Un commissario ad hoc e una conferenza speciale: Europa e pace, una «follia» in cui credere

Dicembre 17, 2025 - 10:08
 0
Un commissario ad hoc e una conferenza speciale: Europa e pace, una «follia» in cui credere

Una pace da costruire attraverso la politica e la diplomazia e non con le armi, che si fondi su condizioni di lavoro dignitose e non su un’economia di guerra e incentrata sul profitto. È l’appello rivolto da Acli al Parlamento europeo al termine della carovana Peace at work iniziata il 3 settembre a Palermo per raccogliere la testimonianza della società civile italiana che non si arrende a una logica di indifferenza, veicolo di violenza, ma che anzi si sporca le mani per dare vita, ogni giorno, a un dialogo di speranza. Un viaggio lungo oltre 15 mila kilometri conclusosi il 15 dicembre a Strasburgo, dove l’Eurocamera è riunita in seduta plenaria, che in poco più di 100 giorni ha toccato 78 tappe, coinvolgendo più di 250 istituzioni civili e religiose, oltre 500 testimoni e almeno ottomila persone.

Sono stati due giovani volontari, accompagnati di volta in volta da altri membri della presidenza Acli, a girare l’Italia a bordo di due piccoli furgoni da lavoro bianchi (uno dei quali è arrivato fino a Strasburgo, l’altro no per esigenze logistiche), decorati con i colori della bandiera della pace e con un grosso cartello giallo che ricalca quello dei «lavori in corso»: Marianna Laudi, 21 anni, consigliera nazionale di Acli e coordinatrice della sezione di Cagliari della giovanile dell’associazione, e Nicolò De Nicolo, membro del coordinamento nazionale dei Giovani delle Acli. I due si sono messi in gioco per raccogliere la voce dei territori. Il risultato è stato un manifesto in sette punti, sette richieste all’Unione europea. Si va dalla proposta di istituire un commissario europeo per la Pace (e un ministero in ogni Stato), responsabile della diplomazia preventiva, della cooperazione internazionale, dei diritti umani della mediazione civile e della trasparenza delle filiere legate agli armamenti, all’idea di una promuovere una conferenza di pace sul modello di quella di Helsinki del 1975 per rilanciare il dialogo su sicurezza e diritto internazionale; dall’adozione di una legge che consenta al Parlamento europeo e a quelli nazionali di conoscere i dati relativi all’import-export e ai transiti di armamenti alla creazione di corridoi regolari e sicuri per l’ingresso lavorativo accompagnati da percorsi formativi nei Paesi d’origine; passando per la promozione di un’agenda europea del lavoro che ponga al centro dignità e sicurezza, per la promozione della diffusione delle Case della pace in ogni comunità e per l’istituzione dei Corpi civili di pace europei. «Abbiamo unito le due parole – pace e lavoro – e per incontrare le persone siamo andati nei luoghi di lavoro e in quelli di formazione, perché è qui che si costruiscono relazioni che portano alla pace e che si edifica la democrazia. In questi luoghi si realizza se stessi e si collabora con gli altri, tutto il contrario di quello che avviene in una guerra e in un’economia estrattiva che approfitta delle crisi internazionali per rilanciare sul tema del riarmo e non su quello di cooperazione, scambio e libertà», commenta Emiliano Manfredonia, presidente nazionale di Acli.

L’appello di Acli è anche un modo per pungolare le istituzioni europee su un tema rispetto al quale l’impegno percepito è basso e inefficace. «La pace va fatta con chi c’è, anche se ha le mani sporche di sangue. Annientare l’avversario non significa arrivare alla pace», è la posizione di Manfredonia. «Oggi si parla di difesa comune europea, ma è più che altro una catastrofe europea, che pensa solo ad accrescere gli armamenti. La guerra c’è ed è una cosa folle, per questo dico che dobbiamo credere anche nella follia della pace». Per il presidente, «la difesa comune ha un suo senso, ma non la si sta costruendo. E poi, quali sarebbero le sue armi? Io penso che la migliore arma di difesa sia la diplomazia. Non esiste una pace giusta, ma solo la giustizia: bisogna partire da questa per costruire sentieri e percorsi di pace, come possono essere appunto i Corpi civili di pace».

