Pelletteria italiana, il settore spera in una ripresa nel 2026

Maggio 17, 2025 - 05:00
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Pelletteria italiana, il settore spera in una ripresa nel 2026
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Le pelletteria attende (e spera) in un rimbalzo nel 2026. È quanto ha dichiarato Claudia Sequi, presidente di Assopelletteri in occasione degli Stati generali della pelletteria italiana 2025 promosso da Assopellettieri con The European House – Ambrosetti e il Comune di Firenze che si è tenuto ieri nel capoluogo toscano. Come riportato dall’agenzia Ansa, Sequi ha dichiarato che per la produzione industriale nel comparto della pelletteria “in questi primi mesi” del 2025 “grandi segnali di rimbalzo positivi non ne abbiamo, però è un po’ presto per trarre le conclusioni, sinceramente”.”Abbiamo fatto un sondaggio tra i nostri associati”, ha detto, “e secondo il 32% la ripresa è prevista nella seconda metà del 2025; per il 50% è prevista nel 2026”, ha aggiunto.

Quello della pelletteria italiana è un sistema che genera 12 miliardi di euro l’anno, impiega quasi 49 mila addetti, esporta più del 70% della produzione e rappresenta da solo il 47% del fatturato europeo del settore.  “Il nostro primato non può essere dato per scontato”, ha avvertito Sequi. “Per mantenere la leadership serve una politica industriale vera, integrata, condivisa. E serve ora”.

Secondo lo studio strategico presentato in occasione dell’evento, la pelletteria italiana – secondo esportatore mondiale dopo la Cina – mostra segnali di rallentamento competitivo: nel 2024 il saldo commerciale ha registrato un calo del 9% rispetto all’anno precedente, nonostante l’alta redditività e l’efficienza del modello produttivo. Il comparto, storicamente trainato da pmi e distretti territoriali ad alta specializzazione, oggi si trova a fronteggiare aumenti di costi, tensioni geopolitiche, pressione fiscale e carenza di manodopera specializzata. La filiera si conferma centrale per la moda italiana, ma non è blindata contro l’instabilità dei mercati.

La seconda parte del report Teha-Ambrosetti definisce, in risposta, un’agenda concreta per rafforzare la sostenibilità economica e finanziaria del settore. Le principali proposte strategiche sono state: incentivi fiscali e stabilizzazione finanziaria per rafforzare la marginalità, soprattutto delle pmi; una distribuzione più equa del valore lungo la filiera, per evitare squilibri tra grandi brand e fornitori e poi ancora il sostegno alla internazionalizzazione con strumenti di credito all’export più accessibili, investimenti mirati in innovazione tecnologica per aumentare tracciabilità, qualità e produttività. Patto per la trasparenza e la legalità, essenziale per attirare investitori e garantire compliance e infine uno storytelling finanziario e attrattivo, per valorizzare artigianalità e competenze, anche verso i capitali esteri.

“Abbiamo un sistema industriale unico al mondo, ma non siamo abbastanza bravi a comunicarlo e capitalizzarlo”, ha sottolineato Flavio Sciuccati, senior partner di Ambrosetti.

L’intervento del Ministro delle Imprese Adolfo Urso e il messaggio del vicepremier Antonio Tajani hanno riconosciuto il ruolo strategico del comparto. Ma per gli operatori non bastano le parole: “Serve un impegno reale per accompagnare la crescita strutturale del sistema moda, rendendolo competitivo sul piano globale e finanziariamente resiliente”, ha concluso Sequi.

Con una redditività superiore alla media manifatturiera, la pelletteria è un asset strategico anche in chiave di attrazione di investimenti e capitali esteri. Gli esperti chiamano le istituzioni a includere il comparto moda-accessori nei piani industriali nazionali, con politiche mirate ad agevolare la patrimonializzazione delle imprese, semplificare l’accesso al credito e sostenere la digitalizzazione.

Il rischio, se il sistema non si muove, è di perdere una delle poche filiere integrate che oggi offrono all’Italia un reale vantaggio competitivo globale.

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Redazione Redazione Eventi e News