Primavera a rilento per il fast fashion. Inditex delude le attese nel primo trimestre

Giugno 11, 2025 - 14:00
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Primavera a rilento per il fast fashion. Inditex delude le attese nel primo trimestre
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Si chiude sotto le attese il primo trimestre di Inditex. Nel periodo terminato lo scorso 30 aprile il colosso spagnolo della moda low cost ha totalizzato ricavi per 8,27 miliardi di euro, con una crescita limitata all’1,5% e inferiori al consensus degli di Lseg che – riporta Reuters – arrivava a quota 8,36 miliardi di euro. Concorda anche Deutsche Bank, che tratteggia un “trend già previsto e discusso dagli investitori, ma più debole delle attese nell’ultima parte del trimestre”. Un gap contenuto ma che è costato al player un tonfo in Borsa di oltre 4 punti percentuali questa mattina, in seguito alla diramazione dei risultati.

Sul fronte della marginalità, nel quarter la società ha registrato un utile netto pari a 1,3 miliardi di euro, in aumento dello 0,8% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, e un ebitda che ha raggiunto i 2,4 miliardi di euro, in rialzo dell’1 per cento anno su anno. Tra il 1° maggio e il 9 giugno 2024, le vendite in store e online a tassi di cambio costanti sono aumentate del 6% rispetto al pari periodo del 2024.

Particolarmente critico agli occhi dei mercati, l’avvio della stagione estiva: Inditex ha infatti anticipato la performance delle sue collezioni primavera/estate nelle settimane comprese tra il primo maggio e il nove giugno, con vendite in store e online aumentate del 6% (a cambi correnti). Un risultato che si pone, anch’esso, al di sotto delle aspettative degli analisti – che si spingevano a pronosticare un +7,3% – e in calo rispetto alla crescita del 12% messa a segno nel primo trimestre del fiscal year precedente.

Secondo gli analisti di Bernstein, anche le piogge in Spagna, mercato di riferimento di Inditex e che rappresenta il 15% delle sue vendite globali, hanno contribuito a inficiare le performance dell’azienda. La Spagna ha vissuto, infatti, una delle primavere più piovose di sempre, con Madrid che ha registrato livelli di precipitazioni tre volte superiori alla media stagionale. Un ostacolo non indifferente all’avvio delle vendite primaverili.

Nonostante la generale delusione degli analisti, il player ha definito “soddisfacente” la propria performance. Le prospettive per il full year 2025 avviato non sembrano comunque essere rosee: l’outlook delineato dalla società anticipa una decrescita delle vendite stimata al 3% (causata anche dalle fluttuazioni sfavorevoli del mercato valuario), e un margine lordo stabile, intorno ai 50 punti base. Nei piani dell’aziende, il proseguo dell’ottimizzazione della propria rete retail nei 214 Paesi in cui è presente con “una quota di mercato ridotta in un settore altamente frammentato”, in cui l’azienda vede ancora “forti opportunità di crescita”.

Riguardo all’andamento dei primi mesi dell’anno, l’analista di Bernstein William Woods lo riconsidera all’interno di un contesto, quello del fast fashion in particolare ma del fashion più in generale: “Dobbiamo fare un passo indietro e considerare la crescita a una cifra media come in realtà piuttosto buona in questo contesto”. Anche i diretti competitor di Inditex, infatti, stanno attraversando un momento critico, di ripensamento del proprio modello e ridimensionando della propria forza all’interno di un sistema che patisce ormai, oltre all’indebolirsi della domanda e del potere d’acquisto dei consumatori, anche l’avvento dei più recenti rivali asiatici, come Shein e Temu.

Anche la svedese H&M, infatti, si è appena lasciata un primo trimestre piuttosto debole (+3%) e, più in generale, sta vivendo una fase di ‘crisi di identità’, che verosimilmente – così raccontano le speculazioni della stampa – potrebbe arrivare al delisting della società, con la famiglia fondatrice prossima ad acquisirne il pieno controllo.

Nella call con gli investitori, il manager Gorka Garcia-Tapia, responsabile proprio delle relazioni con i mercati di Inditex, ha commentato: “Abbiamo una presenza globale e quindi abbiamo maturato una vasta esperienza negli ultimi decenni nella gestione dei cambiamenti nei regimi tariffari”, aggiungendo che le vendite e gli approvvigionamenti diversificati di Inditex garantiscono flessibilità al business model. E ancora: “Ci concentriamo sull’approvvigionamento di prossimità. Credo che tutto questo, per quanto riguarda gli Stati Uniti, ci sia di grande aiuto”. Sono proprio questi ultimi, in effetti, a preoccupare particolarmente gli investitori, poiché le ricadute dell’imminente nuovo regime tariffario trumpiano rischiano di complicare sensibilmente la crescita dei player del fast fashion, e in parte lo stanno già facendo, frenando la propensione allo shopping oltreoceano e facendo lievitare i costi lungo la supply chain fino all’acquirente finale.

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Redazione Redazione Eventi e News