Il fashion tira il freno su Esg. Il 63% dei brand in ritardo sugli obiettivi

Maggio 17, 2025 - 05:00
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Il fashion tira il freno su Esg. Il 63% dei brand in ritardo sugli obiettivi
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Secondo lo State of Fashion di McKinsey, il 63% dei marchi è in ritardo sugli obiettivi di decarbonizzazione. Lo conferma anche il report Just Fashion Transition 2024 curato da The European House-Ambrosetti che per la moda stima un ritardo nel raggiungimento degli obiettivi di almeno otto anni, nonché la necessità di un investimento di quasi 30 miliardi di euro, oltre a quelli già fatti, per poter raggiungere agilmente gli obiettivi green imposti dall’Unione europea entro il 2030.

Ancora McKinsey ha evidenziato come gli acquirenti si siano dimostrati poco disposti a pagare di più per prodotti moda sostenibili, complice la pressione dell’inflazione e la conseguente attenzione ai prezzi sviluppata da tutti i clienti in quest’ultimo biennio che ha invece indirizzato l’acquisto su outlet e piattaforme second-hand. In generale, in merito agli acquisti sostenibili gli analisti hanno individuato un divario tra intenzione e azione, sottolineando come gran parte dei consumatori che si sono dichiarati sensibili al tema dell’ambiente e contrari al fast fashion, sono finiti comunque con l’acquistare capi non sostenibili.

A questo scenario si è aggiunto anche il dietro front di Trump sull’accordo di Parigi e la revoca di numerose norme ambientali per ridurre le emissioni e promuovere l’energia pulita. Il sentiment comune, dunque, sembra essere quello che la moda ha tirato il freno sulle politiche della sostenibilità rispetto al periodo al post pandemia, quando invece i temi legati all’ESG erano al centro dell’attenzione mediatica ma anche di business plan, panel e strategie di marketing.

Tuttavia, secondo gli esperti, il crescente costo del cambiamento climatico e l’azione del governo per contrastarlo non hanno completamente rimosso la sostenibilità dall’agende delle aziende della moda. “La sostenibilità nella moda non ha perso rilevanza, al contrario è diventata un’esigenza strutturale, passando dall’essere principalmente una leva di marketing e comunicazione a investimento strategico. Resta un tema centrale, ma viene affrontata in modo più discreto, integrandola nei processi.

Nell’ultimo anno però, il complesso scenario geopolitico ed economico ha spinto le aziende a concentrarsi su altre priorità. In più, i frequenti cambi ai vertici – tra direttori creativi e CEO – hanno portato molte maison a focalizzarsi su strategie di riposizionamento spesso più orientate alla crescita commerciale immediata e al recupero della customer base”, spiega a Pambianconews Ida Palombella, global fashion & luxury co-leader di Deloitte. Come risposta a questo nuovo scenario, i marchi sembrano essere diventati più realisti nel porsi obiettivi a medio e lungo termine sulla sostenibilità spostando la loro attenzione dal consumatore finale alla filiera interna.

Infatti, se fin qui gran parte delle iniziative della moda riguardavano la strategia B2c con programmi di riciclo, rivendita e riparazione adesso, come spiegano anche gli esperti di McKinsey, serve agire concretamente sull’intero sistema produttivo, non solo per monitorare i parametri legati all’Esg –specialmente dopo le indagini dei produttori di Dior, Valentino e Giorgio Armani (il 26 maggio è prevista la firma del protocollo sul caporalato nel comparto moda della regione Lombardia) –, ma anche per ristrutturarla e ottimizzarla per abbattere i costi sul cliente finale. “Sostenibilità e innovazione sono veri e propri pilastri strategici per le aziende, che devono però ripensare ai modelli di sviluppo prodotto e rafforzare il controllo sulla filiera, integrando circolarità, efficienza e trasparenza.

Le aziende più performanti vedono già la sostenibilità come un vantaggio competitivo”, aggiunge Eugenio Puddu, consumer leader di Deloitte & Touche, che illustra anche come gli ultimi dati emersi dal Consumer Products Industry Outlook Survey di Deloitte confermino un’elevata propensione dei brand a riconoscere il ruolo normativo su queste tematiche, come il Regolamento UE sull’Ecodesign per Prodotti sostenibili in vigore dal 18 luglio 2024, e a collaborare con essere per attivare piani strategici concreti.

“I player del settore stanno procedendo a velocità differenti, frenati dalla complessità delle filiere e da un quadro normativo europeo in continua evoluzione. Il percorso è più lento del previsto, ma l’impegno resta concreto”, conclude Palombella. In questo percorso, le politiche green da sole non sono sufficienti a raggiungere i risultati desiderati, mentre giocano un ruolo centrale le nuove tecnologie come come l’intelligenza artificiale e la blockchain, sempre più utilizzate in riferimento alla tracciabilità e alla trasparenza.

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Redazione Redazione Eventi e News