Il climattivismo italiano non è più quello di una volta

Agosto 6, 2025 - 15:30
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Il climattivismo italiano non è più quello di una volta

Nel 2018 la nascita di Extinction rebellion (Xr) e di Fridays for future (Fff) sanciva l’inizio della più importante ondata globale di attivismo climatico della storia, contribuendo a politicizzare notevolmente le nuove generazioni. 

Nel 2019, le mobilitazioni toccavano il loro picco, condizionando profondamente le elezioni europee di giugno in cui l’avanzata dell’estrema destra fu arginata e i partiti verdi notevolmente premiati. A fine anno, la nuova Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen annunciava il Green deal, un pacchetto di misure per la decarbonizzazione di ambizione storica, seppure con varie limitazioni.

Negli anni successivi abbiamo vissuto una pandemia, guerre, crisi economiche e politiche. Il panorama politico intanto è cambiato radicalmente a sfavore dei movimenti climatici. In Italia, il governo Meloni in carica dall’ottobre 2022 oscilla tra negazionismo, disinteresse e ostilità verso le politiche ambientali. Nel frattempo, com’è cambiato l’attivismo climatico italiano a sette anni dall’inizio dell’attuale ciclo di mobilitazione?

Radicalizzazione (e criminalizzazione)
Nel periodo pre-pandemico la tattica di protesta più utilizzata (e impattante) era nettamente lo sciopero climatico di Fridays for future, in grado allora di mobilitare centinaia di migliaia di persone. Tuttavia, con la pandemia e il periodo-post pandemico il movimento ha oscillato tra ripresa e momenti di difficoltà, pur rimanendo fondamentale nel panorama ecologista italiano. Come racconta Pietro Losio di Fridays for Future, il 2023 è stato «molto complesso perché cercavamo di attuare le stesse strategie di prima, ma evidentemente non funzionavano e quindi il movimento si è molto sfaldato».  

Le varie fasi difficoltà di Fridays for future e la crescente frustrazione verso lo status quo fossile hanno determinando il passaggio di moltissimi attivisti e attiviste a Extinction rebellion e Ultima generazione (Ug), movimenti più incentrati su azioni di disobbedienza civile come i blocchi stradali, l’occupazione di spazi pubblici e privati e, nel caso di Ug, gli attacchi alle opere d’arte e agli edifici (senza danneggiamenti permanenti).  

Effettivamente, una ricerca del 2024 registra che le azioni di disobbedienza civile sono nettamente aumentate nel periodo post-pandemico. A questa radicalizzazione, comunque non violenta, il governo italiano ha risposto con una vasta campagna di criminalizzazione che ha raggiunto il suo apice con il Decreto Sicurezza da poco approvato.

Paola Del Dosso è un’attivista che anni fa ha preso la decisione di lasciare Fridays for future perché, pur essendo stato «fondamentale ai suoi inizi», ha percepito che «quando ha smesso di portare quel numero di persone in strada è diventato sostanzialmente invisibile», mentre l’eccessiva orizzontalità rendeva difficile una riorganizzazione complessiva. 

Ha deciso per cui di unirsi a Ultima generazione, in cui ha visto «una gerarchia funzionale» che permette di «prendere decisioni effettive e con obiettivi concreti» e delle azioni efficaci in grado di creare un reale disturbo alle istituzioni, su ispirazione dei movimenti di disobbedienza civile che nel passato hanno ottenuto dei cambiamenti sociali. Altri attivisti e attiviste hanno deciso invece di diversificare le loro azioni aderendo a più movimenti e «mettendo le forze dove si ritiene sia più necessario», racconta Pietro Losio, che è successivamente entrato in Extinction rebellion pur rimanendo anche in Fridays for future.

Nell’ultimo anno, Ultima generazione ha abbandonato alcune tattiche come i blocchi stradali perché, «avendo perso l’impatto shock iniziale, andavamo a perdere il rapporto costi-benefici» (pensiamo ad esempio all’impatto sulle vite private), spiega ancora Paola di Ug. 

