New Indie Italia Music Week #235

Giugno 10, 2025 - 14:30
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New Indie Italia Music Week #235

“Schiaccio i pulsanti di questa nave
Tiro le leve per decollare
Nel paradosso spaziotemporale
Dentro al buco nero degli occhi tuoi
Dal vetro scorre il sistema solare
Accosta qui fermiamoci a guardare
Dalla trama fitta filtra una luce
Che poi torna indietro verso spazi bui”
(Copricolori – Marco Castello)

Fermati un attimo. Lascia che la città svanisca sullo sfondo, che il rumore si faccia ovatta, che la routine si dissolva come polvere al vento. Abbassa il finestrino, ammira la natura che si rivela baciata dal sole, apri le orecchie al mondo e lascia che siano le canzoni a guidarti.

C’è un’Italia che canta sottovoce, che racconta amori stanchi e sogni testardi, che suona in camerette, in studi improvvisati, nei live club di periferia. È l’universo dell’Indie italiano, che ogni settimana si arricchisce di nuove uscite, nuove storie, nuovi suoni.

Scoprilo con i migliori brani della settimana, scelti e recensiti dalla redazione.

Indipendente

“Indipendente” è un brano che corre a denti stretti. Sembra trattenere il fiato per metà del tempo, per poi lasciarlo andare tutto insieme, in una raffica di parole che spingono, insistono, graffiano. È una canzone che cammina in salita, tra pensieri compressi e desideri scomodi, che ogni tanto inciampa senza mai cadere davvero.
La scrittura è tagliente senza essere cinica. Non si rifugia nella rabbia, mettendo invece in fila le fratture, i ritardi, le aspettative che non coincidono mai con la realtà, con una lucidità che brucia piano.

La base è nervosa, spezzata, costruita su una body percussion che sembra battere il tempo delle scadenze e delle domande senza risposta. Eppure c’è anche spazio per l’aria: nelle pause, nei silenzi, in certe aperture che somigliano a spiragli.

“Indipendente” è una canzone che parla di futuro senza illusioni. Non ha bisogno di alzare il volume per farsi sentire, rimane sospesa nell’istante in cui le domande cominciano a farsi scomode. Senza scuse, senza filtri, senza rumore inutile. Solo con il necessario, l’inevitabile.
(Serena Gerli)

Emma Nolde: 8

Agente!

È un report di storie vere e “disgraziate”. Nel senso di private della grazia che solo l’amore e la credibilità da parte degli altri può darci, di cui pure il più grande genio del mondo ha bisogno, quando sta crescendo insieme al proprio talento.
“Siamo schiavi della casualità, del progresso, della nostra età e dell’ansia di non farcela”. La comunità, la società tutta e il prossimo più vicino hanno un ruolo rilevante e “purtroppo” fondamentale per una persona che deve cavarsela, trovare la sua strada. “Purtroppo” perché non tutti siamo in grado di cavarcela da soli. E non dovremmo essere costretti a farlo. L’essere lasciati soli a noi stessi non dovrebbe essere nemmeno calcolata come eventualità. Se vivessimo in un posto che funziona.
Agente! così diventa la perfetta sintesi di un dramma annale, che brucia possibilità. Narrato sotto forma di interrogatorio di un innocente.
(Stefano Giannetti)

Rosita Brucoli: 8

Zucchero 🙂

“Pasticceria di Milano: vendono veleno… zucchero a velo”.
Provocatoria e impietosa come le pubblicità di giocattoli durante i cartoni animati, è proprio sull’infantilità che Camilla PNK descrive quanto siamo drogati dalla perfezione e dalla distrazione. Di quanto questi parchi divertimenti del consumismo e dell’apparire ci attirino, sedicenti oasi in cui salvarci dall’ansia sociale. E alla fine sono solo opera degli stessi creatori della società che il malessere ce l’ha provocato. O magari, ormai, anche loro stessi ne sono vittime inconsapevoli, convinti di dominarla. Chi lo sa.
Camilla si trasforma da fatina rosa a creatura horror caramellata, bellezza assoluta e stucchevole. Il coro infantile passa da innocente a inquietante. Il punk martella, aggredisce e non lascia scampo. Simbolo della corsa che ci lascerà sempre indietro. Zucchero che ci mangerà e che lascerà i nostri resti a marcire.(Stefano Giannetti)

Camilla PNK: 8

Vita da cani

Si intona bene ai nostri pomeriggi annoiati d’estate, ce li rallegra e mentre siamo lì davanti al ventilatore senza volerci muovere perché sentiamo non valga la pena fare nulla per non sudare, ci capisce. Perché magari non è colpa del caldo, se procrastiniamo. Se “oggi non conquisto il mondo”.

