Nuovi articoli scientifici evidenziano il potenziale legame tra le microplastiche negli alimenti ultra-processati e la salute del cervello

Maggio 27, 2025 - 14:00
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Nuovi articoli scientifici evidenziano il potenziale legame tra le microplastiche negli alimenti ultra-processati e la salute del cervello

L’innovativa raccolta di quattro articoli su Brain Medicine esamina allarmanti “cucchiaiate” di microplastiche nel cervello umano, con possibili collegamenti con la depressione e la demenza.

 

 

Un’innovativa raccolta di quattro articoli pubblicati nel numero di maggio di Brain Medicine sintetizza prove crescenti che le microplastiche provenienti da alimenti ultra-elaborati possono accumularsi nel cervello umano e potenzialmente contribuire all’aumento dei tassi globali di depressione, demenza e altri disturbi di salute mentale.

I documenti forniscono l’analisi più completa fino ad oggi di come queste minuscole particelle di plastica potrebbero influenzare la salute del cervello attraverso molteplici percorsi biologici interconnessi.

Il cucchiaio di plastica nel tuo cervello

La sorprendente copertina del numero di maggio 2025 di Brain Medicine raffigura un cervello umano punteggiato di particelle di microplastica colorate insieme a un cucchiaio di plastica, un’immagine che cattura con forza la scoperta principale che i cervelli umani contengono circa “un cucchiaio” di materiale microplastico.

Questo concetto allarmante viene esaminato in profondità in tutti e quattro gli articoli di questa raccolta speciale, incluso un commento peer-reviewed precedentemente pubblicato online intitolato “Rimozione delle microplastiche umane: cosa ci dicono le prove?” che ora appare nel numero di maggio insieme a tre nuovi articoli in uscita oggi.

L’articolo del Dr. Nicholas Fabiano dell’Università di Ottawa, del Dr. Brandon Luu dell’Università di Toronto, del Dr. David Puder della Loma Linda University School of Medicine e del Dr. Wolfgang Marx del Food & Mood Centre della Deakin University, intitolato “Microplastiche e salute mentale: il ruolo degli alimenti ultra-elaborati”, si basa sul loro precedente commento sull’accumulo di microplastiche nei tessuti umani, “Rimozione delle microplastiche umane: cosa ci dicono le prove?”

Questo nuovo documento sintetizza le prove emergenti per proporre una nuova ipotesi che collega il consumo di alimenti ultra-processati, l’esposizione alle microplastiche e gli esiti sulla salute mentale.

“Stiamo assistendo a prove convergenti che dovrebbero preoccuparci tutti”, spiega il dottor Fabiano.

“Gli alimenti ultra-elaborati ora comprendono oltre il 50% dell’apporto energetico in paesi come gli Stati Uniti e questi alimenti contengono concentrazioni significativamente più elevate di microplastiche rispetto agli alimenti integrali.

Recenti scoperte mostrano che queste particelle possono attraversare la barriera emato-encefalica e accumularsi in quantità allarmanti”.

La connessione con la salute mentale

I ricercatori citano prove sostanziali che collegano il consumo di alimenti ultra-elaborati con esiti avversi per la salute mentale.

Una recente revisione generale pubblicata su The BMJ ha rilevato che le persone che consumavano alimenti ultra-elaborati avevano un rischio maggiore del 22% di depressione, del 48% di ansia e del 41% di scarso sonno.

Ciò che rende la loro ipotesi particolarmente convincente è il nuovo suggerimento che le microplastiche – minuscole particelle di plastica di dimensioni inferiori a 5 mm – potrebbero essere un anello mancante in questa relazione.

I ricercatori indicano dati inquietanti che mostrano che alimenti come le crocchette di pollo contengono 30 volte più microplastiche per grammo rispetto ai petti di pollo, evidenziando l’impatto della lavorazione industriale.

L’ipotesi guadagna ulteriore credibilità dalle recenti scoperte pubblicate su Nature Medicine che hanno dimostrato concentrazioni allarmanti di microplastiche nel cervello umano – circa “il valore di un cucchiaio” secondo i ricercatori – con livelli da tre a cinque volte superiori in quelli con diagnosi di demenza documentata.

Meccanismi condivisi di danno

“Questa ipotesi è particolarmente convincente perché vediamo una notevole sovrapposizione nei meccanismi biologici”, osserva il dottor Marx.

“Gli alimenti ultra-elaborati sono stati collegati a una salute mentale avversa attraverso l’infiammazione, lo stress ossidativo, l’epigenetica, la disfunzione mitocondriale e le interruzioni dei sistemi di neurotrasmettitori. Le microplastiche sembrano operare attraverso percorsi notevolmente simili”.

L’articolo solleva una domanda intrigante: il contenuto di microplastiche degli alimenti ultra-elaborati potrebbe essere parzialmente responsabile degli effetti negativi osservati sulla salute mentale? Per studiare questa relazione in modo più sistematico, gli autori propongono lo sviluppo di un indice di microplastica alimentare (DMI) per quantificare l’esposizione attraverso il consumo di cibo.

Possibili vie di rimozione

A complemento dell’articolo c’è un documento di ricerca peer-reviewed di Brevia intitolato “Aferesi terapeutica: un metodo promettente per rimuovere le microplastiche?” del Dr. Stefan Bornstein e colleghi.

Questo articolo, pubblicato anche nel numero di maggio, esamina le prove preliminari che l’aferesi terapeutica extracorporea, una tecnica che filtra il sangue al di fuori del corpo, può avere il potenziale per rimuovere le particelle di microplastica dalla circolazione umana.

“Se da un lato dobbiamo ridurre la nostra esposizione alle microplastiche attraverso migliori scelte alimentari e alternative di imballaggio, dall’altro abbiamo bisogno di ricerche su come rimuovere queste particelle dal corpo umano”, osserva il dott. Bornstein. “I nostri primi risultati suggeriscono che l’aferesi potrebbe offrire un possibile percorso per la rimozione delle microplastiche, anche se sono necessarie molte più ricerche”.

Un invito all’azione

La questione è ulteriormente contestualizzata da un potente editoriale del Dr. Ma-Li Wong intitolato “La calamità di un cucchiaio di plastica nel tuo cervello”, che inquadra la raccolta di articoli non solo come un avvertimento scientifico, ma come un cambiamento di paradigma nel modo in cui dobbiamo pensare ai contaminanti ambientali e alla salute del cervello.

“Quello che emerge da questo lavoro non è un avvertimento. È una resa dei conti”, scrive il dottor Wong. “Il confine tra interno ed esterno è venuto meno. Se le microplastiche attraversano la barriera emato-encefalica, cos’altro pensiamo rimanga sacro?”

Gli autori di tutti e quattro gli articoli sottolineano che, sebbene siano necessarie ulteriori ricerche primarie, le loro analisi aggiungono un’altra dimensione alla crescente necessità di ridurre il consumo di alimenti ultra-elaborati e di sviluppare metodi migliori per rilevare e potenzialmente rimuovere le microplastiche dal corpo umano.

“Poiché i livelli di alimenti ultra-elaborati, microplastiche ed esiti avversi per la salute mentale aumentano contemporaneamente, è imperativo indagare ulteriormente su questa potenziale associazione”, conclude il dottor Fabiano. “Dopotutto, sei quello che mangi”.

 

 

Immagine: Genomic Press

 

 

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