Vige il divieto di sbarramento in presenza dell'uso pubblico di una strada

Agosto 5, 2025 - 17:30
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Vige il divieto di sbarramento in presenza dell'uso pubblico di una strada

lentepubblica.it

La sezione I Catanzaro del TAR Calabria, con la sentenza del 1° agosto 2025, numero 1339, chiarisce i criteri per individuare l’uso pubblico su una strada privata, il quale preclude ai privati di istallare una sbarra che ne precluda l’accesso. Focus a cura dell’Avvocato Maurizio Lucca.


L’azione di accertamento

Pare giusto rammentare che spetta alla cognizione del giudice amministrativo la classificazione di una strada giacché in essa viene in discussione non già un comportamento della PA “iure privatorum”, bensì la legittimità, o meno, dell’esercizio del potere autoritativo della stessa PA nell’inserimento delle strade nei propri registri, aspetto da ascriversi alla materia del governo del territorio e dell’urbanistica, devoluta alla giurisdizione esclusiva di detto giudice.

Invero, l’iscrizione di una strada nell’elenco delle vie pubbliche o gravate da uso pubblico (c.d. vicinali) [1] riveste funzione puramente dichiarativa della pretesa del Comune, ponendo una semplice presunzione di pubblicità dell’uso, superabile con la prova contraria della natura della strada e dell’inesistenza di un diritto di godimento da parte della collettività mediante un’azione negatoria di servitù.

L’approdo comporta che la controversia circa la proprietà, pubblica o privata, di una strada, o riguardante l’esistenza di diritti di uso pubblico su una strada privata, è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, giacché investe l’accertamento dell’esistenza e dell’estensione di diritti soggettivi, dei privati o della pubblica amministrazione, e ciò anche ove la domanda abbia formalmente ad oggetto l’annullamento dei provvedimenti di classificazione della strada, atteso che il “petitum” sostanziale [2], non essendo diretto a sindacare un provvedimento autoritativo della P.A., ha, in realtà, natura di accertamento petitorio [3].

In dipendenza di ciò, la domanda volta all’accertamento della natura privata o demaniale di una particella catastale – mediante la verifica della titolarità del diritto di proprietà – implica la tutela di una situazione giuridica soggettiva di diritto soggettivo, che rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, non venendo in rilievo né l’esercizio di poteri autoritativi, né ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo [4].

In termini diversi, l’iscrizione nell’elenco delle strade pubbliche non è costitutivo del diritto, ma pone una semplice presunzione, importa che, non solo la contesa circa la natura pubblica o privata, ma anche l’accertamento della sussistenza di diritti d’uso pubblico su una strada privata si appartengano alla giurisdizione ordinaria [5].

Fatto

Nella sua essenzialità alcuni residenti impugnano una deliberazione di Giunta del Comune con la quale si disciplinava l’accesso ad un villaggio sul lago, essendo proprietari della strada ricadente all’interno dello stesso, costituita dagli stessi intorno agli anni settanta per raggiungere le rispettive dimore, mediante conferimento di porzioni di terreno di proprietà privata: il Comune intende togliere i cancelli di sbarramento.

La strada, larga circa tre metri, costruita, recintata e manutenuta dai proprietari è utilizzata da tempo immemorabile in via esclusiva dagli stessi proprietari delle abitazioni incluse all’interno del villaggio, con la conseguenza che la cit. strada, ancora, non assolve ad alcuna funzione di collegamento tra vie pubbliche, terminando il proprio percorso all’interno della recinzione del Villaggio medesimo.

Il Comune con deliberazione (risalente a oltre quaranta anni), su richiesta di alcuni proprietari, aveva programmato la municipalizzazione del passaggio carrabile, assumendo l’impegno di realizzare il tracciato stradale e le opere necessarie a metterlo in sicurezza e renderlo percorribile sia nelle ore notturne sia nella stagione invernale, nonché di compiere i necessari interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, impegni che non sono seguiti nella pratica.

Nei primi anni novanta alcuni proprietari furono autorizzati dal Comune ad installare a loro spese, all’inizio della strada di accesso al medesimo Villaggio una sbarra metallica con lucchetto, ribadendo, in ogni caso, che nessuna servitù di uso pubblico si sarebbe tuttavia mai costituita sulla strada di accesso al Villaggio, nessun atto espropriativo risulta mai notificato, neppure è stata resa fruibile alla collettività uti cives.

In seguito (primi anni del duemilaventi), il Comune ha intimato la consegna delle chiavi della sbarra di accesso, per rendere percorribile (la strada) ad altri residenti, rilevando, in sede di costituzione in giudizio, la presenza di una servitù di uso pubblico sul tratto stradale.