Ciliari fa un volontariamente spensierato pop, rassegnato alla rassegnazione. Ci dice che se un amore è finito ci sarà una ragione, che se una cosa non ha funzionato lo farà un’altra. Che rimandare è sbagliato, ma correre sempre è folle.
Un singolo che infila dolcezza nell’amaro e fa bene, dal momento che siamo più abituati al contrario.
(Stefano Giannetti)

Ciliari: 8

NO,NON MI VA

“No, non mi va” è più di una canzone: è un piccolo manifesto generazionale. Una resa senza tragedia, un abbraccio a quel senso di spossatezza che arriva quando il mondo ti chiede di esserci ma tu vuoi solo startene in pace, in pigiama, con un infuso alla menta e la musica giusta.
C’è un’ora, tra il giorno che finisce e la sera che inizia, in cui tutto sembra pesare di più. Lì si infila questo brano, con le sue frasi taglienti ma familiari, i suoi rifiuti detti sottovoce, la sua voglia di non forzare nulla.

Atarde canta con quella voce che sembra venire da chi ha già detto “sì” troppe volte, e adesso si riprende il diritto di dire “no”; senza colpa, senza difese.
Il sound è un pop minimale, venato di malinconia urbana, che si insinua piano ma resta. Il ritornello si infila nella testa, ma non con prepotenza: ci entra come una voce amica, soprattutto per chi convive con una certa stanchezza dell’anima.

È la colonna sonora perfetta per chi ha più voglia di sentirsi capito che trascinato in pista.
È una canzone che non esplode, non implora, non si traveste da hit: semplicemente, resta. E dice a chi ascolta che va bene così. Che anche non voler partecipare è un modo di esserci.
(Viola Santoro)

Atarde: 8

PRIMA VERA

Non è solo una stagione, è un momento preciso dell’anima.
Kalpa sceglie un titolo che è un doppio passo: da un lato evoca la rinascita, dall’altro suggerisce qualcosa che accade per la prima volta in modo vero. Senza filtri, senza pose.
E infatti questo brano suona così: come la prima vera volta che ti fermi, ti ascolti e ammetti che sei stanco di fingere. Di fingerti in controllo, felice, connesso. Kalpa mette in musica il momento esatto in cui tutto si incrina e, finalmente, puoi respirare.

Il sound segue lo stesso principio: si libera delle impalcature digitali e abbraccia qualcosa di più vivo, più organico. Le chitarre arrivano dritte, con un gusto che richiama l’art-rock più elegante (pensa ai The National), ma non mancano le scosse: momenti in cui la tensione punk emerge, graffia, rimette tutto in discussione. Poi, all’improvviso, una melodia quasi fragile che strizza l’occhio ai Verdena, e ti ritrovi a galleggiare tra rabbia e tenerezza.
Il cuore del pezzo è quel ritornello che, all’inizio, sembra nascondersi. Ma poi si insinua. E resta. Nella testa, certo, ma soprattutto dentro chi si porta addosso una malinconia difficile da spiegare. È una frase musicale che non ti chiede di cantarla a squarciagola, ma di pensarla a occhi chiusi.

