Tumori ematologici, nei Paesi che investono di più in sanità sopravvivenza più alta
Sopravvivenza quasi doppia per i tumori ematologici nei Paesi che investono di più: il linfoma diffuso a grandi cellule B (34% contro 58%), il linfoma mantellare (21% contro 61%), il linfoma follicolare (40% contro 81%), la leucemia mieloide acuta (6% contro 21%) e la leucemia mieloide cronica (31% contro 65%). Le grandi differenze di sopravvivenza osservate sono molto probabilmente legate a un diverso grado di accesso alle cure
Esiste un legame significativo tra l’entità della spesa sanitaria nazionale e la sopravvivenza dei pazienti affetti da tumore ematologico. È quanto rileva una ricerca europea condotta nell’ambito del progetto Eurocare-6 (European cancer registry based study on survival and care of cancer patients), che ha coinvolto 27 Paesi europei e oltre 1 milione e 150mila pazienti affetti da patologie onco-ematologiche.
Sopravvivenza a dieci anni nei Paesi che investono di più per linfoma non-Hodgkin
Lo studio, che ha visto la collaborazione dell’Irccs Istituto nazionale tumori (Int) di Milano e dell’Istituto superiore di sanità (Iss), fornisce un’analisi della sopravvivenza a lungo termine per i tumori ematologici come linfomi, leucemie e mielomi. I risultati sono stati recentemente pubblicati sulle riviste scientifiche ‘Lancet Oncology‘ ed ‘European Journal of Cancer‘. L’analisi ha evidenziato come nei Paesi in grado di destinare elevate risorse alla sanità la probabilità di sopravvivenza per i pazienti affetti da tumore ematologico risulta essere significativamente superiore rispetto ai Paesi con minore spesa sanitaria nazionale. In particolare, i Paesi dell’Est Europa, che investono meno in sanità, presentano per il linfoma non-Hodgkin una sopravvivenza a 10 anni dalla diagnosi quasi dimezzata rispetto ai Paesi che investono di più: 33% contro 62% (Danimarca, Norvegia e Svizzera).
Questo schema è evidente per il linfoma diffuso a grandi cellule B (34% contro 58%), il linfoma mantellare (21% contro 61%), il linfoma follicolare (40% contro 81%), la leucemia mieloide acuta (6% contro 21%) e la leucemia mieloide cronica (31% contro 65%).
«L’Italia – analizza Silvia Rossi, ricercatrice Iss e co-autrice dello studio – anche se allineata alla media europea, non raggiunge i livelli di sopravvivenza ottenuti dai Paesi con maggiori investimenti. È quindi necessario aumentare i finanziamenti in sanità affinché migliorino ulteriormente le possibilità di cura per i pazienti onco-ematologici».
In Italia sopravvivenza tumori ematologici in linea con media europea
Nel dettaglio, emerge che in Italia la sopravvivenza per tumore ematologico è in linea o di poco superiore alla media europea: dopo 10 anni dalla diagnosi sopravvive il 58% dei pazienti affetti da linfoma non-Hodgkin, contro una media del 55% in Europa, e il 52% dei pazienti con leucemia mieloide cronica, sia in Italia che in Europa.
«Il nostro studio – commenta Claudia Vener, medico e ricercatrice Int Milano e coordinatrice dello studio – dimostra inequivocabilmente che gli investimenti in sanità, soprattutto in ricerca ed innovazione terapeutica, hanno un impatto diretto sulla sopravvivenza dei pazienti affetti da tumore ematologico. Per alcune patologie, come la leucemia mieloide acuta, la sopravvivenza a 10 anni è ancora troppo bassa, evidenziando l’urgenza di un maggiore impegno nell’incrementare i fondi per la ricerca e per le cure innovative».
«Le grandi differenze di sopravvivenza osservate tra i Paesi europei sono molto probabilmente legate – spiega Rossi – a un diverso grado di accesso alle cure e a una diversa disponibilità ed utilizzo di trattamenti efficaci».
Il progetto ha beneficiato di importanti fondi europei, inclusi quelli derivanti dalla Joint Action iPaac (Innovative Partnership for Action Against Cancer). I risultati di questo studio per gli esperti sottolineano l’importanza di proseguire con il sostegno alla ricerca scientifica per migliorare la qualità e le aspettative di vita dei pazienti affetti da tumore ematologico.
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