Poteri impliciti

Sotto questo profilo (della riconsegna delle chiavi, comportamento inequivocabile) si potrebbe affermare l’esercizio di un potere implicito, con il quale la PA, pur non adottando formalmente la propria determinazione, ne determini univocamente i contenuti sostanziali, o attraverso un contegno conseguente, ovvero determinandosi in una direzione, anche con riferimento a fasi istruttorie coerentemente svolte, a cui non può essere ricondotto altro volere che quello equivalente al contenuto del corrispondente provvedimento formale non adottato, ossia la revoca di ogni autorizzazione all’accesso uti singuli: emerge senza incertezza un collegamento biunivoco tra l’atto adottato o la condotta tenuta e la determinazione che da questi si pretende di ricavare, onde quest’ultima sia l’unica conseguenza possibile della presupposta manifestazione di volontà [6].

Giurisdizione

In via preliminare viene respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione del GA visto che se la contestazione dei provvedimenti di classificazione di una strada è rimessa alla cognizione del giudice ordinario, involgendo l’accertamento di un diritto soggettivo, sussiste, invece, la giurisdizione del giudice amministrativo allorquando la verifica in ordine all’esistenza di una servitù di uso pubblico sulla strada o della sua demanialità è finalizzata a stabilire se i gravati provvedimenti comunali siano o meno legittimi.

L’accertamento in questione non eccede l’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo, dal momento che l’accertamento sulla natura pubblica o privata di una strada o sull’uso pubblico della stessa può sempre avvenire incidentalmente nell’ambito di un giudizio amministrativo, se tale elemento costituisce il presupposto per l’adozione di provvedimenti amministrativi in contestazione [7].

Merito

Viene confermato che l’iscrizione di una strada nell’elenco delle vie pubbliche o gravate da uso pubblico costituisce una presunzione di pubblicità dell’uso, superabile soltanto con la prova contraria della natura della strada e dell’inesistenza di un diritto di godimento da parte della collettività mediante un’azione negatoria di servitù: il ricorso viene dichiarato in parte irricevibile e per il resto rigettato.

Dall’analisi degli atti forniti, si evince che la strada “municipalizzata”, con provvedimento consiliare, in parte ineseguito, risulta;

  • l’unica che consente l’accesso alle abitazioni, ovvero il collegamento tra statale e la sponda del lago;
  • viene manutentato l’impianto di pubblica illuminazione ivi collocato, segno indicativo di un uso pubblico della strada, poiché espressamente adibita, da tempo, al pubblico transito carrabile e pedonale ed alla finalità di consentire ai cittadini di accedere al Lago [8].

Aspetti sostanziali dai quali il GA ritiene accertato incidentalmente, ai sensi dell’art. 8 c.p.a., che la porzione di strada di accesso al villaggio è sottoposta a servitù di uso pubblico.

Viene, altresì, ritenuta:

  • infondata l’eccezione di difetto di interesse dei ricorrenti sollevata dalla difesa comunale, deducendo evidentemente i ricorrenti medesimi l’interesse alla fruizione esclusiva della strada.
  • fondata l’eccezione di tardività dell’impugnazione della delibera di municipalizzazione della strada, pubblicata sull’albo pretorio nel 1984, della deliberazione di autorizzazione all’installazione della sbarra del 1991, avente come presupposto la richiamata delibera del 1984 ed anch’essa pubblicata sull’albo pretorio nel 1991 e comunicata ai richiedenti.

Ciò posto, la deliberazione giuntale avversata con cui è stata disposta la rimozione della sbarra di accesso alla medesima strada, posta peraltro su una porzione di proprietà non dei ricorrenti, è da ritenersi espressiva di un’attività funzionale alla tutela dell’interesse pubblico al libero acceso alla via e non costituisce un provvedimento di revoca ai sensi dell’art. 21-quinquies della legge n. 241/1990.

In definitiva, l’intento della PA si dimostra nella volontà di ripristinare la viabilità di una strada sottoposta ad uso pubblico, alterata da terzi e così reintegrare la collettività nel godimento del bene, a tutela della libera circolazione e della sicurezza, esercitando la c.d. “autotutela possessoria” in via amministrativa, finalizzata all’immediato ripristino dello stato di fatto preesistente, espressione di un potere generale desumibile dagli artt. 823 e 825 c.c., da esercitare nell’ipotesi di turbative che impediscano o rendono disagevole il normale godimento del passaggio pubblico e, ciò, anche a prescindere dall’effettiva esistenza di un diritto reale di servitù pubblica di passaggio o dell’esistenza di una pubblica via vicinale [9].

La domanda di annullamento deve essere pertanto respinta, restando però conseguentemente impregiudicato il dovere dell’Amministrazione pubblica di garantire il pubblico transito in sicurezza.