Con “PRIMA VERA”, Kalpa non cerca l’effetto facile. Cerca (e trova) qualcosa di più sottile: un contatto, uno specchio, uno spazio sicuro per chi si sente in bilico.
È un brano che non celebra la primavera in fiore, ma quella personale, silenziosa, che arriva dopo un inverno lungo dentro.
Ed è, forse, la sua prima vera canzone necessaria.
Una prova intensa, sincera.
E sì, vera, davvero.                                                                                                                                                                                                                                                              (Viola Santoro)

Kalpa: 8

Pijama

Quando tutto va bene, si inciampa.
“Pijama” È una canzone che non chiede permesso, non si pettina, non fa il bravo. Entra di colpo, con l’alito stanco di chi ha dormito male (o non ha dormito affatto) e si porta dietro tutta l’irrequietezza di una notte passata a discutere con sé stessi.

Cassio, insieme a heysimo, cuce un pezzo che sembra sfuggito da una mente sovraccarica: batteria spezzata, chitarre distorte come vecchi videogiochi che si rifiutano di spegnersi, un cantato che più che inciso, sembra sputato a denti stretti tra un colpo di tosse e un insulto trattenuto.
La voce bronchitica non è un effetto: è una dichiarazione d’intenti. Nessuna levigatura, nessuna pulizia. Solo la verità, detta male, ma detta.
E così “Pijama” diventa un ritratto tragicomico di quella strana condizione in cui siamo troppo stanchi per reagire, ma troppo carichi di pensieri per stare fermi.
Una corsa in discesa senza freni. O una risata nervosa nel silenzio della propria stanza.
C’è un’ironia che ricorda gli Alkaline Trio, ma filtrata da una nevrosi tutta italiana, impastata di cortisone, mal di gola e autoanalisi.

Il risultato è una scheggia storta che fa ridere e inquieta nello stesso momento.
Fa ridere, sì. Forse solo Cassio. Forse è proprio questo il bello.                                                                                                                                                                     (Viola Santoro)

Cassio: 7

GAS (ALBUM)

“GAS” è un’esplosione controllata, un disco che brucia, che fa LETTERALMENTE scintille. Il duo vicentino Tare firma un lavoro fuori dagli schemi, in cui elettronica impulsiva, glitch, ritmi irregolari e campionamenti parlati si mescolano in un caos lucidissimo: ogni traccia sa esattamente dove vuole portarti. L’estetica dei Tare per quanto stramba e surreale accompagna perfettamente il concept: un luogo in cui il “matto del paese” è lo specchio più sincero delle nostre fragilità.
(Ilaria Rapa)

Tare:8

Cristallo

Elettronica, rap e melodie rarefatte si intrecciano in un brano liquido eppure allo stesso tempo tagliente, proprio come un “Cristallo”. Il collettivo SUPERMARKET dosa con precisione forma e contenuto: le produzioni di Ocra M. disegnano un paesaggio sommerso, quasi onirico, su cui si muove la voce vulnerabile ma salda di NickH, spezzata e poi ricomposta dal ritornello ipnotico di coobølt. Il cristallo fluttuante in copertina è l’emblema della fragilità che non cede, delle trasparenze che riflettono mondi complessi, sommersi.
(Ilaria Rapa)

SUPERMARKET:7,5

Ancora

Diventa spontaneo rimanere ancorati a qualcuno per evitare di sprofondare nel logorio della vita di tutti i giorni, ma certe situazioni invece che tenerti a galla ti portano affondo, annegando in grandissime perdite di tempo e di sentimenti.

“Forse l’unico rimedio è stare da soli, e farsi crescere i capelli per sembrare ribelli”, il consiglio di Bais è quello che  serve auto analizzarsi, riscoprendo la fiducia in se stessi, piuttosto che trasformarsi in un accessorio inutile nella casa di qualcun altro.

Per stare bene, o stare male, ognuno ha la propria strada. Ecco, è importante ricordarsi che ogni scelta è importante.                                                                (Nicolò Granone)

Bais:8,5

Secondo Lampo

Due indizi fanno una prova. Si potrebbe dire così per comprendere “Secondo Lampo”, una canzone di Jesse the Faccio che si concentra sulle opportunità che si possono ripresentare, oppure sulle conferme che diventano una risposta.

Bisogna avere il coraggio di fare certe domande ancora una volta insistendo tra paranoie e voglia di conferma, mettere un po’ più di razionalità in un processo tangibile fatto di decisioni e risposte.

