Omicidio Bossi, le ragioni contrapposte delle difese dei due imputati

Dopo la requisitoria della pubblica accusa nel pomeriggio di martedì 9 dicembre è stata la volta delle difese, al processo per l’omicidio di Andrea Bossi. Con due versioni diverse dei fatti, avanzate dalle difese di Carolo e di Caglioni, i due ventenni imputati per omicidio premeditati.
La difesa di Carolo: “Douglas non ha neppure visto il momento dell’omicidio”
“Questa difesa non chiede clemenza ma giustizia”. Ha esordito così l’avvocato Giammateo Rona, difensore di Douglas Carolo, per cui l’accusa ha chiesto l’ergastolo e per cui la difesa invece l’assoluzione.
Il difensore di Carolo ha contestato le indagini svolte, giudicate carenti, ma ha anche ricostruito in modo diverso la figura della vittima, descritto come un giovane “abituato a comperare quello che voleva”, nonché del rapporto tra Carolo e Bossi, dipinto come sereno fino al 26 gennaio 2024.
Sul momento dell’omicidio: “Carolo non dice nulla dell’omicidio, perché nulla ha visto. Tutto dura pochissimo, lo testimoniano l’assenza di urla e il tonfo. Carolo si china su Bossi, sconvolto, si sporca di sangue. Caglioni resta accanto al corpo”.
“Douglas si reca a Cairate per recuperare una somma di denaro, non ha con sé armi, non ha premeditato nulla” ha continuato il difensore di Carolo.
L’aggressione viene ricostruita come “un colpo secco da dietro”, compatibile come un raptus, gli altri traumi facciali sarebbero conseguenza della caduta a terra a peso morto (il “tonfo”). La lesione mortale sarebbe stata cagionata al corpo già a terra. “Non ci sono impronte di Carolo intorno al cadavere”. L’avvocato ha contestato che esistesse davvero un clima di minaccia da parte di Carolo nei confronti di Caglioni.
“Per Carolo non c’è alcun movente. Non aveva nessun motivo di uccidere perché non si uccide chi ci sostiene, non si uccide un ragazzo con cui le cose stavano andando bene”, ha ribadito l’avvocato Rona. Il collega Sparaco è intervenuto sulla premeditazione, cui si è opposto partendo dalla attendibilità delle dichiarazioni della giovanissima ragazza di Caglioni.
La difesa di Caglioni: “non c’è movente”
L’avvocato di Caglioni, Nicolò Vecchioni, ha sottolineato che Michele ha risposto a tutte le domande e ha impostato una difesa un poco diversa: non ha puntato subito a contestare la ricostruzione del coimputato Carolo ma è partito ricostruendo la percezione dei fatti di Caglioni.
“Michele aveva idea di andare a commettere un reato ma non si andare a commettere qualcosa che sarebbe esitata nella morte di qualcuno”, ha detto l’avvocato Vecchioni. La fame di soldi facili “non va confusa con la intenzione di uccidere”.
Michele non avrebbe avuto “alcun movente personale”, non reggerebbe la precarietà lavorativa e di reddito come motore per un omicidio, “non ci sono mai stati risentimenti nei confronti di Bossi”.
L’avvocato Vecchioni ha contestato l’idea dell’esistenza di un piano di tortura, per l’assenza di strumenti per attuarlo (l’omicidio sarebbe avvenuto con un pentolino e un coltello reperito sul posto), per l’assenza di strumenti minimi di autotutela come l’indossare dei guanti per non lasciare impronte.
In questa ricostruzione del delitto, “Douglas ha perso il controllo, ha ammazzato Bossi, davanti a Michele, e ha voluto evitare che Michele diventasse un testimone scomodo”, trascinandolo con lui. Si esclude il piano preordinato, si esclude un concorso morale. “Caglioni per Carolo non è neppure un complice, è manodopera successiva, viene mandato a prelevare denaro dal conto corrente di Bossi sotto gli occhi delle telecamere”. Una manodopera ottenuta da Carolo – sostiene – grazie a intimidazioni. Alla sua “indole violenta” – già emersa verso Bossi e verso suoi amici – è riconducibile l’omicidio. Anche il difensore di Caglioni ha chiesto l’assoluzione dall’accusa di omicidio e ha chiesto il concorso anomalo nel reato di rapina.
Tra una settimana la sentenza
Dopo questa udienza-fiume il processo viene aggiornato al 16 dicembre, con le eventuali repliche, la camera di consiglio e – infine – la sentenza.
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