Perché l’imam di Torino Mohamed Shahin rischia l’espulsione, l’appello dei docenti e dei ricercatori per evitare che debba tornare in Egitto

Dicembre 1, 2025 - 13:00
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Perché l’imam di Torino Mohamed Shahin rischia l’espulsione, l’appello dei docenti e dei ricercatori per evitare che debba tornare in Egitto

“Noi docenti, ricercatori e ricercatrici delle università italiane esprimiamo profonda preoccupazione per la situazione di Mohamed Shahin, imam della moschea Omar Ibn al-Khattab di Torino, attualmente trattenuto nel Cpr di Caltanissetta a seguito di un decreto di espulsione emesso dal Ministero dell’Interno”. Comincia così un appello diffuso sul web con cui si chiede la “liberazione” dell’uomo. Al momento le adesioni, giunte da Atenei in numerose località italiane, sono 181. Una di queste è di Alessandra Algostino, ordinaria di diritto costituzionale a Torino.

“Mohamed Shahin – si legge – è da lungo tempo impegnato in pratiche di dialogo interreligioso e cooperazione sociale. Numerose comunità religiose, associazioni civiche e gruppi interconfessionali hanno pubblicamente attestato il suo contributo alla costruzione di relazioni pacifiche tra diverse componenti della città di Torino, evidenziando la natura collaborativa e aperta della sua attività”.

Presidio per l'Imam Mohamed Shahin
Presidio per l’Imam Mohamed Shahin (foto Ansa) – Blitz Quotidiano

Mohamed Shahin rischia l’espulsione per le sue posizioni su Gaza

“È noto – è ancora il testo dell’appello – che il signor Shahin, prima del suo arrivo in Italia oltre vent’anni fa, era considerato oppositore politico del regime egiziano. La prospettiva di un suo ritorno forzato in Egitto lo esporrebbe concretamente a rischi di persecuzione, detenzione arbitraria e trattamenti inumani. Le motivazioni alla base della revoca del permesso di soggiorno appaiono collegate alle sue dichiarazioni pubbliche sulla situazione a Gaza e alle sue posizioni critiche rispetto all’operato del governo israeliano. Se così fosse, ci troveremmo di fronte a un precedente estremamente preoccupante: l’uso di strumenti amministrativi per colpire l’esercizio della libertà di opinione, tutelata dall’articolo 21 della Costituzione e da convenzioni internazionali cui l’Italia aderisce”.

Presentati tre ricorsi per evitare l’espulsione

Per evitare il ritorno in Egitto dell’imam, gli avvocati hanno presentato tre ricorsi. L’uomo, in attesa che si definisca la sua posizione, per i prossimi 15 giorni non può essere allontanato dal territorio nazionale né accompagnato alla frontiera. Dal Cpr, Mohamed Shahin ha intanto dichiarato di essere “contrario ad ogni forma di violenza”. L’occasione è stata un contatto con uno dei suoi avvocati, Fairus Ahmed Jama.

I pm di Torino avevano archiaviato la sua posizione

La denuncia era partita dalla deputata di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli a seguito delle sue parole pronunciate durante una manifestazione pro-Palestina avvenuta il 9 novembre scorso. La Digos e di Torino aveva trasmesso alla procura un’annotazione con le frasi pronunciate che era stata subito archiviata perché non c’era nessun reato.

La Montaruli ha però di fatto chiesto e ottenuto dal ministro Matteo Piantedosi l’espulsione del religioso. E così, quando il Viminale ha chiesto all’autorità giudiziaria se ci fossero ragioni contrarie all’espulsione, l’autorità giudiziaria torinese aveva risposto con un nulla osta. Non aveva autorizzato l’espulsione, precisano dagli uffici della procura, ma soltanto risposto ad una precisa domanda del ministero.

L’appello del vescovo di Pinerolo

Anche il vescovo di Pinerolo Derio Olivero, presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo, si sta mobilitando per l’imam Mohamed Shahin.

Il vescovo ha diffuso un videomessaggio in cui ha invitato la popolazione a mobilitarsi per l’imam: “Shahin è in Italia da 20 anni e posso testimoniare che ha sempre lavorato per il dialogo. Mi sembra strano e assurdo che ora rischi essere espulso per un’opinione espressa”.

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