Perché il surplus di un trilione non è una buona notizia per la Cina

Dicembre 17, 2025 - 06:00
 0
Perché il surplus di un trilione non è una buona notizia per la Cina

La Cina ha registrato un surplus commerciale di 1.08 trilioni di dollari nei primi undici mesi del 2025, sostenuto da esportazioni per 3.41 trilioni. È il livello più alto mai raggiunto da Pechino e uno dei più grandi surplus mai osservati a livello globale. E ha ottenuto questo traguardo nonostante un calo del surplus bilaterale con gli Stati Uniti di oltre 100 miliardi di dollari rispetto al 2024. 

Come spiega un interessante approfondimento del Financial Times Pechino ha compensato la perdita ampliando la propria presenza in altri mercati. Nel Sudest asiatico l’avanzo è salito a 245 miliardi, in aumento di quasi 55 miliardi. In Africa è cresciuto di 27 miliardi, nell’Unione Europea di quasi 20 miliardi, in America Latina di 9 miliardi. Molti di questi flussi riflettono la riorganizzazione delle rotte commerciali dovuta ai dazi: una parte crescente delle merci dirette negli Stati Uniti transita attraverso Vietnam, Thailandia o Malesia. Nel complesso, più di 837 miliardi di esportazioni nei primi dieci mesi provengono da imprese straniere che producono in Cina, segno della tenuta delle catene globali.

Le auto elettriche hanno portato 66 miliardi di dollari di surplus, il segno di una rivoluzione industriale consumata in silenzio: in meno di tre anni la Cina è passata dall’avere un deficit nell’automotive a diventare, dal 2023, il primo esportatore mondiale. Nel 2025 i veicoli elettrici fanno ormai la differenza. Le batterie seguono la stessa strada, 64 miliardi di dollari di export che raccontano un’industria costruita pezzo per pezzo e oggi dominante. L’elettronica resta la parte più solida: 151 miliardi nei telefoni e nelle apparecchiature per telecomunicazioni, 70 miliardi nei computer. E persino la minuta quotidianità dei pacchi dell’e-commerce, il basso valore che viaggia in milioni di pezzi, aggiunge 22 miliardi al conto, soprattutto verso l’Europa.

Le esportazioni volano, ma l’economia interna resta debole. I consumi faticano, la crisi immobiliare pesa ormai da cinque anni e la deflazione segnala un mercato incapace di assorbire la produzione. Le famiglie risparmiano di più, gli investimenti rallentano e la domanda interna non sostiene la crescita. Le importazioni calano a 2.3 trilioni di dollari, spinte sia dalla minore richiesta di beni sia dalla crescente sostituzione di prodotti esteri con tecnologie domestiche, soprattutto nei macchinari e nei robot industriali.

Questo squilibrio rende il surplus inevitabile: la Cina produce molto più di quanto riesca a consumare e la manifattura trova sbocchi all’estero che il mercato interno non garantisce. È una forza apparente perché lega la crescita cinese alla disponibilità del resto del mondo ad assorbire questa eccedenza. Finché la domanda globale tiene, il meccanismo funziona; un rallentamento mostrerebbe subito la vulnerabilità del modello.

Inoltre, come spiega l’Economist, il trilione fotografa solo il commercio di beni (auto, batterie, elettronica, macchinari) e, includendo i servizi, il saldo scenderebbe di circa 180 miliardi di dollari. Rapportato al PIL, vale il 3.4 per cento, una quota non eccezionale nel confronto internazionale. Il punto non è la dimensione del surplus, ma ciò che lo sostiene: consumi troppo deboli e investimenti insufficienti.

Il nodo quindi è la sostenibilità. Finché la domanda globale resta forte, l’export compensa la debolezza interna e permette a Pechino di evitare interventi più aggressivi sull’economia domestica. Ma questo equilibrio è fragile. Se la crescita globale rallentasse, se l’Europa rendesse più rigida la propria politica commerciale con dazi o nuove indagini antisussidi, o se gli Stati Uniti imponessero ulteriori barriere, la Cina perderebbe una parte essenziale della domanda estera che oggi sostiene la sua produzione industriale. 

A quel punto il governo non potrebbe più contare sulle esportazioni per generare crescita e sarebbe costretto a colmare il vuoto con misure fiscali molto più ampie di quelle adottate negli ultimi anni: spesa pubblica su larga scala, incentivi ai consumi, sostegno diretto agli investimenti e, probabilmente, nuovi programmi di salvataggio per il settore immobiliare.

L'articolo Perché il surplus di un trilione non è una buona notizia per la Cina proviene da Linkiesta.it.

Qual è la tua reazione?

Mi piace Mi piace 0
Antipatico Antipatico 0
Lo amo Lo amo 0
Comico Comico 0
Furioso Furioso 0
Triste Triste 0
Wow Wow 0
Redazione Redazione Eventi e News