Le ultime campagne del movimento insistono sui prezzi ingiusti dei generi alimentari di prima necessità per piccoli produttori e consumatori, chiedendo un taglio dell’Iva da finanziare riducendo la spesa pubblica in armamenti e sussidi fossil e prevedono azioni di protesta meno rischiose come il potenziale boicottaggio dei supermercati. Xr continua invece a portare avanti occupazioni pacifiche e azioni artistiche (il cosiddetto artivismo), come nell’ultima Primavera Rumorosa.

Istituzionalizzazione
Se la radicalizzazione è una possibile via di fronte alla frustrazione rispetto allo status quo, un’alternativa è l’entrata nelle istituzioni con l’obiettivo di cambiarle da dentro. A livello locale, regionale, nazionale ed europeo, attivisti soprattutto di Fridays for Future hanno tentato questo percorso in liste di centrosinistra, riuscendo a eleggere consiglieri in città di dimensioni importanti come Brescia, Genova e Torino.

Il caso di Brescia è tra i più interessanti a livello nazionale perché lì un pezzo rilevante del gruppo locale di Fridays for future ha deciso di aderire all’idea – lanciata da due comitati ambientalisti – di formare una lista civica (Brescia Attiva) che ha poi assunto una composizione fortemente giovanile. Valentina Gastaldi nel 2022 era ancora dentro Fridays for future e racconta che «come gruppo sentivamo un forte bisogno di rinnovamento» dopo tanti anni di scioperi per il clima. 

Così, assieme ad altri attivisti e attiviste di Fff come l’ex portavoce nazionale Giovanni Mori – candidato alle europee del 2024 come indipendente sotto Alleanza Verdi Sinistra, ha sfiorato il seggio a Bruxelles con quasi ventimila preferenze – ha deciso di sostenere il progetto di Brescia Attiva, riuscendo a entrare in consiglio comunale nelle elezioni del 2023 nella maggioranza di centrosinistra della sindaca Laura Castelletti. 

Da allora, Gastaldi e il team di Brescia Attiva – divenuta nel frattempo anche associazione politico-culturale – cercano di mantenere un rapporto di dialogo con i movimenti per il clima e di portare avanti politiche ambientali ambiziose, nonostante le numerose resistenze al cambiamento che incontrano dentro le istituzioni. Attualmente, Brescia Attiva si sta spendendo per sostenere il percorso partecipativo di costruzione del Piano Aria e Clima, la strategia per la transizione ecologica della città che anticipa la neutralità climatica al 2040, rispetto al 2050 stabilito dall’Unione europea. 

Convergenza
Una terza tendenza cruciale del climattivismo degli ultimi anni è la convergenza e la costruzione di coalizioni ampie. Dal 2021, la lotta del Collettivo di Fabbrica ex Gkn di Campi Bisenzio (Firenze) ha portato a una storica convergenza tra mondo operaio ed ecologismo, a partire dai Fridays for future, attorno al tema della transizione verde innescata dal basso. Una convergenza che ora si sta allargando a tante altre vertenze operaie e realtà di attivismo sotto il lemma degli Stati Generali della Giustizia Climatica e Sociale. 

A partire dal 2023, decine di attori medio-piccoli ed eterogenei del climattivismo italiano si sono coalizzati invece negli Stati generali dell’azione per il clima grazie al lavoro di Ci sarà un bel clima. Dal percorso di convergenza è scaturito un libro bianco di trentatré proposte per la politica italiana sulla transizione ecologica, già presentato a varie amministrazioni comunali. 

Una terza grande convergenza è quella del Climate Pride lanciato a Roma durante la Cop29 di Baku, una street parade festosa e artistica che ha unito attori storici e nuovi dell’ambientalismo italiano, centri sociali, reti studentesche, associazioni pacifiste, Ong e persino Cgil, Arci e Libera all’insegna di una prospettiva radicalmente ecocentrica. 

L’ultima grande convergenza è quella del climattivismo con la causa palestinese, concretizzata nelle tante proteste organizzate congiuntamente in Italia e nel mondo e simboleggiato dalla coraggiosa scelta di Greta Thunberg di imbarcarsi con la Freedom Flotilla per rompere l’assedio di Gaza e portare aiuti.

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Redazione Redazione Eventi e News