L’arrivo della carovana a Strasburgo, che è coinciso con la Giornata nazionale del servizio civile per rafforzare il messaggio che l’impegno concreto per la pace è possibile. Inoltre, è avvenuto due giorni dopo il settimo anniversario della morte di Antonio Megalizzi, il giornalista «innamorato dell’Unione europea» e dei suoi valori di pace, morto proprio a Strasburgo durante un attentato.

Ad accogliere fuori dal Parlamento Ue la carovana c’era una piccola rappresentanza delle Acli francesi e un gruppo delle Acli trentine, impegnate in un viaggio di conoscenza delle istituzioni europee. La consegna del manifesto a tutti i gruppi parlamentari è stata preceduta da un incontro ospitato dall’eurodeputato del Partito democratico Marco Tarquinio e partecipato, oltre che da altri colleghi, anche dalle due vicepresidenti dell’Eurocamera Antonella Sberna (Fratelli d’Italia) e Pina Picierno (Pd). «Oggi, la politica è sottomessa alle logiche dello scontro e della guerra», ha puntato il dito Tarquinio. «Da una parte c’è il segretario generale della Nato Mark Rutte che parla di guerra su larga scala, così come l’Alto rappresentante dell’Ue per per gli affari esteri Kaja Kallas. Dall’altra ci sono Putin e le sue minacce quotidiane». Per questo, ha sottolineato, «il cammino della carovana, in un mondo di prepotenti, è un segno di lungimiranza che non sempre i politici hanno avuto». Per Sberna, l’iniziativa di Acli ricorda i cammini religiosi che hanno segnato la storia italiana ed Europea e che hanno contribuito a plasmarne un’identità comune, mentre la vicepresidente Picierno ha sottolineato l’impatto della guerra sul lavoro: «La guerra rade al suolo ogni prospettiva di crescita economica e sociale e distrugge il lavoro, che è ciò che dà dignità a una persona».

Per Cristina Guarda, eurodeputata di Alleanza Verdi Sinistra, se l’Ue vuole davvero perseguire la pace deve «smettere di dire sì ai finanziamenti alla guerra. È inaccettabile che i fondi di coesione siano stati aperti ai finanziamenti. Con la stessa energia con cui si va verso un futuro di guerra, perché non si lavora per la pace?». Una posizione condivisa totalmente da alcuni degli altri presenti: Annalisa Corrado (Avs), Benedetta Scuderi (Avs) e Alessandro Zan (Pd), ma non fino in fondo da Sandro Ruotolo e Stefano Bonaccini. I due dem si sono sì schierati contro il riarmo, ma hanno richiamato la necessità inderogabile di una difesa comune europea. «Nel Novecento, i nazifascissti non se ne sono andati da soli. La difesa comune serve, anche perché renderebbe l’Ue in grado di pesare come forza diplomatica nei conflitti». Parole che suonano come un monito a coloro che l’Ucraina accetti un compromesso lesivo della sua libertà di autodeterminazione. Un richiamo al realismo condiviso anche dal capo dell’Ufficio del Parlamento europeo a Milano, Maurizio Molinari, l’unico a sottolineare con forza quella nel cuore dell’Europa è una guerra nata dall’aggressione della Russia all’Ucraina. Pertanto, ha detto, «è importante parlare di pace giusta», che non si configura solo nell’assenza di guerra ma nella creazione di condizioni che evitino, in futuro, un nuovo conflitto.

In apertura, la delegazione Acli davanti alla sede di Strasburgo del Parlamento europeo (foto di Francesco Crippa)

L'articolo Un commissario ad hoc e una conferenza speciale: Europa e pace, una «follia» in cui credere proviene da Vita.it.

Qual è la tua reazione?

Mi piace Mi piace 0
Antipatico Antipatico 0
Lo amo Lo amo 0
Comico Comico 0
Furioso Furioso 0
Triste Triste 0
Wow Wow 0
Redazione Redazione Eventi e News