Automotive Ue: mantenere i target 2035 sulle emissioni consentirebbe di salvare un milione di posti di lavoro

Proprio mentre il governo smentisce per l’ennesima volta se stesso e rinvia di un anno al 1° ottobre 2026 lo stop alle auto diesel euro 5, viene diffuso a livello europeo un nuovo studio da cui emerge che mantenere i target emissioni previsti per il 2035 consentirebbe di salvare un milione di posti di lavoro.
A condurre l’analisi sono stati i ricercatori Transport & Environment. In base ai calcoli e alle proiezioni a dieci anni effettuate, con un obiettivo a dieci anni a partire per le auto a emissioni zero e una strategia industriale chiara, il settore automotive europeo potrebbe tornare ai livelli massimi di produzione post-crisi del 2008 e aumentare dell’11% il proprio contributo all'economia. Il comparto automobilistico europeo potrebbe cioè salvare gli attuali livelli di occupazione e tornare a produrre 16,8 milioni di auto all’anno – pari al picco raggiunto dopo la crisi di diciassette anni fa – se l’Ue manterrà intatto l’obiettivo di sole auto a zero emissioni dal 2035 e rafforzerà le politiche industriali e di stimolo della domanda.
Lo studio pubblicato oggi da T&E, che è la principale organizzazione indipendente europea per la decarbonizzazione dei trasporti, ha simulato l’impatto dell’obiettivo 2035 dell’Ue per le auto a zero emissioni, unito a nuove politiche industriali per stimolare la produzione nazionale di veicoli elettrici, come un target di elettrificazione per le flotte aziendali e misure di sostegno a favore di auto e batterie prodotte in Ue. In questo scenario, il contributo della filiera automobilistica al Pil europeo aumenterebbe tra dieci anni dell'11% rispetto a oggi.
Lo studio rileva che la perdita di posti di lavoro nella produzione di veicoli (e componenti) a combustione interna potrebbe essere compensata dalla creazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro nell’ecosistema dell’auto elettrica: oltre 100.000 nuovi impieghi nella produzione di batterie entro il 2030 e 120.000 nel settore della ricarica entro il 2035. L'Ue potrebbe produrre fino a 900 GWh di batterie all'anno (attualmente 187 GWh) entro il 2030 se rispettasse l'obiettivo di zero emissioni per nuove auto e adottasse strategie industriali di supporto alle proprie aziende. Il valore della produzione del settore della ricarica potrebbe quasi quintuplicare, raggiungendo i 79 miliardi di euro entro il 2035.
Tuttavia, indebolire l'obiettivo zero emissioni – come i legislatori Ue, sotto pressione per le spinte delle forze di destra e delle lobby di settore, stanno in parte già facendo – e non adottare politiche industriali efficaci comporterebbe una riduzione del contributo del settore auto al Pil europeo di 90 miliardi di euro entro il 2035 e una perdita di fino a 1 milione di posti di lavoro nella filiera. Inoltre, fino a due terzi degli investimenti previsti nelle batterie potrebbero andare persi, mentre l'industria della ricarica verrebbe privata di 120 miliardi di euro di entrate potenziali nei prossimi 10 anni.
Esther Marchetti, clean transport advocacy manager di T&E Italia, spiega: «È un momento decisivo per l’industria automobilistica europea, poiché la competizione globale per la leadership nella produzione di auto elettriche, batterie e infrastrutture di ricarica è altissima. Il successo dell’Europa dipende dalle scelte che i suoi politici faranno oggi. Mantenere l’obiettivo zero emissioni per il 2035, insieme all’adozione di politiche industriali e di stimolo alla domanda efficaci, fornisce la stabilità necessaria per rilanciare la produzione, mantenere i livelli occupazionali e aumentare il valore economico del settore automobilistico europeo. Questo vale ancora di più per l’Italia che, insistendo sulla 'neutralità tecnologica', manda messaggi confusi alla sua industria, relegando il nostro paese ad essere fanalino di coda tra le grandi economie UE per investimenti in veicoli elettrici, gigafactory, catodi e raffinazione. In uno scenario sempre più competitivo (sia globale che europeo) servono certezza sugli obiettivi di decarbonizzazione e una chiara politica industriale».
In questo scenario, tra l’altro, l’Italia si segnala come fanalino di coda Ue per investimenti pianificati sull’elettrico. Tra i principali paesi europei costruttori di auto, il nostro registra il minor numero di investimenti pianificati nella produzione di veicoli elettrici, batterie e componenti: appena 570 milioni di euro, a fronte del valore massimo di 28 miliardi della Spagna. Questo divario evidenzia una ridotta capacità di attrazione degli investimenti rispetto agli altri principali mercati europei, attribuibile anche alla mancanza di una strategia definita per la transizione e di politiche innovative.
Secondo T&E, l’Europa deve puntare a diventare leader nel settore delle auto elettriche, integrando questa priorità nelle sue politiche climatiche e industriali. Solo così sarà possibile preservare l’importanza economica e i posti di lavoro nel comparto automobilistico, oltre a favorire un aumento significativo di investimenti e nuove opportunità occupazionali nei settori delle batterie e delle infrastrutture di ricarica.
Per farlo, le azioni chiave indicate da T&E includono una serie di priorità. La prima: mantenere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 per le auto per il periodo 2030-2035 nella prossima revisione normativa, affiancati da misure a livello Ue per sostenere la domanda. La seconda: introdurre aiuti alla produzione di batterie per veicoli elettrici sia a livello Ue che nazionale, insieme a incentivi per l'approvvigionamento di componenti e materiali prodotti nell'Ue. Per T&E è necessario poi attuare il regolamento dell'Ue sulle infrastrutture per i combustibili alternativi (Afir), le riforme del mercato dell’elettricità e i piani d'azione per le reti per accelerare la diffusione di colonnine di ricarica, i collegamenti alla rete e le autorizzazioni. Ultimo ma non ultimo, bisogna rafforzare le tutele sociali e la loro applicazione a livello nazionale per garantire posti di lavoro di qualità e potenziare le disposizioni sul trasferimento di tecnologie e competenze negli investimenti diretti esteri.
Qual è la tua reazione?