In alcuni casi bisogna riprovare a fare quello che si stava facendo, sistemando non solo le dosi, ma anche i momenti, Insistere, senza cedere al primo errore. Con un po’ di costanza e pazienza si possono cucinare ottime ricette, che sono un invito al condividere quando fanno stare bene.                                           (Nicolò Granone)

Jesse the Faccio: 7,5

BABY

La voglia di vedersi, sentirsi e toccarsi fino a provare certe emozioni. Memento però aggiunge una dose di malinconia e tristezza dentro Baby, un brano d’amore che forse non è più l’esaltazione di un desiderio, anzi diventa una mancanza difficile da colmare, dove i ricordi invece di unire creano sempre più distanza tra le virtù dell’essere e la realtà dell’avere.

Il giusto mix tra un balletto sensuale e una crisi di pianto.                                                                                                                                                                           (Nicolò Granone)

Memento: 7

Crollino

È un’attesa confusa tra la rassegnazione e la disperazione, diapositiva di una generazione che guarda il mondo davanti a se indeciso se agire soffrendo o provando ad andare oltre rifugiandosi in una comoda apatia.

La sofferenza si nasconde dentro l’impotenza un po’ come se il futuro non fosse davvero una nuova opportunità bensì si rivelasse una colpa da scontare.

Crollino è una fotografia lucida e disillusa della nostra epoca: un brano nato scrollando tra le notizie, immersi in un flusso continuo di drammi globali e personali, in bilico tra l’urgenza di reagire e la caducità dell’agire. Una generazione costretta a vivere nella normalità, con il peso addosso di un mondo che crolla lentamente e inesorabilmente.                                                                                                                                                                                                                 (Nicolò Granone)

GIURO: 7,5

Mille Notti

“Mille Notti” è il nuovo singolo di Cicco Sanchez. Il cantautore torinese attraversa una fase di grande fertilità artistica. Dopo l’uscita lo scorso 25 aprile di Un giorno in più, Cicco torna con un brano intenso e viscerale, che racconta la discesa e la risalita dentro una storia di dipendenza e solitudine morbosa:

“Fissi il muro come fosse il mare / Il buio come fosse il sole / Come se ti potesse illuminare, ma è solo un’allucinazione…” Nel buio crudo di un vissuto estremo, Mille Notti riesce a far filtrare una luce: quella del coraggio di risalire, di offrirsi un’altra possibilità: “Tu che dicevi non voglio più vivere / Pensa che stupido che ti saresti perso? / E tutto sembrava impossibile / Come se fossi l’unico nell’universo / E ti sei dato un’altra chance / Tu che non avevi chance.”

Con questo nuovo singolo, Cicco Sanchez firma uno dei capitoli più intensi e maturi della sua carriera: un racconto emotivo che sfida l’abisso e lo attraversa a cuore aperto

Cicco Sanchez: 7.5

Rivoluzione

“Non ci sono trattati di pace con se stessi, senza siglare nel cuore una rivoluzione.” Questa è la frase-faro che accende il nuovo singolo di AlberiNoi, invitando tutti a guardare dentro di sé e a intraprendere un cambiamento, per ritrovare l’equilibrio con gli altri, la natura e se stessi. È un dialogo intergenerazionale: da una parte c’è chi porta ancora le ferite del passato, dall’altra chi guarda il futuro e tutta la vita davanti a sé.

Quindi portiamo avanti la nostra rivoluzione, una rivoluzione non armata, ma intima e potente. Il brano musicalmente mette al centro lo slow-pop living, le chitarre sono morbide e i ritmi calibrati, tutto è ben bilanciato per trasmettere un’idea di equilibrio. Lasciamoci trasportare da questo pezzo e abbracciamo la necessità di evolversi e cambiare.                                                                                                                                                                                                                (Benedetta Rubini)

