Netflix dovrà sudare per avere Warner, ha contro Paramount, Hollywood (e Trump)

Dicembre 10, 2025 - 10:30
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Netflix dovrà sudare per avere Warner, ha contro Paramount, Hollywood (e Trump)

Quel twittarolo compulsivo di Elon Musk conosce bene – ci piaccia o no – come vanno le cose nell’America di oggi. Dato per fatto dall’universo mondo il merger di Netflix su Warner Bros, già venerdì aveva risposto con due emoji raffiguranti popcorn a un post di Culture Crave in cui si ventilava un’offerta al rialzo, stavolta ostile, di Paramount Skydance. Come dire: adesso viene il bello. 

Culture Crave aveva ripreso la ricostruzione fatta sul New York Post da Charles Gasparino, uno con buone fonti dalle parti di Paramount, acquistata solo la scorsa estate da David Ellison, figlio di Larry, cioè il fondatore di Oracle. In quelle ore a casa Ellison gli umori erano nerissimi. Per chi non lo ricordasse Larry è, secondo Forbes, il quarto uomo più ricco al mondo e ha visto il suo patrimonio accrescersi ulteriormente dopo l’elezione del suo amico Donald Trump. Vedersi sfuggire la preda inseguita per mesi con sei proposte d’acquisto in dodici settimane aveva il sapore di una  beffa intollerabile per chi, di questi tempi, spadroneggia Oltreoceano. Sarà successo di tutto, fino alla presa di posizione di Trump, buttata lì tra una domanda e l’altra, mentre si avviava alla cerimonia dei Kennedy Center Honors (trasmessi dalla Cbs degli Ellison, ma dai): «L’acquisizione potrebbe rappresentare un problema… sarò coinvolto anch’io nella decisione». E soprattutto fino alla formalizzazione dell’offerta ostile da 108 miliardi di dollari, 18 in più di quelli garantiti da Netflix e pari a 30 dollari ad azione, ma per l’intera azienda (comprese quindi le tv lineari come Cnn) e non solo per gli studi cinematografici e il gioiellino dello streaming Hbo Max. 

Solo riavvolgendo il nastro dal principio, però, sarà possibile comprendere la genesi di quella che è la più grande acquisizione nel settore dell’entertainment dell’ultimo decennio, ma anche un enorme pasticcio dove l’influenza della politica sui media e gli interessi economici che ruotano intorno alla Casa Bianca si sovrappongono alle scelte industriali.

Sono passati cinque anni da quando David Zaslav ha fatto il salto di qualità, elevandosi da intraprendente manager a magnate con la fusione tra la “piccola” Discovery di cui era il Ceo e Warner Media, casa di Hbo, il principale canale via cavo americano, dell’influente Cnn invisa a Trump e della Warner Bros, lo storico studio cinematografico detentore di franchise come Harry Potter, Batman e Superman, Il Signore degli Anelli, ma anche di una quantità di altri film che hanno fatto la storia del cinema.

Zaslav aveva promesso un futuro radioso agli azionisti, ma dopo 44 mesi dalla conclusione dell’affare poco è andato come annunciato, i debiti hanno raggiunto i 34 miliardi e a migliorare è stato solo lo stipendio di Zaslav: quasi 52 milioni di dollari nel 2024. A settembre, così, Warner languiva a Wall Street col titolo scambiato a 12 dollari, quando David Ellison si è fatto avanti per primo, offrendo 19 dollari per azione, poi quasi 24 (cioè, 56 miliardi di dollari). Una manna dal cielo, ma con gli stessi punti deboli che porta con sé la proposta ostile presentata da Paramount in queste ore non al consiglio di amministrazione che ha detto sì a Netflix, particolare decisivo, ma ai singoli azionisti.

Appena 12 dei 108 miliardi sono attinti dal patrimonio degli Ellison, il resto è messo assieme con prestiti delle banche, soldi dei fondi sovrani del Medio Oriente, in particolare da quello dell’Arabia Saudita già in affari con la famiglia Trump e soprattutto da Affinity Partners, guidato dal genero del Presidente, Jared Kushner. I dubbi della Warner, secondo la ricostruzione del Financial Times, nascevano «dal timore che i finanziamenti provenienti dal Medio Oriente potessero suscitare un’attenzione particolare per la sicurezza nazionale» e che l’acquisizione finisse per essere stoppata dalle autorità di regolamentazione federali. Anche se è più facile che sia l’intesa con Netflix ad affrontare ostacoli, nel caso in cui la Casa Bianca esercitasse pressioni, come ha abituato a fare in questi mesi e come le poche parole pronunciate da Trump al Kennedy Center potrebbero far intuire.

Netflix fa finta di nulla e ha già inviato una mail di rassicurazioni agli abbonati (anche in Italia, dove Hbo Max debutta a gennaio) in cui si legge che «per il momento non cambierà nulla». L’accordo da 83 miliardi di dollari siglato dal co-amministratore delegato Ted Sarandos non riguarda i canali della tv lineare e questo può avere due interpretazioni. La prima, più industriale, è la certificazione della crisi della tv tradizionale che in America è profonda, mentre in Paesi come il nostro è meno evidente. La seconda, più politica, è il tentativo di offrire un contentino al manovratore. Per esempio: la possibilità di fondere la Cbs degli Allison alla scomoda Cnn. Come rivelato da Bloomberg, d’altra parte, già a novembre Sarandos aveva fatto visita alla Casa Bianca per prospettare l’affare in corso, ed era andato via certo di aver ottenuto l’assenso di Trump. Mai fidarsi troppo.

Agli azionisti di Warner, così, si prospettano due strade. Incassare subito i 30 dollari e dire sì a Paramount per creare un colosso della produzione cinematografica e della tv lineare, con una presenza solida ma ridotta nello streaming. Oppure puntare su Netflix e sulla sua vera sfida, quella a Youtube. Già oggi il canale di Google rappresenta l’11 per cento del tempo speso dagli americani davanti a un filmato, contro l’8,5 di Netflix, e con tutti gli altri a inseguire. Solo che il costo di produzione per Youtube è uguale a zero e la qualità dei video continua ad aumentare, mentre Netflix sostiene spese produttive enormi (oltre 120 miliardi dal 2012). Mettere le mani sulla più grande casa di produzione migliorerebbe le economie di scala, con la prospettiva di calmierare cachet e budget. «Acquistare lo studio principalmente per eliminarlo dal mercato cinematografico sarebbe francamente in linea con la recente strategia dell’azienda» ha scritto l’analista Scott Mendelson sulla newsletter The Outside Scoop. Ragionevole prevedere che Netflix si troverà tra due fuochi: da una parte gli Ellison e la nuova razza padrona Maga, dall’altra i woke di Hollywood.

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