Ecco perché dovremmo pagare di più il cono gelato

Agosto 6, 2025 - 15:30
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Ecco perché dovremmo pagare di più il cono gelato

In Sicilia costa due euro, a Milano cinque: ma ovunque le palline di gelato sono uno sfizio che d’estate ci concediamo volentieri, spesso senza pensare a cosa stiamo mangiando e alle conseguenze delle nostre scelte. Ma soprattutto ci lamentiamo ogni anno del caro prezzi e degli aumenti, senza ragionare abbastanza su che cosa significa risparmiare su quello che diventa parte di noi.

Già la parola artigianale è fuorviante, perché legalmente il suo significato è diverso dal concetto che abbiamo in testa quando pensiamo a questa parola: il gelato che consideriamo artigianale può anche essere preparato mescolando preparati industriali e acqua, pur essendo identificato come artigianale. E già qui capire quanto dovrebbe costare uno e quanto l’altro non è immediato.

Ma se entriamo nello specifico degli ingredienti usati per farlo, capiamo meglio perché pagarlo poco non è quasi mai una buona idea. E partiamo allora dalle dichiarazioni di Federico Maronati, consulente esperto del settore, con un’analisi che restituisce profondità a un dibattito che, tra social e giornali, ha privilegiato l’indignazione facile ai dati concreti: «Un cono da cinque euro non è uno scandalo. È il prezzo corretto per un alimento fresco, artigianale, preparato ogni giorno con ingredienti naturali. Lo scandalo, semmai, è non sapere cosa ci viene venduto quando paghiamo 1,50 euro».

Perché è qui il nodo da sciogliere: Maronati spiega come un gelato artigianale vero – fatto con frutta vera, latte fresco, zucchero naturale – abbia costi di produzione elevati e margini spesso minimi. Alcuni esempi aiutano a capirlo meglio: per un gelato alla ciliegia di alta qualità, servono 500 grammi di frutto fresco per ogni chilo di gelato. Solo la materia prima incide per oltre 7,50 euro/kg. Un gelato al pistacchio richiede ingredienti che costano tra 15 e 20 euro/kg solo per la frutta secca, portando il prezzo congruo di vendita a 34–40 euro/kg, al netto dell’Iva. E non ci sono solo gli ingredienti da considerare, ma anche l’energia per prepararlo: il costo dal 2020 al 2025, è aumentato del +259 per cento. Poi, ci sono gli aumenti: nello stesso periodo, il cacao è salito del +262 per cento, mentre lo zucchero ha registrato un +64,8 per cento (dati Istat e Mimit).

Il risultato? Un prodotto buono, sano e fatto bene costa di più, ma spesso viene venduto a un prezzo inferiore al suo valore reale. Eppure, il vero gelato artigianale che parte da ingredienti freschi e di qualità non contiene basi pronte, né aromi artificiali, né grassi idrogenati. Usa latte fresco, panna, uova, frutta di stagione, pistacchi puri e nocciole vere. Ingredienti che costano, che variano, che devono essere scelti con cura. Ma non finisce qui. 

Ogni giorno quel gelato si produce in piccoli lotti, con un occhio alla freschezza e uno agli sprechi. Nessuna economia di scala, nessuna macchina che confeziona migliaia di barattoli all’ora. Solo un artigiano che dosa, pastorizza, manteca e serve. La durata del prodotto, preparato senza conservanti, è molto limitata nel tempo: se non lo vende subito, l’artigiano è costretto a buttarlo. A chiudere il cerchio c’è il tempo che serve per realizzare il prodotto: mescolare una polvere è molto diverso dal comprare la frutta, lavarla, tagliarla, preparare le creme, mantecare, aspettare. Servono più energie e serve più personale, ma anche più macchinari e più spazio: ergo, servono più soldi. Il gelato sarà migliore, senza dubbio. 

E poi c’è la ricerca. La voglia di sperimentare, di raccontare un territorio, di proporre gusti nuovi senza cedere alle mode. E c’è spesso una filiera etica: produttori attenti che realizzano ingredienti di qualità sono spesso realtà che richiedono un investimento maggiore, ma che offrono prodotti molto più buoni.

Pagare un gelato artigianale cinque euro non è un eccesso. È un atto di fiducia verso un modello che resiste alla standardizzazione. È scegliere un sapore che ha una storia, ma anche scegliere qualcosa che ha richiesto una formazione, una professionalizzazione e che richiede aggiornamento.

Le gelaterie artigianali non beneficiano della logica industriale: comprano piccole quantità, lavorano su margini stretti, gestiscono direttamente tutto, dal prodotto alla vendita. Questo rende impossibile competere sul prezzo con le catene o con il gelato confezionato da banco frigo.

Un cono a due gusti può sembrare un piccolo lusso quotidiano, ma dietro quella coppetta cremosa si nasconde un universo complesso fatto di materia prima, tempo, lavoro, formazione e responsabilità. 

Se poi volessimo una coppa gelato, dovremmo cercarla a lungo, prima di trovarla. E anche qui, è una questione di costi. Quell’universo di banana split e paciugo è quasi del tutto scomparso, anche nelle località di mare, perché richiede maestria, innanzitutto, quindi personale specializzato in grado di preparare espresso un vero “piatto” con il gelato. Per sua natura, la coppa gelato non può essere preparata prima. Serve tanto spazio: quindi negozi con metrature più elevate, che significano affitti più alti e costi di gestione elevati. Serve anche tanto personale per gestire un servizio nelle ora di punta, e sono necessari anche camerieri, che in una gelateria senza servizio al tavolo non sono necessari. Finché l’attività era di famiglia, questi costi non erano nemmeno conteggiati: oggi che le cose iniziano a essere diverse, è quasi impossibile proporre una coppa a un prezzo che le persone possono considerare accettabile.

Un altro tassello del mondo del gelato che se ne va, e lascia il posto a proposte industriali e ice cream.

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Redazione Redazione Eventi e News