AlberiNoi: 8

Nessuna Fretta

Spesso dopo una perdita o una separazione è necessario un po’ di silenzio, un attimo per stare con noi stessi; a volte la vera forma di amore è anche saper lasciare andare. “Nessuna Fretta” celebra quindi la resa consapevole, l’assenza dei momenti passati, di ciò che è stato, ma non potrà più essere. La canzone si struttura sulla semplicità della chitarra acustica, inoltre l’intervento di Condemi con synth e basso aggiunge al brano un tocco di profondità. Nessuna Fretta non è un singolo che nasce per scalare le classifiche, ma per restare dentro chi lo ascolta. È una piccola medicina emotiva per chi ha imparato che a volte il miglior modo di tenere a qualcosa o qualcuno è lasciar andare.                                                                                                                                                           (Benedetta Rubini)

GIIN: 8

Frisbee

“Frisbee” celebra la resilienza e l’amore per se stessi, il percorso interiore nel quale ognuno di noi, dopo una caduta, deve trovare il coraggio di rialzarsi. “E sto cercando davvero tra le parenti dell’ego/ Mi sento cadere, attutiscimi il colpo.” Il cantante ammette la fragilità, il bisogno di una cura, è importante accettare anche i propri difetti per ritrovarsi più autentici.  Il Frisbee diventa metafora del fluttuare, del prendere il volo e di sentirsi leggeri , liberi dalla paura del buio.
Bosnia vuole farci cadere per poi imparare a volare per davvero.                                                                                                                                                         (Benedetta Rubini)

Bosnia: 8

Animali Notturni

“Animali notturni” ti arriva addosso con un’eleganza scomposta, lasciando dietro di sé una scia di elettricità e incertezza. Come le sigarette accese alle tre di notte, le domande che non trovano risposta, gli sguardi trattenuti un secondo di troppo. È un brano che non ha fretta, ma nemmeno pace. Si muove in bilico, come chi cammina da solo in una città che non smette mai davvero di respirare, cercando qualcosa, o qualcuno, che forse non c’è più. O magari non c’è mai stato.

La scrittura è asciutta, visiva, fatta di dettagli che si aggrappano alla pelle: fari sfocati, stanze semivuote, città che non chiudono mai gli occhi. Non serve molto altro. Perché è più importante il non detto, quello che resta sotto, la silenziosa ricerca di una verità che non faccia finta di niente.

Le chitarre graffiano e accarezzano allo stesso tempo, in un gioco di tensione che non cerca l’esplosione ma gioca sull’orlo di essa. La batteria tiene tutto incollato con un’inquietudine trattenuta, quasi svogliata. C’è un’urgenza, sì, ma senza teatralità. Il bisogno, la paura, il confine sottile tra vicinanza e solitudine. De Relitti riesce a parlare d’amore senza mai chiamarlo per nome, evitando retorica e sentimentalismi. “Animali notturni” è una ballata dall’animo rock. Colpisce perché non cerca scorciatoie, e non pretende di spiegare niente. Ti accompagna solo per un tratto, lasciandoti in un limbo onirico tra ciò che è stato e ciò che sarebbe potuto essere.                                                                                                                                                                                                                (Serena Gerli)

De Relitti:8,5

meglio senza

“meglio senza” si insinua con quella calma apparente che hanno solo le decisioni già prese. Nessun colpo di scena, solo la lucidità tagliente di qualcosa che si rompe senza fare troppo rumore.
Il groove tiene tutto insieme con discrezione e precisione. La batteria scandisce il tempo senza fretta, il basso vibra sottopelle come un pensiero ricorrente, le tastiere si aprono morbide, lasciando entrare luce in una giornata grigia. La voce resta sospesa a metà strada tra distanza e intimità, senza mai imporsi, ma nemmeno sparire.

Il suono è pulito, elegante, ma mai freddo. La produzione gioca di sottrazione: ogni elemento sembra avere lo spazio giusto per esistere, senza mai rubare la scena. Tutto è dosato, quasi con pudore, come se ogni suono fosse un passo misurato verso qualcosa che non sai se accadrà oppure no. C’è malinconia, ma senza nostalgia. È la consapevolezza di quando smetti di trattenere e lasci andare. Di quando capisci che quel vuoto, in fondo, pesa meno della finzione. “meglio senza” racconta il dopo, quel limbo sospeso in cui si ricomincia a respirare, anche se non si è pronti davvero.                                                               (Serena Gerli)

greatwaterpressure:7,5

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Redazione Redazione Eventi e News