Verso il Testo Unico dell’edilizia: sanatoria per regolarizzare gli abusi storici
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Il Consiglio dei Ministri del 4 dicembre scorso, con procedura d’urgenza, ha approvato il disegno di legge di delega Nuovo Codice dell’edilizia e delle costruzioni: si tratta di un passo verso un nuovo Testo Unico che dovrebbe alleggerire la disciplina in materia di sanatoria sugli abusi storici.
Una riforma molto attesa che ha lo scopo di aggiornare l’intera normativa edilizia, riordinare e semplificare.
Verso il nuovo testo unico
Il DPR 380/2001 risulta appesantito da modifiche stratificate, interventi speciali, deroghe, normative regionali eterogenee e un quadro spesso difficile da interpretare. Il nuovo Codice dovrà reimpostare l’architettura legislativa della materia, garantendo un riferimento unico, aggiornato e coerente. La delega consentirà al Governo di adottare uno o più decreti legislativi che perfezionino una revisione «ampia e organica» della normativa edilizia. Nella comunicazione diffusa alla stampa è stato palesato come l’obiettivo primario sia quello di «semplificare, riordinare e razionalizzare i procedimenti amministrativi oggi disciplinati dal Testo Unico dell’edilizia, approvato con DPR 6 giugno 2001, n. 380»
Una riforma strutturale
Secondo il comunicato stampa la nuova legge delega farà riferimento al decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, il cosiddetto “Salva casa”. Intervento quest’ultimo pensato come prima tappa verso un ripensamento complessivo del sistema autorizzativo edilizio. Il Codice dell’edilizia rappresenterà quindi il secondo step della riforma e dovrà generare un impatto più ampio e strutturale all’intero sistema.
Il Competenze Stato-Regioni
Uno dei nodi principali che il nuovo Codice dovrà affrontare riguarda la suddivisione delle competenze in materia edilizia tra Stato e Regioni. Questa distribuzione dei ruoli dovrà garantire il rispetto dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP). Questo significa che alcune prestazioni e standard minimi dovranno essere garantiti uniformemente sul territorio nazionale, riducendo disallineamenti normativi, prassi difformi e incertezze operative, con un lavoro che andrà costantemente anche ad agire sul fronte di una maggiore uniformità.
Aggiornamento della sicurezza delle costruzioni: focus sismico ed energetico
La riforma interverrà anche sulla disciplina legislativa di settore relativa alla sicurezza delle costruzioni, «alla luce delle moderne tecniche costruttive e delle accresciute esigenze di sicurezza sismica ed energetica», è questo uno dei punti indentificati dal CdM come priorità. Il comunicato mette in luce, infatti, che il quadro normativo necessiti di un aggiornamento rispetto a numerose tematiche. Prima tra tutti la necessità di realizzare un maggiore coordinamento normativo e semplificazione dei titoli edilizi
Integrazione tra norme urabistiche, paesaggistiche e ‘belle arti’
La delega si pone come ulteriore obiettivo quello di favorire una maggiore integrazione tra normativa edilizia, disposizioni urbanistiche e le altre normative di settore come la disciplina dei beni culturali e paesaggistici. Idea piuttosto originale quella di porre in essere un coordinamento tecnico operativo che uniformi i testi e contribuisca a ridurre i casi in cui il progettista deve navigare tra norme settoriali separate, con logiche e terminologie non sempre compatibili. Da ultimo, si vuole procedere a, testualmente, «semplificare la dimostrazione dello stato legittimo degli immobili e rafforzare l’efficacia e la trasparenza delle procedure per il rilascio dei permessi di costruire, delle SCIA e degli altri titoli del settore edilizio».
Gli abusi storici
La notizia che però ha scosso l’interesse di molti ed ha scatenato i detrattori è l’idea, sempre nel decreto, di realizzare un nuovo condono edilizio che permetta di intervenire e sanare gli abusi storici. Il Testo Unico dell’edilizia si concentra in modo particolare sugli edifici costruiti prima del 1° settembre 1967, introducendo una sanatoria per gli abusi edilizi più vecchi. Chi non ha provveduto a sanare nella maggioranza dei casi ha visto bloccare il proprio iter procedurale di fronte a difformità minori. È proprio qui che si interverrà per chiudere definitivamente situazioni rimaste in sospeso. L’obiettivo è sicuramente procedere a riportare ordine in un quadro normativo abbastanza frammentato ridefinendo regole, procedure e classificazioni.
Sulla scia del Salva Casa
Il nuovo codice, sulla scia di quanto previsto dal decreto Salva casa, dovrebbe prevedere termini perentori entro i quali le amministrazioni devono dare il via libera alle sanatorie oltre i quali scatta il silenzio assenso: senza una risposta da parte dell’amministrazione, la richiesta di sanatoria è considerata accettata. Altra novità che potrebbe delinearsi come epocale è il cambiamento della classificazione degli interventi sugli immobili che elimina la distinzione tra manutenzione straordinaria, restauro e ristrutturazione. Gli interventi saranno classificati in base all’importanza che hanno e all’impatto sul territorio.
In primavera stop ai vecchi condoni, tremano i comuni
In molti comuni tecnici e dirigenti stanno già tremando di paura e preoccupazione. Infatti la legge prevede che entro il 31 marzo 2026 ogni Comune dovrà concludere tutte le pratiche legate ai tre condoni fatti in passato, ovvero quelli del 1985, 1994 e 2003. Questo vorrebbe dire affrontare e risolvere un numero impressionante di domande, in molti comuni inaffrontabile. Se immaginiamo che si tratta di un lasso di tempo lungo oltre vent’anni, possiamo renderci conto di che volume di lavoro stiamo parlando, pratiche che hanno bloccato compravendite, impedito ristrutturazioni e creato incertezza sullo status giuridico di migliaia di immobili. L’intento dell’esecutivo è quello di sbloccare il mercato immobiliare, oramai impantanato in lungaggini procedurali.
Niente risorse aggiuntive
Unico neo non da poco e non si sa come superabile però è il fatto che il decreto non preveda l’assegnazione di risorse aggiuntive, né prevede sanzioni per le amministrazioni che non riusciranno a rispettare le scadenze. Tutto dipenderà quindi dalla capacità dei singoli Comuni di affrontare carenze spesso già presenti e riorganizzare il lavoro interno.
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