Chi era Alessandro Margara, giurista e magistrato fiorentino: rileggerlo per capire l’inutilità del piano Nordio sulle carceri

Lug 30, 2025 - 20:00
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Chi era Alessandro Margara, giurista e magistrato fiorentino: rileggerlo per capire l’inutilità del piano Nordio sulle carceri

Nove anni fa, il 29 luglio 2016, ci lasciava Alessandro Margara: giurista e magistrato di sorveglianza fiorentino, un vero maestro per molte e molti suoi colleghi più giovani. Per una stagione purtroppo troppo breve, ma comunque significativa, basti pensare al nuovo Regolamento dell’Ordinamento penitenziario, è stato Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Successivamente, Presidente della Fondazione Michelucci e, infine, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale della regione Toscana. Una vita spesa per le persone detenute, tanto nella sua attività di magistrato che nel ricchissimo patrimonio di scritti, che dal 2015 si trovano raccolti nel volume a cura di Franco Corleone “La Giustizia e il senso di umanità. Antologia di scritti su opg, droghe e magistratura di sorveglianza” (Fondazione Michelucci Press), riedito in una versione ampliata nel 2022.

Il 26 luglio 2025, l’Ordinamento penitenziario, la riforma che ha orientato verso il rispetto dei principi costituzionali la pena detentiva e che ha avuto tra i suoi ispiratori proprio Alessandro Margara, ha compiuto 50 anni di vita. Un compleanno in cui c’è stato ben poco da festeggiare. Il 2025 è stato e continua ad essere un anno orribile per il carcere, segnato dai numeri crescenti di un sovraffollamento sempre più insostenibile, dalle condizioni detentive disumane, dall’affermazione, con il decreto sicurezza convertito in legge l’11 giugno, di un’idea di carcere disciplinare in cui nessuna forma pacifica di protesta e manifestazione del dissenso è più ammessa, un carcere che, sempre grazie al decreto sicurezza, potrà continuare ad espandersi e potrà anche accogliere donne incinte, neonate e neonati e bimbe e bimbi piccolissimi. Un compleanno che cade, inoltre, in un luglio caldo e tremendo in cui si sono contati sei suicidi in carcere in un solo mese. Pochi giorni prima del cinquantennale dell’ordinamento, il 22 luglio, il Consiglio dei ministri ha approvato il piano carceri del sedicente garantista Carlo Nordio: un altro tassello di una politica penale e penitenziaria reazionaria e autoritaria.

Il piano carceri si articola su tre principali assi: un disegno di legge che introduce una nuova forma di detenzione domiciliare per alcoldipendenti e tossicodipendenti; un pacchetto di modifiche minute al regolamento di esecuzione e un programma di edilizia penitenziaria. Nessun provvedimento di clemenza, nessuno sconto di pena, nessun ampliamento della liberazione anticipata, nessun intervento generalizzato, bensì moduli prefabbricati a occupare gli spazi esterni di prigioni già claustrofobiche, qualche colloquio in più, una procedura snellita per la concessione della liberazione anticipata e infine una assai discutibile nuova detenzione domiciliare per persone tossicodipendenti. La nuova detenzione domiciliare sarebbe applicabile per pene residue fino a otto anni, ridotti a quattro nelle ipotesi di reati ostativi (4 bis o.p.), sulla base di un programma che dovrà essere vagliato da una commissione di valutazione, che dovrà accertare l’effettiva e attuale condizione di dipendenza e anche la correlazione tra la dipendenza e la commissione del reato (sic!).

Riflettendo sulla proposta attuale, tornano in mente le parole di Margara nel 2007, in relazione alla proposta di potenziamento dei percorsi giudiziari per un più efficace utilizzo delle misure alternative. Margara, allora, in un articolo dal titolo – “Retorica della cura e realtà della contenzione” – rilevava quanto fosse critica la scelta di non intervenire sulle politiche penali sulle droghe, bensì di mettere mano al limite di ammissibilità alle misure alternative, alzandolo. Affermava Margara: “lo sbandierato allargamento è fittizio: operazione di propaganda”. Oggi come allora, l’ampliamento lascia fuori tutti quei detenuti che hanno commesso uno dei reati della lista sempre più ampia di cui all’art. 4 bis, recentemente ulteriormente arricchita con il nuovissimo reato di rivolta penitenziaria.

Ancora, Margara rilevava come il provvedimento non andasse a sciogliere le difficoltà pratiche nell’accesso alle alternative al carcere: dalla difficoltà di certificazione di tossicodipendenza alla valutazione dell’idoneità del programma terapeutico, a cui, per questa nuova ipotesi di detenzione domiciliare si aggiungerà il vaglio della commissione di valutazione che dovrà accertare l’effettività e attualità della dipendenza e persino la correlazione causale con il reato commesso. Chissà cosa direbbe Grazia Zuffa oggi di questo balzo indietro, di questo ritorno – e chissà se mai ce ne eravamo davvero liberati – alla figura della persona che consuma droghe come in completa balia della sostanza, che per lei o lui agisce. Quanto è utile oggi rileggere gli scritti di Grazia contenuti nella raccolta “Stigma e Pregiudizio. Uno sguardo dissacrante sulle droghe” (edizioni Menabò, 2025).

Con ogni probabilità, se dovesse diventare legge, questa misura sarà del tutto inefficace nella presunta funzione deflattiva, ma produrrà gli effetti simbolici attesi: negare ogni soggettività alla persona che usa droghe o, per dirla con Margara, portare avanti una retorica di cura in una realtà di contenzione, sempre più forte.
Dobbiamo vigilare e opporci a queste misure, continuando a rendere il pensiero e le parole di Margara e di Zuffa armi vive per le battaglie da portare avanti.

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Redazione Eventi e News Redazione Eventi e News in Italia