Il primo dizionario del Celtico antico
Per secoli, la lingua dei popoli celtici che abitavano le isole britanniche è rimasta avvolta in un’aura di mistero. Le testimonianze sopravvissute sono scarse, frammentarie, spesso disperse tra cronache latine, iscrizioni su pietra e toponimi sopravvissuti fino all’epoca moderna. Oggi, però, un gruppo di linguisti dell’Aberystwyth University ha intrapreso un progetto che potrebbe rivoluzionare la conoscenza delle origini linguistiche delle culture del Regno Unito e dell’Irlanda: la realizzazione del primo dizionario completo del Celtico antico. Un lavoro immenso, che non restituisce soltanto un elenco di termini, ma ci permette di immaginare la vita, l’identità e il pensiero delle popolazioni che abitarono queste terre oltre due millenni fa.
Le origini del progetto e il valore del Celtico antico
L’iniziativa nasce dall’esigenza di riunire in un’opera unitaria tutte le tracce sopravvissute del Celtico antico, un insieme eterogeneo di fonti finora studiate in modo sparso e non sistematico. Alla guida del progetto vi è il professor Simon Rodway, docente di Welsh and Celtic Studies all’Aberystwyth University, che ha sottolineato come per la prima volta ci si trovi di fronte alla possibilità di ricostruire, seppur in modo parziale, il vocabolario dell’idioma parlato nelle Isole Britanniche e in Irlanda tra il 325 a.C. e il 500 d.C..
L’interesse intorno al Celtico antico nasce dal suo ruolo di antenato diretto di lingue ancora oggi vive come il gallese, l’irlandese, il gaelico scozzese, il bretone e il cornico. Le connessioni tra queste lingue moderne e il loro substrato più remoto sono spesso sottili, ma affascinanti: un esempio citato dagli studiosi è il termine che indica il mare, presente come môr in gallese e muir in antico irlandese, e riconducibile alla radice celtica Mori, elemento riscontrabile in antichi toponimi come Moridunum, l’odierna Carmarthen.
Il progetto, sostenuto anche da ricercatori di archeologia e studi classici, rappresenta un tassello importante per comprendere il mosaico culturale che precede la romanizzazione della Britannia. La sua rilevanza accademica va oltre la linguistica, coinvolgendo discipline come la storia, l’archeologia e perfino l’archeogenetica, sempre più impegnata a ricostruire la mobilità delle popolazioni antiche. La lingua, in questo contesto, diventa una componente fondamentale dell’identità culturale e permette di colmare lacune storiche rimaste irrisolte per millenni.
Le fonti: tra Roma, Ogham e toponimi sopravvissuti
La scarsità dei materiali linguistici rappresenta la sfida centrale del progetto. A differenza del mondo mediterraneo, dove Greci, Fenici, Romani ed Etruschi produssero una ricchissima documentazione scritta, nell’Europa nord-occidentale l’uso della scrittura era limitato e spesso funzionale a scopi commemorativi o amministrativi. Per questo motivo, gli studiosi devono affidarsi a un mosaico di frammenti sparsi in altre lingue.
Una fonte di straordinaria importanza è costituita dagli scritti di Giulio Cesare, in particolare dal De Bello Gallico, dove, descrivendo le popolazioni celtiche della Gallia e della Britannia, riporta nomi di tribù, luoghi e figure politiche o religiose. Pur essendo testi in latino, essi contengono un numero considerevole di forme linguistiche celtiche trascritte foneticamente, che rappresentano un patrimonio essenziale per la ricostruzione lessicale. Approfondimenti su questi materiali possono essere trovati anche nelle raccolte della Royal Historical Society, che contiene analisi e commentari dedicati al periodo romano e preromano.
Un’altra fonte preziosa è rappresentata dalle iscrizioni in Ogham, un antico sistema alfabetico diffuso soprattutto in Irlanda e successivamente in Cornovaglia e Galles. Questo alfabeto, costituito da linee verticali e oblique incise su pietra, è una delle più antiche forme di scrittura delle isole britanniche. Nonostante la loro brevità – spesso si limitano a nomi personali o genealogie – queste iscrizioni forniscono indizi essenziali sulle strutture fonetiche e morfologiche delle lingue celtiche antiche. Il National Museum of Ireland, attraverso le sue collezioni digitali e studi specifici sull’Ogham, offre un quadro di riferimento utile per contestualizzare queste iscrizioni nel loro ambiente storico e culturale (museu.mn/ogham-inscriptions).
Un ulteriore contributo arriva dai documenti amministrativi dell’Impero Romano, in particolare da quelli rinvenuti nei siti militari della Britannia. In molte lettere scritte da soldati e funzionari, tutte rigorosamente in latino, compaiono occasionali termini celtici che descrivono elementi locali, spesso integrati nel lessico militare o nella toponomastica delle regioni occupate. La presenza di queste parole suggerisce una permeabilità linguistica significativa tra i conquistatori romani e le popolazioni native.
