Sfruttare il potenziale circolare dei rifiuti plastici con il riciclo chimico avanzato

La produzione globale di rifiuti plastici ha superato i 350 milioni di tonnellate annue, ma l’evoluzione tecnologica potrebbe trasformare questa criticità ambientale in un’opportunità industriale. Nuove soluzioni per il recupero chimico avanzato permettono di ottenere molecole aromatiche primarie da rifiuti plastici misti, in sostituzione delle fonti fossili. Restano però ancora sfide economiche e barriere regolatorie da affrontare
Nel solco della transizione ecologica e della crescente urgenza di decarbonizzazione, l’industria chimica si trova di fronte a una delle sue più complesse riconfigurazioni: ridurre la dipendenza dai derivati fossili pur mantenendo la disponibilità di molecole essenziali alla produzione industriale.
In questo contesto, il riciclo chimico avanzato dei rifiuti plastici emerge non soltanto come opzione di smaltimento, ma come vettore strategico per la produzione di aromatici primari – benzene, toluene e xilene – oggi alla base di una pluralità di applicazioni industriali, dai polimeri tecnici ai solventi, dalle fibre sintetiche ai componenti per l’automotive.
Il paradigma della chimica circolare: da rifiuto plastico a materia prima secondaria
Con una produzione annuale di rifiuti plastici che ha superato i 350 milioni di tonnellate, il sistema produttivo globale si trova davanti a una potenziale risorsa inutilizzata. L’adozione di tecnologie di pirolisi catalitica, che convertono plastiche miste in molecole aromatiche ad alto valore, rappresenta una delle direttrici più promettenti della cosiddetta chimica circolare.
Tra le soluzioni tecnologiche in fase avanzata di sviluppo si segnalano due approcci distinti ma complementari: il processo Iccp (Integrated Cascading Catalytic Pyrolysis) sviluppato da BioBtx nei Paesi Bassi e la piattaforma di pirolisi catalitica messa a punto da Anellotech negli Stati Uniti.
Entrambe puntano a replicare – e superare in termini di sostenibilità – la resa della riformazione catalitica del nafta, processo convenzionale con cui oggi si ottengono Btx dal petrolio.
Queste tecnologie agiscono attraverso la scomposizione termica dei polimeri plastici, seguita da una fase catalitica che selettivamente favorisce la formazione di molecole aromatiche.
Un aspetto particolarmente innovativo è la capacità di trattare plastiche miste senza necessità di pretrattamenti energivori, rendendo i processi più compatibili con la gestione reale dei rifiuti urbani.

Investimenti strategici e prime applicazioni su scala industriale
Se fino a pochi anni fa tali processi erano confinati a laboratori e impianti pilota, oggi il panorama si sta rapidamente trasformando. BioBtx ha annunciato la realizzazione di un impianto industriale a Delfzijl, nei Paesi Bassi, con avvio previsto nel 2026.
Parallelamente, Anellotech punta a commercializzare il proprio processo entro il 2030, dopo un primo impianto dimostrativo attivo su scala semi-industriale.
In Europa, il progetto della startup Xycle – sostenuto da un consorzio di investitori che include Dow Chemical, Ing, Invest-Nl, Vopak e Polestar Capital – prevede un impianto a Rotterdam in grado di trattare annualmente 21.000 tonnellate di rifiuti plastici per la produzione di olio di pirolisi destinato a impieghi nei settori medicale, alimentare e automobilistico.
Anche Basf ha consolidato una partnership con Encina, specializzata nel recupero di benzene da plastiche post-consumo: una scelta strategica che rafforza la volontà del colosso tedesco di presidiare il nascente mercato degli aromatici circolari.
La dimensione economica: ostacoli e leve di competitività
Sebbene le premesse tecnologiche siano solide, la sfida più rilevante resta quella economica. I processi di conversione dei feedstock alternativi – come rifiuti plastici, biomasse lignocellulosiche o alghe – risultano ancora meno competitivi rispetto alla raffinazione petrolifera, sia per la complessità dei passaggi chimici sia per il minore rendimento in termini di prodotto finale.
Le oscillazioni del prezzo del greggio, sommate ai sussidi diretti e indiretti ai combustibili fossili, ostacolano la piena affermazione di queste soluzioni sul mercato. Tuttavia, l’introduzione di carbon tax, politiche europee sempre più stringenti in materia di economia circolare e il progressivo disincentivo alla produzione da fonte fossile potrebbero costituire gli elementi chiave per riequilibrare il quadro economico.
Secondo la ricerca Next-Generation Feedstocks for Sustainable Chemicals 2025-2035, sviluppata da IdTechEx, la capacità produttiva di chimica sostenibile da feedstock alternativi crescerà con un tasso annuo del 16% nel prossimo decennio, raggiungendo oltre 11 milioni di tonnellate entro il 2035.
Un dato che lascia intravedere una possibile inversione di tendenza, supportata da economie di scala, evoluzioni normative e una crescente domanda di prodotti fossil free da parte delle filiere a valle.
Oltre la plastica: un portafoglio di feedstock per la chimica del futuro
I rifiuti plastici rappresentano solo una delle possibili fonti di carbonio circolare. Altri feedstock emergenti includono biomasse agricole residuali, scarti lignocellulosici, alghe, rifiuti alimentari e persino CO2 catturata.
In tutti questi casi, l’obiettivo è ridurre le emissioni indirette (scope 3) lungo le catene del valore e stimolare la nascita di una bioeconomia industriale fondata sul principio waste-to-resource.
Alcuni progetti pionieristici si stanno concentrando su lignina e zuccheri non edibili per produrre intermedi chimici di alta qualità, grazie all’impiego di catalisi selettiva, liquidi ionici e tecnologie a cavitazione ultrasonica.
Anche se ancora distanti dalla piena maturità industriale, queste soluzioni indicano una direzione chiara: la chimica verde non è più una suggestione accademica, ma un campo strategico in cui si giocano le sorti della competitività europea.
L’idea di ricavare prodotti chimici di base da rifiuti plastici, trasformandoli in risorse di valore industriale, non è soltanto una provocazione ecologista: è una possibilità concreta, tecnicamente fondata, che merita attenzione e investimenti.
Come spesso accade nelle rivoluzioni silenziose, ciò che oggi appare marginale potrebbe diventare il nuovo standard domani. Nel mentre, la chimica si ripensa.
E in questa riformulazione della materia, i rifiuti – plastici e non – cessano di essere un problema e diventano una materia prima. Secondaria, certo. Ma mai di secondaria importanza.
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