisco, opero, sono attivo’, derivato di energós ‘attivo, efficace’, da érgon ‘azione, opera’ (radice etimologica da cui proviene anche energia ‘vigore fisico, forza’) col prefisso en- ‘in, dentro’. Nella sua diatesi passiva il verbo energéomai significa ‘subisco l’azione altrui’, quindi ‘patisco l’operato di qualcuno’; nel linguaggio medico antico, per esempio, l’energṓn è il chirurgo, mentre l’energoúmenos è il paziente, l’operato (Galeno).
Nel Nuovo Testamento il vocabolo acquista il senso di una potenza spirituale esterna, che opera in una persona: nella lettera ai Galati, Paolo definisce la fede in Gesù risorto energumena, dotata cioè di una forza irresistibile, di una energia trasformatrice. Nel greco cristiano il verbo, nella forma passiva, assume l’ulteriore valore semantico di ‘essere posseduto dal demonio’, mentre nella forma attiva lo troviamo in Giustino martire (II sec.), detto dei demoni che ‘agiscono’ dentro qualcuno.
Il termine energoúmenos ricorre nel lessico patristico – nei Vangeli si impiega con questo valore il verbo daimonízomai e il suo participio daimonizómenos –, come participio passivo e nell’uso sostantivato, in Eusebio di Cesarea (citando un anonimo oppositore della setta montanista), Atanasio di Alessandria e altri scrittori ecclesiastici. Nel De principiis, trattato teologico che ci è pervenuto integralmente solo nella traduzione latina di Rufino di Aquileia sul volgere del IV secolo, Origene (ca. 185-ca. 255) scrive che la possessione diabolica si verifica nel caso degli energumeni (coloro che così sono definiti comunemente: quos vulgo energumenos vocant) rendendoli privi di ragione e folli (amentes et insanos).
In latino il termine è attestato (talora nella variante grafica inerguminus), appunto dal IV secolo, anche in altri autori, come Sulpicio Severo e Giovanni Cassiano; si può notare peraltro come il sostantivo enérgema, che ancora Paolo usa nella prima lettera ai Corinzi per descrivere le attività divinamente ispirate, sia usato in accezione diversa già in Tertulliano (ca. 160-ca. 240), che lo introduce nel latino cristiano con il significato di ‘influsso diabolico’, ‘azione, effetto’ di maleficio o spirito maligno, quindi anche ‘ossessione’, ‘possessione demoniaca’.
Nei testi latini tardoantichi e altomedievali è comunque daemoniacus il termine maggiormente attestato per designare chi è soggetto alla possessione diabolica, o anche arrepticius.
Dal latino tardo energumenus il termine giunge in italiano: la prima attestazione (1342) è nelle Vite dei santi Giustina e Cipriano di Domenico Cavalca nella forma erergumini (Vite dei santi Padri, ed. di Carlo Delcorno, Firenze, SISMEL, 2009, vol. I, p. 291; con assimilazione a distanza n>r); probabilmente un falso del Redi, come suggerisce il vocabolario dell’italiano antico TLIO, è invece l’attestazione in Giordano da Pisa riportata nella terza impressione (1691) del Vocabolario degli Accademici della Crusca. Nel Cinquecento lo troviamo nella tragedia Libero arbitrio (Basilea, [Johannes Oporinus], 1546) di Francesco Negri, testo teatrale con fine pedagogico (c. [77r]: “a gli esorcisti [i papisti] danno un libro di esorcismi, che habbino ad usarlo sopra gl’energumeni et catechumeni”) ed è poi attestato nella letteratura demonologica e in trattati teologici e morali.
Tale significato si mantiene ancora nel Novecento: nella esegesi e teologia cattolica è dunque definito energumeno “colui che soggiace ad una influenza nefasta del demonio” sulla sua anima e sul corpo (Pietro Parente, Antonio Piolanti, Salvatore Garofalo, Dizionario di teologia dommatica, III ed., Roma, Studium, 1952, p. 114). La prassi liturgica per scacciare i demoni è l’esorcismo. Il nuovo rituale De exorcismis (che, promulgato il 22 novembre 1998, rinnova il Rituale del 1614 secondo le istanze del concilio Vaticano II, viene emendato nel 2004 e aggiornato nel 2021, dopo un’edizione ufficiale in lingua italiana del 2001) non adotta una terminologia univoca per designare chi è vittima della possessione diabolica, preferendo l’utilizzo della parola obsessus (‘assediato/posseduto’), e usando, in alternativa, i sinonimi infirmus, vexatus e, appunto, energumenus, che però ricorre una sola volta.
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