Infine, la toponomastica rappresenta una delle fonti più ricche e suggestive: dai nomi dei fiumi, spesso antichissimi, a quelli delle città e delle vie di comunicazione, si possono dedurre radici linguistiche che risalgono alla cultura celtica originaria. Questi termini, talvolta trasformati dalla romanizzazione e successivamente dall’influsso anglosassone, costituiscono un ponte simbolico tra passato e presente.
Metodologia e ricostruzione linguistica
Il lavoro degli studiosi non consiste semplicemente nel raccogliere parole sparse, ma richiede un’imponente attività di ricostruzione critica. La maggior parte dei termini in Celtico antico non è sopravvissuta direttamente: ciò che abbiamo sono trascrizioni latine o greche, spesso adattate alle convenzioni fonetiche delle lingue dominanti. Ricostruire la forma originaria richiede un confronto sistematico con le lingue celtiche storiche e moderne, analisi comparativa, studio delle radici indoeuropee e un dialogo costante con archeologi e storici.
Il team dell’Aberystwyth University ha scelto di organizzare il dizionario in modo da includere non soltanto i lemmi, ma anche la loro probabile pronuncia, le varianti attestate, le connessioni con lingue affini e il contesto storico in cui sono state utilizzate. L’obiettivo non è creare un semplice inventario, ma offrire uno strumento utile anche a chi studia la cultura materiale, la società e i rituali delle popolazioni celtiche.
Particolarmente complessa è la distinzione tra i termini realmente celtici e quelli che, pur apparendo come tali, derivano da interpretazioni o errori dei cronisti antichi. Allo stesso modo, la ricostruzione semantica richiede prudenza: molte parole compaiono in contesti troppo limitati per essere interpretate con certezza. Per questo motivo, il dizionario sarà pubblicato anche in forma digitale, permettendo aggiornamenti costanti man mano che nuove scoperte epigrafiche o archeologiche arricchiscono il quadro complessivo.
Un patrimonio linguistico per il futuro
Oltre al valore accademico, il dizionario del Celtico antico rappresenta un tassello fondamentale per comprendere l’identità culturale delle isole britanniche. Le lingue sono organismi viventi, e la loro evoluzione racconta l’evoluzione dei popoli che le parlano. La riscoperta di radici così antiche permette di recuperare una memoria storica che rischiava di scomparire per sempre, offrendo nuove possibilità di ricerca e di divulgazione.
Il progetto ha anche una ricaduta significativa sulla tutela delle lingue celtiche moderne, alcune delle quali – come il cornico e certi dialetti del gaelico – hanno vissuto momenti di grave rischio di estinzione. La ricostruzione delle loro origini più remote può contribuire a rafforzarne il prestigio culturale, a valorizzarne l’insegnamento nelle scuole e a stimolare nuovi studi accademici.
Non meno importante è il contributo che il dizionario offrirà alla riflessione sulla diversità linguistica europea. Nel contesto di un continente in cui la romanizzazione e l’espansione delle lingue germaniche hanno plasmato quasi ogni regione, il fatto che alcune lingue celtiche siano sopravvissute fino a oggi rappresenta un caso singolare, un frammento di un passato pre-romano ancora vivo. La possibilità di studiarne le forme originarie è un’opportunità rara per comprendere la complessità della storia linguistica europea.
Domande frequenti sul Celtico antico
Quanto era diffuso il Celtico antico?
La lingua era parlata in ampie aree della Britannia e dell’Irlanda, prima della romanizzazione e prima dell’arrivo dei popoli anglosassoni. Non esisteva una forma unica e standardizzata, ma un continuum linguistico con varianti regionali.
Perché non sono sopravvuti testi estesi?
I Celti insulari utilizzavano raramente la scrittura per scopi letterari o amministrativi, preferendo una tradizione orale ricchissima. L’Ogham, unica forma di scrittura indigena, era usata principalmente per iscrizioni commemorative e quindi molto sintetiche.
Il Celtico antico può essere definito una lingua estinta?
Sì, nel senso che non esistono più parlanti nativi e la lingua non è documentata in forma completa. Tuttavia, le lingue celtiche moderne ne conservano tratti fonetici, morfologici e semantici, rendendolo ancora riconoscibile come parte di un’eredità culturale condivisa.
Quando sarà disponibile il dizionario?
Gli studiosi prevedono una pubblicazione sia online sia in forma cartacea, in modo da garantire aggiornamenti nel tempo. La versione digitale sarà ampliabile con nuove evidenze, come iscrizioni Ogham recentemente scoperte o reinterpretazioni di toponimi antichi.
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