Oltre lo sciopero: la solitudine di Landini e la freddezza di Pd e M5s
Dallo sciopero alla giustizia. E’ la sfida di Maurizio Landini, ma anche la sua solitudine. Qualche mese fa veniva invocato pure come capo dell’opposizione, conteso tra Pd e M5s. S’intestava le mobilitazioni, partecipatissime, per Gaza. Oggi, nel giorno dello sciopero generale, sarà in piazza a Firenze contro la manovra, contro il governo Meloni. Ma la Cgil, che ha indetto la mobilitazione, ha perso pezzi strada facendo, tra i sindacati e nella politica. “Noi ci saremo”, confermava Nicola Fratoianni di Avs. Con lui, nel capoluogo toscano, ci sarà l’altro leader rossoverde Angelo Bonelli. E Pd e M5s? “Non lo so. Dovete chiederlo a loro”. Giuseppe Conte non ci sarà, Elly Schlein, spiegavano i fedelissimi ieri sera non aveva ancora deciso. “Ci sarà una comunque una delegazione”. E Landini potrà in ogni caso accontentarsi della sindaca di Firenze, Sara Funaro e del governatore toscano Eugenio Giani. Ma in realtà i dem sulla mobilitazione non hanno mostrato grande entusiasmo, già da un po’. Un mese fa Landini era stato al Nazareno per illustrare le ragioni dello sciopero, le richieste di modifica alla manovra e la necessità di una patrimoniale, che tuttavia Schlein non ha recepito negli emendamenti Pd alla finanziaria. E pure sullo sciopero la leader dem non ha seguito il sindacato, e questo nonostante le istanze in comune siano più di una. Tra i dem del resto, e non solo nell’ala riformista, è emersa anche la necessità di non apparire troppo schiacciati su Landini. Quanto al Movimento invece, il leader Conte è stato il primo a rinnegare la patrimoniale. Il rapporto con Landini si è allentato mentre maturavano corrispondenze con la Cisl.
Nel mondo dei sindacati comunque a Landini va anche peggio, sebbene il capo della Cgil abbia provato a ridimensionare: “Uil e Cisl hanno scelto altre forme di mobilitazione contro la manovra”. Ma di una certa distanza tra le sigle (la Uil lo scorso anno ha aderito allo sciopero generale), se ne è avuta una rappresentazione plastica ieri ad Atreju, la festa dei meloniani. Sul palco ecco quindi la segretaria Cisl Daniela Fumarola e l’omologo della Uil Pier Paolo Bombardieri. E se il sindacato dei cattolici aveva preso già da tempo un’altra strada, dialogante con il governo, lo strappo tra Bombardieri e Landini è ben più recente. Questioni politiche e strategiche. A cui si è aggiunto negli ultimi giorni l’episodio dell’ex Ilva a Genova, le tensioni, con esponenti Fiom che avrebbero aggredito i delegati della Uil. “Squadristi. Terrorismo contro di noi”, ha detto Bombardieri. Da giorni, lo ha fatto anche ieri, chiede a Landini un chiarimento, una condanna (“I nostri sono finiti in ospedale”) e delle scuse. Che per ora non sono arrivate. Il leader della Cgil ha risposto spiegando che è stato “uno scambio vivace”, non un’aggressione. Come che sia, in piazza oggi Landini sarà da solo a sfidare il governo Meloni. E sul fronte sindacale lo sarà probabilmente anche per quanto riguarda il referendum sulla Giustizia. Mentre la Cgil sarà in campo. Il sindacato di Corso Italia è infatti capofila della Via maestra, un contenitore che raggruppa un centinaio di associazioni civiche e non solo – da Libera e Greenpeace all’Arci – che ha istituito un comitato per il no e avrà tra i suoi testimonial Rosy Bindi. E i partiti? Dopo uno slancio iniziale Pd e M5s hanno rallentato, complici forse sondaggi meno rassicuranti del previsto (e per i dem pure le solite divergenze interne). Si parlava di una battaglia comune al campo largo, ma per ora nulla si muove. Le priorità sono altre, mentre il Landini, sindacalista molto politico, tira dritto. Anche a costo di andare avanti da solo.
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