Libia: deficit in valuta estera a 7,8 miliardi di dollari, pressioni sulla Banca centrale

Il deficit nell’utilizzo della valuta estera della Libia ha raggiunto 7,8 miliardi di dollari (circa 6,67 miliardi di euro) dall’inizio dell’anno al 30 novembre, secondo il rendiconto ufficiale della Banca centrale libica (Bcl). Il disavanzo è legato al rallentamento degli introiti petroliferi negli ultimi mesi, che ha ridotto la liquidità in valuta destinata alla copertura delle importazioni e ai trasferimenti bancari. La Bcl riporta entrate complessive pari a 115,4 miliardi di dinari libici (circa 18,23 miliardi di euro) a fronte di una spesa di 107,5 miliardi di dinari (circa 16,99 miliardi di euro). La quasi totalità delle risorse deriva dal comparto energetico: le vendite petrolifere e le royalties trasferite alla Bcl hanno totalizzato 20,76 miliardi di dollari (circa 17,74 miliardi di euro) fino alla fine di novembre, un livello inferiore alle previsioni a causa del calo dei flussi registrato da settembre.

Secondo la Banca centrale, il deficit in valuta estera è stato compensato finora senza tensioni patrimoniali grazie ai rendimenti degli investimenti all’estero e all’aumento delle riserve ufficiali. Il documento conferma infatti una crescita delle attività estere a circa 99,4 miliardi di dollari (circa 84,95 miliardi di euro) entro la fine di novembre, con un miglioramento del profilo di liquidità. Tuttavia, secondo economisti di Tripoli, l’andamento delle entrate petrolifere resta determinante: un eventuale calo dei prezzi del greggio nei prossimi mesi potrebbe ampliare il fabbisogno di valuta e accrescere le pressioni sui conti esterni. Le spese della pubblica amministrazione sono rimaste elevate, trainate dal capitolo salari (61,2 miliardi di dinari) e dai trasferimenti e sovvenzioni (33,3 miliardi di dinari), ma la Banca centrale ha ribadito che la situazione di breve periodo è sostenibile in presenza di riserve adeguate. Resta invece aperto il nodo strutturale della dipendenza fiscale dal petrolio e della debolezza delle entrate non energetiche, con una domanda crescente di valuta estera che potrebbe richiedere ulteriori misure prudenziali nel caso di shock sui prezzi internazionali del greggio.

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