L’Europa valuta operazioni cyber congiunte per rispondere alla guerra ibrida di Mosca

Novembre 29, 2025 - 08:00
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L’Europa valuta operazioni cyber congiunte per rispondere alla guerra ibrida di Mosca

Diversi Stati europei stanno valutando una scelta che fino a pochi anni fa sarebbe apparsa irrealistica: rispondere alla guerra ibrida russa con la stessa moneta. Le continue operazioni riconducibili al Cremlino, dagli attacchi cyber ai droni che violano lo spazio aereo di Paesi Nato, hanno costretto governi e istituzioni a prendere in considerazione strumenti che non appartenevano al tradizionale repertorio europeo. L’ipotesi di operazioni cyber offensive congiunte e di esercitazioni militari improvvise ai confini orientali non è più solo una riflessione teorica, ma una materia discussa formalmente in sede politica e tecnica, pur senza una pianificazione operativa definita all’interno della Nato. Così come l’ipotesi di attribuzioni rapide degli attacchi, ovvero la capacità di identificare pubblicamente e in tempi brevi l’autore di un’operazione ibrida o cyber, evitando che l’ambiguità rafforzi il nemico.

Come racconta Politico in un approfondimento, il salto di qualità della pressione russa ha imposto al continente un cambio di mentalità strategica: non si tratta più soltanto di resistere, ma di impedire che Mosca continui a testare, indisturbata, la tenuta delle democrazie europee. Una deterrenza attiva.

Gli episodi registrati in questi ultimi mesi mostrano un metodo ormai riconoscibile da parte del Cremlino. Droni non identificati su aeroporti e basi militari, sabotaggi a linee ferroviarie cruciali per i rifornimenti verso l’Ucraina, interferenze GPS in mezzo continente: tasselli di una pressione costante che mescola provocazioni militari, intimidazione psicologica e guerra informativa. Non tutto è stato ufficialmente attribuito a Mosca: alcune indagini restano aperte e diversi dossier sono coperti da riservatezza nazionale. Ma il quadro complessivo indica una campagna sistematica, non un susseguirsi di episodi isolati.

Il cambio di tono si nota soprattutto nei Paesi più esposti. La Polonia ha schierato diecimila uomini per proteggere infrastrutture sensibili e rafforzare la sorveglianza sul territorio. In Italia, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha presentato un piano che considera la guerra ibrida come una condizione permanente, non come un’eccezione. Nel suo non-paper, Crosetto parla apertamente di un conflitto non dichiarato che intacca la stabilità istituzionale.

Il punto più delicato riguarda i margini d’azione. L’Europa deve decidere fino a che punto spingersi senza alimentare l’escalation. Come ricordato da Politico, la differenza con la Russia sta nel metodo e nelel finalità: gli Stati membri dell’Unione devono e vogliono operare entro regole trasparenti e limiti giuridici, che rendono più difficile ricorrere agli stessi strumenti di Mosca. Alcuni Paesi stanno comunque ampliando le capacità delle proprie agenzie cyber e aggiornando le regole d’ingaggio contro i droni. Altri valutano opzioni più incisive, come colpire digitalmente hub logistici russi per rallentare la produzione e il trasporto di armamenti. Ma si tratta di scelte sensibili: solo pochi Paesi europei dispongono di una dottrina che autorizza operazioni offensive nel cyberspazio, e ogni iniziativa richiede un equilibrio stretto tra efficacia, legittimità e rischio politico.

Sul fronte cognitivo la situazione è ancora più complessa. La disinformazione, amplificata da reti sociali manipolate e da media controllati da attori esterni, sfrutta le crepe interne delle società europee. La sfida è duplice: reagire senza intaccare libertà fondamentali e recuperare la fiducia di opinioni pubbliche polarizzate. Politico segnala l’accelerazione dei lavori nei centri specializzati come quello di Helsinki, dove analisti, militari e funzionari civili stanno sviluppando protocolli comuni per individuare rapidamente le campagne ostili, coordinare le risposte e rafforzare la resilienza informativa dei Paesi membri. Ma la risposta europea resta ancora frammentata: manca ancora un coordinamento centrale con un vero mandato operativo.

Anche la Nato, pur restando la spina dorsale della difesa europea, si muove con cautela. L’Alleanza esclude operazioni offensive, ma riconosce che contro le minacce ibride serve più prontezza. Da qui la scelta di intensificare le esercitazioni a sorpresa e di accelerare l’attribuzione degli attacchi, per segnalare che il fronte occidentale è vigile e reattivo. Le risposte asimmetriche restano comunque confinate nel perimetro dell’autodifesa collettiva: non contemplano azioni preventive.

L’Europa si trova quindi sospesa tra prudenza e necessità, ma non c’è più spazio per risposte improvvisate. La vera incognita è se l’Europa saprà agire prima che la prossima provocazione russa la colga nuovamente in ritardo.

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