Cancelli di sbarramento

La sentenza si allinea ad un orientamento costante secondo il quale il potere della PA di intervento su beni privati qualora gravata da uso pubblico, ben potendo rimuovere ogni impedimento alla circolazione di persone e mezzi: l’uso pubblico, consistente nella libera possibilità di attraversamento di un’area (strada) da parte di chiunque, ai fini dell’esercizio del diritto alla mobilità degli abitanti del Comune che, in tal modo, possono raggiungere zone diverse dell’abitato, quando sia dimostrato che da tempo vige il passaggio ed è stato sempre rispettato sia dall’Amministrazione, che non ha mai posto limiti fisici o segnali di divieto o di limitazione ai fini dell’attraversamento, sia dai proprietari frontisti, che non hanno mai apposto temini o recinzioni suscettibili di ostacolare l’esercizio del predetto diritto pubblico di passaggio.

Di converso, in presenza della “demanializzazione” della strada, e di ulteriori indici del dominio pubblico sul bene privato, l’uso pubblico non può essere compromesso da cancelli di sbarramento, che, se anche tollerati, possono sempre essere rimossi dall’Amministrazione quando hanno lo scopo di precludere il pubblico passaggio lungo la strada, motivando la legittimità dell’adozione del provvedimento comunale di riduzione in pristino [10].

Note

[1] La strada vicinale è pubblica allorché sussistano determinati elementi di fatto, consistenti nell’esistenza di un effettivo passaggio esercitato iure servitutis publicae da una collettività di persone qualificate dall’appartenenza ad un gruppo territoriale, nella concreta idoneità del bene a soddisfare esigenze di carattere generale (quale il collegamento con la pubblica via), nonché nella esistenza di un titolo valido a fondamento del diritto ad uso pubblico; merita precisare che è richiesto un transito generalizzato tale per cui la Amministrazione comunale possa vantare un diritto, ai sensi dell’art. 825, Diritti demaniali su beni altrui, cod. civ., Cons. Stato, sez. V, 29 agosto 2023, n. 8026.

[2] Ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo rileva non tanto la prospettazione compiuta dalle parti, quanto il petitum sostanziale, che va identificato soprattutto in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, TAR Lombardia, Milano, sez. III, 11 luglio 2025, n. 2629; Cass. civ., SS.UU., 20 giugno 2024, n. 17104 e ord. n. 21522 del 15 settembre 2017.

[3] Cass. civ., SS.UU., 20 giugno 2024, n. 17104.

[4] CGA, sez. giur., 28 luglio 2025, n. 609.

[5] Cfr. TAR Lazio, Roma, sez. II stralcio, 31 gennaio 2024, n. 1885, secondo cui la controversia circa la proprietà, pubblica o privata, di una strada o circa l’esistenza dei diritti di uso pubblico su una strada privata, è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, laddove investe l’accertamento dell’esistenza e dell’estensione di diritti soggettivi dei privati o della pubblica amministrazione; considerato, altresì, che non può neppure ravvisarsi la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, di cui all’art. 133, comma 1, lett. f), del codice di rito, atteso che tale giurisdizione presuppone sempre che l’Amministrazione abbia agito mediante esercizio di potere ovvero per mezzo di atti idonei a comprimere il diritto del privato.

[6] Cons. Stato, sez. VII, 16 luglio 2025, n. 6260.

[7] Cons. Stato, sez. V, 31 agosto 2017, n. 4141.

[8] Cons. Stato sez. IV, 10 ottobre 2018, n. 5820. Affinché una strada privata possa legittimamente ritenersi gravata da una servitù di uso pubblico, è necessario l’accertamento della sussistenza dei tre seguenti presupposti: a) il passaggio esercitato iure servitutis publicae da una collettività di persone qualificate dall’appartenenza ad una comunità territoriale; b) la concreta idoneità della strada a soddisfare, anche per il collegamento alla via pubblica, esigenze di interesse generale; c) un titolo valido a sorreggere l’affermazione del diritto di uso pubblico, TAR Lazio, Roma, sez. II quater, 5 ottobre 2015, n. 11478.

[9] TAR Toscana, sez. IV, 20 giugno 2023, n. 615.

[10] Cons. Stato, sez. VII, 17 aprile 2025, n. 3359. Il potere di autotutela esecutiva non può essere esercitato dalla Pubblica Amministrazione per la difesa dei beni rientranti nel patrimonio disponibile, per i quali la stessa dovrà avvalersi delle ordinarie azioni attribuite dall’ordinamento civilistico per la tutela della proprietà e del possesso, TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 6 novembre 2023, n. 1399. Se ne deduce che il potere esercitato attraverso l’ordinanza di messa in ripristino non è riducibile all’azione possessoria privatistica (ex artt. 1168 e ss. cod. civ.) ma è correlato alla finalità di ripristinare la disponibilità del bene pubblico in favore della collettività, a prescindere dalle modalità concrete nelle quali si è giunti all’occupazione abusiva in via di fatto e quali ne siano le cause, Cons. Stato, sez. V, 30 aprile 2015, n. 2196; sez. VI, 26 aprile 2018, nn. 2519 e 2520.

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